Un anno a Tenerife, 40mila euro persi e ritorno a casa

Ho letto con interesse il vostro articolo di gennaio che dispensa consigli su come aprire un’impresa o un’attività sull’isola stando attenti a perdere tutto commettendo errori grossolani. (Questo, ndr: Aprire un’attività commerciale a Tenerife senza buttare via soldi in pessimi affari) Devo dire che mi sono molto rispecchiato in quello che hai scritto e mi è capitato proprio di fare quegli errori che tu segnali nell’articolo. Ho avuto fretta di comprare, preso dall’entusiasmo, e ho dato troppa fiducia a un venditore agendo in modo superficiale. Ti racconto la mia storia a patto di restare completamente anonimo, perché si tratta di una vicenda delicata. Ma dopo alcuni anni di distanza dai fatti ora che ho metabolizzato la batosta ho deciso di raccontarla tramite voi per mettere in guardia altri da commettere gli stessi errori.

Quando l’entusiasmo ti fa fare le cose alla leggera

Tre anni fa con mia moglie abbiamo deciso di trasferirci a vivere sull’isola e di aprire qualcosa di nostro partendo dalla nostra decennale esperienza nel settore bar ristorazione. In Italia le tasse sono soffocanti e ci eravamo stufati di lavorare per pagare IVA, tasse e fornitori. Conoscevamo Tenerife perché ci eravamo stati in ferie per due settimane e queste ci hanno fatto innamorare dell’isola al punto di volerci venire a vivere.Trovammo casa alla Costa del Silencio, contratto di 6 mesi rinnovabile, e dopo avere fatto il Nie, l’empadronamiento e anche un po’ di relax sull’isola abbiamo iniziato a interessarci attivamente al mercato dei locali in traspasos per vedere di trovare qualcosa di buono e corrispondente alle nostre esigenze. Ti parlo di dopo un paio di settimane che mi ero trasferito sull’isola. Ci siamo messi a leggere annunci su internet e andare in varie agenzie immobiliari a chiedere. Sinceramente non avevamo fretta di concludere perché ci dicevamo, si deve concludere qualcosa di buono, e restare anche mesi sull’isola senza lavorare per noi non era un problema a livello economico. Ma aver creduto di avere trovato l’occasione giusta, un affare che non si sarebbe ripetuto facilmente ci ha spinto a concludere l’affare in fretta, senza approfondire nulla.

I “consigli” dei connazionali

Parlando con connazionali del fatto che volevamo aprire una attività a Tenerife in più di uno si sono offerti (sicuramente “interessati”) di indicarci a chi andare a chiedere. Sono molti gli italiani che tramestano nel mercato immobiliare con la speranza di accaparrarsi una provvigione. Non abbiamo quasi mai nemmeno chiamato queste persone suggerite fino a quando si decise di provare a chiamare una immobiliare consigliata da un uomo che ci ispirò fiducia. Spiegammo alla ragazza che stavamo cercando un locale con determinate caratteristiche in zona turistica al sud. Mi disse che avrebbe controllato cosa aveva disponibile e ci avrebbe ricontattato. MI chiamò due giorni dopo e mi disse che aveva diverse proposte, e ci portò a visionare due locali, uno a Las Americas e uno nella Costa del Silencio. Nessuno dei due ci piacque e anche la ragazza concordava con le nostre valutazioni e non ci consigliò vivamente nessuno dei due, anzi ci disse che avrebbe cercato altro. Questo contribuì a farci avere fiducia in lei. Dopo una settimana ci richiamò e tutta contenta disse che aveva in mano un affarone e che era quello che cercavamo. Così andammo a vederlo, andando anche a bere e mangiare qualcosa nel locale. Era un sabato pomeriggio e il locale ci fece una buona impressione, c’era un po’ di gente, anche se temo che uno o due gruppetti fossero amici degli allora titolari accorsi per affollare il locale. Fuori dal locale c’era un po’ di passo di persone. Poi mettici le parole convincenti della ragazza, che ne parlava come un ottimo affare ed un locale che lavora molto, si rimase ammaliati. La richiesta era di 35.000 per traspasarlo, poi c’era l’affitto di 1.000 euro al mese. Io e mia moglie si stava parlando e valutando, e eravamo interessati. Poi dopo 2 giorni ci chiama la ragazza e ci dice che ci sono diversi altri interessati all’acquisto e se vogliamo concludere dobbiamo muoverci. Ci disse che presentando una offerta di 30mila probabilmente avremmo chiuso. In realtà poi chiudemmo a 32.000 ma ci lanciammo in fare la proposta per non perdere quello che sembrava il grande affare della nostra vita.

