“Auf Englisch? Nein, danke!”, la politica reagisce

Un mercoledì mattina qualunque, di un bar qualunque di Mitte nei pressi di Rosenthaler Platz. Getto un occhio alla lavagnetta che elenca le varietà di caffè presenti e ordino con nonschalance il mio americano. “Sorry, I don’t speak German” mi risponde la ragazza dietro il bancone. Ok, kein Problem. Ho detto Rosenthaler Platz ma potrebbe benissimo essere dalle parti di Boxi, a Kreuzkölln, a Kotti… tutte le zone piene di turisti e hipster. No, a Steglitz e Charlottenburg queste scene ancora non le ho vissute, vivaddio!

Quante volte invece è capitato di andare in un bar/ristorante e sentirsi approcciare in inglese? Rispondere in tedesco e sentirsi parlare ancora in inglese. In un dialogo surreale che suona tipo:

– Something to drink?
– Oh ja. Ich hätte gerne ein Helles
– Big one or small one?
– Ehm… ein grosses helles, natürlich!
– Ok, one minute and I’ll be back

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Tutto bello, tutto multikulti, tutto che sembra rispettoso dello straniero e del turista, ma per alcuni politici la situazione sta sfuggendo di mano. Jens Spahn della CDU ad esempio ha rilasciato proprio nei giorni scorsi delle dichiarazioni al vetriolo contro quei ristoranti berlinesi “dove gli ordini vengono presi solo in inglese. A Parigi nessuno si aspetterebbe qualcosa di simile”. Possiamo dargli torto? No, assolutamente no. In nessuna grande città turistica – penso a Roma, Barcellona, Copenhagen, Amsterdam – verrebbe in mente ai titolari di un bar/ristorante di assumere camerieri o comunque personale che non parla la lingua del posto. L’inglese deve essere un plus ovvio per chi lavora nella ristorazione e nel turismo, ma non l’unica lingua parlata. Soprattutto, l’inglese non deve mai sostituire la lingua del luogo.

Un post condiviso da GNAMBOX (@gnambox) in data:

L’associazione turistica Visit Berlin ha risposto alle critiche del politico della CDU giustificando la situazione con un laconico “Siamo una città che sta semplicemente diventando sempre più internazionale. A Berlino vivono 187 nazionalità, il crescente pluralismo linguistico è una naturale conseguenza”. Chiudendo con “Ai turisti piace così”. Tutto vero e condivisibile, ma Berlino è vissuta anche dai berlinesi, dai tedeschi e da stranieri che qui vogliono integrarsi. Se volevo uscire la sera e ordinare la mia birra in inglese me ne andavo a Londra o Dublino, non a Berlino.

Un post condiviso da Nina Bungers (@pinspiration.de) in data:

Se è vero che un terzo degli impiegati nel settore alberghiero e della ristorazione hanno origini non tedesche (secondo i dati della DEHOGA – Deutsche Hotel- und Gaststättenverband) questo non deve assolutamente rappresentare una scusa per non parlare tedesco in Germania. Berlino vuole diventare una Weltstadt, ma a mio avviso non è rinunciando alla sua cultura e tradizione (di cui la lingua è massima espressione) che lo diventa. Rispetto per gli altri sì, accoglienza dello straniero va bene, senza per questo fare dei passi indietro. Nessuno chiede che il turista di passaggio per un weekend sappia utilizzare l’accusativo ed il dativo, il turista deve essere coccolato e messo in condizioni di sentirsi accolto (e l’utilizzo di una lingua franca come l’inglese è lo strumento più semplice), ma non per questo il nativo, il locale, deve sentirsi straniero a casa sua a causa di baristi e camerieri che non spiccicano una parola di tedesco. No, questo non è accettabile. Nemmeno nella multikulti Berlino del 2017.

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