10 opere d’arte moderna per le strade di Bruxelles

Poco tempo fa parlavo del The Sequence Street Party, organizzato da Arne Quinze per l’addio programmato alla sua urban sculpture.

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Per le strade di Bruxelles, sparse nei differenti quartieri, restano in ogni caso altre opere d’arte da ammirare: esiste un vero e proprio art-walk da seguire.

Le mie preferite, nel bene o nel male? Eccone una decina.

The WHIRLING EAR (Alexandre Calder )

Il nome, tradotto in Italiano, secondo me rende poco. Definire “orecchio rotante” la scultura metallica astratta, che si muove –ruotando sul proprio perno- grazie ad un motore ed al vento, è un po’ limitativo, considerando anche il contesto. “Whirling Ear” è dal 1997 un punto focale per le inquadrature del tramonto sul Mont des Arts e per gli scorci verso la facciata del MIM: un’alabarda spaziale nell’elegante quartiere dei musei, insomma.

The Whirling Ear (A. Calder)

L’ALBERO DELLA LUCE (Enzo Catellani)

C’è anche un nome italiano tra coloro che hanno “marcato il territorio” nel centro storico di Bruxelles. Peccato che i due alberi stilizzati in acciaio cor-ten, con i rami cromati, che si trovano in Rue des Chartreux (poco distanti dal negozio Kartell e da La Fin de Siècle, in pieno Quartier Dansaert) siano quasi sempre spenti, per cui ben pochi si accorgono di come sul loro percorso per andare a fotografare lo Zinneke Pis ci siano anche loro.

L’Albero della Luce (E. Catellani)

100 ANS, 100 REALISATEURS, 100 FILMS (Patrick Rimoux)

Shame on me. Ci sarò passata davanti decine di volte, ma mi sono accorta della reale valenza di questa installazione solo lo scorso anno, quando mi sono ritrovata ad aspettarci davanti amici che soggiornavano nell’hotel a fianco. Eppure è lì – in rue Joseph Plateau, zona Sainte-Catherine/Beguinage – dal 1996, quando con una rappresentazione della pellicola cinematografica si era voluto commemorare i cent’anni del Cinema con un omaggio al signor Joseph Plateau, che, inventando l’antenato del proiettore, nel 1832 gettava le basi per quello che sarebbe divenuto settima arte e business del 20° secolo.

100 Ans, 100 Réalisateurs, 100 Films (P. Rimoux)

La FONTAINE AUX FLEURS (Luc Schuiten)

Se la Place du Jardin aux Fleurs si chiama così, è perché davvero c’è un giardino in mezzo. No, non siete diventati ciechi, né la Ville de Bruxelles ha lavorato di ruspa durante la notte: il giardino c’è davvero, ma non è quello che tutti ci aspetteremmo. Lo studio di architettura Schuiten ha approfondito molto il tema dei “giardini verticali”, e la fontana al centro della piazza ne è uno degli esempi, ancor più lampante durante la bella stagione, in quella che io ritengo una delle piazzette più autentiche della città.

La Fontaine aux Fleurs (L. Schuiten)

La FONTAINE MAGRITTE (Luca Patella)

Se di fontane devo parlare, non posso non citare la Fontaine Magritte, che rappresenta l’apoteosi del percorso artistico di Luca Patella…sì, quello dei “Vasa Physio-nomica”. La fontana è formata da un corpo in pietra, scolpito in maniera tale da rappresentare –da qualsiasi angolazione la si osservi- il profilo di Magritte.

Peccato che, anziché davanti al Museo omonimo, l’opera si trovi in Place de Ninove, in uno dei punti più all’abbandono del centro di Bruxelles…rispetto al 2002 ormai di acqua ne vede poca, di cartacce e rifiuti in compenso parecchi.

La Fontana Magritte (L.Patella)

La PASIONARIA (Emilio Lopez Menchero)

Alzi la mano chi non ci ha ancora provato, a urlarci attraverso…Per installare La Pasionaria all’epoca era stato scelto uno dei punti più multiculturali di Bruxelles, ovvero la fine di Avenue de Stalingrad verso Gare du Midi; questa sorta di grande altoparlante unito con la trasposizione di uno speaker’s corner in versione bruxellois vuole rappresentare idealmente la forza della voce umana, e sceglie di farlo in contrapposizione con gli altoparlanti della stazione e col traffico dei boulevards.

La Pasionaria (E.L. Menchero)

BLEU SUR JAUNE (Daniel Buren)

La prima volta che l’ho vista, pur non considerandomi l’ultima degli ignoranti, non l’avevo identificata come opera d’arte: pensavo fosse piuttosto la pubblicità di qualche Expo o di qualche manifestazione all’interno del vicino Parlamento. Ho poi scoperto che in realtà quella novantina di bandiere bianco/azzurre, che dal 2009 sventolano sulla sommità di altrettanti pali giallo-Stib in Place de la Justice (non lontano dalla Gare Centrale), sono un’installazione urbana che simboleggia una foresta cittadina con i colori ufficiali della Région Bruxelles-Capitale. Non la cito dunque perché mi piaccia particolarmente (…anzi…), ma perché rappresenta indiscutibilmente uno dei landmarks di Bruxelles che tutti abbiamo notato e conosciamo.

Bleu sur Jaune (D. Buren)

Vicino a Gare du Nord possiamo rifarci gli occhi con non una, ma una decina di opere d’arte moderna differenti. Sono quelle che costellano il BOULEVARD ALBERT II, quella strada che attraversa la Manhattan de noialtri che è il quartiere direzionale ad ovest della stazione. Fra queste, “La Fontaine” di Pol Bury, “L’esprit ouvert” di Tapta, “Le Ciel et Terre” di Liliane Vertessen, “La Légende” di Guy Rombouts e Monika Droste.

La Fontaine (P. Bury)
L’Esprit Ouvert (Tapta)
Le Ciel et Terre (L. Vertessen)
La Legende (G. Rombouts – M. Droste)

L’AGENT 15 (Tom Frantzen)

Meno astratta di quelle che ho citato fin’ora, e sicuramente capace di strappare un sorriso, è invece la statua che si trova vicino al ponte del Boulevard Leopold II,  a Molebeek.

Realizzata nel 1985 dall’artista Tom Frantzen, e installata  sulla Place Sainctelette nel 1994, la scultura rappresenta un  vaartkapoen (uno di quei ragazzacci di Molenbeek che “facevano la guerra” ai ketjes di Bruxelles) che esce da un tombino e afferra per la caviglia un poliziotto, facendogli lo sgambetto…Il tutto a simboleggiare lo spirito ribelle che fa vacillare l’autorità (soprattutto in certi angoli di Bruxelles), con un voluto omaggio ad Hergé.

L’Agent 15 (T. Frantzen)

LA BETONNEUSE (Wim Delvoye)

Ritornando verso il centro storico, dietro (o davanti?) il Teatro Fiammingo, tra Quai au Foin e Quai aux Pierres de Taille (una volta appartenenti al porto), è impossibile non notare questa betoniera in scala reale, formata dalla giustapposizione di inferriate, parti di cancelli, rete metallica e simili. È così che lavora Wim Delvoye, ovvero assemblando elementi che apparterebbero a contesti ed ambienti culturali differenti e che ormai sono diventati obsoleti. Una sorta di riciclo creativo, che in questo quartiere -ex malfamato, ex popolare e ora esempio di gentrification – casca decisamente a pennello.

La Betonneuse (W. Delvoye)

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