La fretta negli affari è cattiva consigliera

La agente immobiliare verificò con cura che il locale fosse a norma e ci mostrò tutti i documenti con chiarezza e professionalità, poiché temevamo problemi di licenze commerciali o di altra natura. Su questo non c’è niente da dire, ma fu tanto professionale e abile come venditrice che per portare a casa l’agognata commissione ci rifilò un locale che dopo si è rivelato un vero osso. Smaltito l’entusiasmo iniziale e fatti alcuni piccoli lavori al locale, alcuni nuovi arredi etc. quando abbiamo aperto ci siamo resi conto in breve che non era poi questo grande affare. Nonostante la vicinanza di poche decine di metri con zone battutissime da turisti e non, nella nostra strada non passava un forte flusso di persone e comunque gli incassi erano magri. A fatica si coprivano le spese. Pensammo che la colpa era del fatto che si era nei mesi morti e si sperava che qualche mese dopo avremmo avuto da gestire grandi folle di turisti, ma anche nei mesi più turistici non si ingranava. Abbiamo pubblicizzato l’attività senza perderci di animo, abbiamo provato a fare ulteriori modifiche e migliorie (spendendo) variazioni alla proposta commerciale e di tutto un po’ ma dopo mesi eravamo ancora a gestire un locale che nonostante gli sforzi fatti riusciva a coprire le spese e che nel mese migliore si è guadagnato forse meno di mille euro lavorandoci in due. L’isola non ce la godevamo perché eravamo chiusi a lavorare 6 giorni su 7 e senza guadagnare. Lavoravamo ma continuavamo a mantenerci con i risparmi. Dopo vari mesi in questo modo, affranti, abbiamo chiamato la ragazza che ce lo ha venduto per dirle di trovare un acquirente. Sin da subito ci disse che per vendere (guarda caso) non era un buon momento e che per vendere ad una cifra che si avvicini ai soldi sborsati da noi ci avremmo messo molti mesi. Ci rivolgemmo anche ad altre agenzie e ci dissero che avevamo preso il locale pagando caro e che si avrebbe dovuto cercare di traspasarlo a non più di 25000 euro trattabili. Nei mesi seguenti non ne potevamo più di vivere così, eravamo stressatissimi e sotto pressione, non si vedeva l’ora di vendere, di toglierci questo osso. La stessa venditrice che ci aveva fatto traspasare il locale si presenta e ci offre 19.000 euro. Diceva che chi l’interessato non poteva pagare nemmeno 1.000 euro in più ma che se avessimo rifiutato per poi tenerci il locale il rischio era di stare in ballo altri mesi per poi vendere a 2-3.000 euro in più. E così il locale che la stessa ce lo aveva venduto a 32.000 dopo meno di 1 anno lo abbiamo venduto a 19.000 ben 13.000 in meno! Senza considerare che avevamo speso almeno 4.000 euro per cambiare volto al locale! Poi abbiamo scoperto che l’acquirente ha pagato 25.000 e non 19.000 dunque chi ha venduto conducendo la trattativa separatamente con venditore e acquirente è riuscita a lucrare un bel po’, cosa che immagino ha fatto anche quando ha venduto a 32.000 a me.

40mila euro spesi in meno di un anno

In definitiva a guadagnarci è stato solo chi ha gestito la compravendita del locale, che ha intascato dei bei soldi solo per gestire il traspaso, 2 volte in un anno, mentre io e mia moglie ci abbiamo rimesso soldi e quasi un anno di lavoro senza ricavare nulla. Dopo la vendita eravamo economicamente e moralmente provati, demotivati, abbiamo preso baracca e burattini e siamo tornati da dove siamo venuti. Con il conto corrente alleggerito di quasi 40mila euro, spesi e persi nel locale ma anche di affitto e per vivere. Con quei soldi avremmo potuto passare non uno ma anche 2 anni sabbatici a Tenerife, godendoci l’isola che è meravigliosa, godendoci l’oceano, invece abbiamo passato un anno chiusi in un locale a rimessa!!!!!!! Abbiamo avuto furia, ci siamo lasciati abbindolare dalle belle parole, l’abilità del venditore era tale che come imbecilli ci eravamo convinti di trovarci di fronte a un affare che non si sarebbe ripresentato facilmente. La colpa è solo nostra, che non abbiamo studiato la posizione, non abbiamo frequentato il locale per vedere quanto lavorasse, e dopo una breve visita ci siamo buttati a investire senza pensarci due volte, con l’emotività e la felicità della nuova vita che si prospetta è facile lasciarsi andare e cedere alla tentazione di volersi sistemare. A posteriori ho capito quanto ci siamo mossi con superficialità e permettimi, coglionaggine. All’inizio avevamo molta rabbia nei confronti della venditrice, ma poi abbiamo capito che era più appropriato fare autocritica… chi ha sbagliato siamo stati noi, facendo le cose troppo alla leggera. Facendosi prendere dall’entusiasmo e dalla voglia di concretizzare.

L’isola offre grandi possibilità a chi le sa cogliere, ma per farlo ci vogliono sangue ben freddo e conoscenza della realtà locale. Spesso sento dire che ciò che manca è la professionalità, persone improvvisate che si danno alla ristorazione… questo non è il nostro caso tuttavia oltre alla professionalità ci vuole anche buon senso per gli affari. Ci sono molte attività gestite da italiani che lavorano moltissimo e portano a casa un bel gruzzoletto ogni mese ma ci sono anche attività che non rendono. Ci vuole occhio e sopratutto MAI MAI MAI dico MAI affidarsi a venditori che come dici tu guadagnano sulle compravendite e hanno interesse nel vendere prima che a vendere sia qualcun’altro. Un valido venditore senza scrupoli sa come fare per convincere chi cerca una nuova vita e un sogno come noi. Valutate da soli senza farvi consigliare se ci sono i giusti presupposti per investire senza farvi condizionare troppo, e ricordate che per farlo ci vuole esperienza nel campo. Dopo alcuni mesi a Tenerife capimmo che avevamo sbagliato, ma ormai era troppo tardi. Se avessimo aspettato qualche mese ad investire tutto sarebbe stato diverso, ne sono convinto. A fregarci è stata la fretta, la voglia di concretizzare. Spero che questa mia lettera possa essere di aiuto ad altri che hanno lo stesso progetto che avevamo noi. Cordiali saluti

 

La nostra risposta:

Caro XXXXX ti ringraziamo per il lungo e appassionante racconto che hai scritto, che pubblicheremo sul blog molto volentieri. Concordiamo pienamente su tutto quello che hai scritto, un’analisi e delle valutazioni impeccabili. Gli errori che avete commesso sono comuni a molti connazionali, che una volta trasferiti sull’isola hanno fretta di sistemarsi, come se attendere fosse una perdita di tempo. Chiunque comprensibilmente non vede l’ora di realizzare i propri progetti, tuttavia la fretta non aiuta ma anzi può essere un elemento che porta alla disfatta.  Grazie ancora per la tua preziosa testimonianza.

Diario di Tenerife

Una risposta a “Un anno a Tenerife, 40mila euro persi e ritorno a casa”

  1. La Canarie sono delle isole POVERE, sono i canari che stanno emigrando all’estero perché il lavoro è poco e sottopagato e gli affitti sempre più cari.
    Vanno bene per le vacanze, ma non per trasferirsi.
    Andare ad aprire un’attività in un posto simile è una scelta deleteria.
    Alla larga dalle agenzie che guadagnano con tour guidati, affitti, consulenze e roba simile.
    PS- digitate “pobrezas en Canarias” nel motore di ricerca e vedete che articoli saltano fuori dai giornali spagnoli.

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