Parigi da bere.. alle 5!

Ottobre: ripresa di ritmi e riti, ormai ingrigiti, impacchettati con l’avvento della bella stagione, qualche mese fa. Ognuno i suoi.

In Francia addirittura -magari anche in Italia e non me ne sono mai accorto- spopolano le fêtes de la rentrée, iniziate a metà Settembre, che si prefigurano come raduni nei quali gli iscritti dell’associazione X organizzano un incontro, del genere “si mangia/si beve/ci si diverte”, al solo scopo di fare del proselitismo con gli ignavi curiosi. Me compreso: quanto mi odio!

Nonostante i miei inutili sforzi nel ricercare passioni, sportive o culturali, che non mi annoino già dopo le prime due settimane, posso ben dire di avere anch’io il mio rito -autunnale/invernale- da dover ri-quotidianizzare. Eccomi di nuovo a scrivere in una sala da tè, annegato tra profumi esotici, “freschi come carni di bimbo” o “corrotti, ricchi e trionfanti” o semplicemente infinitamente strani, che fluttano dalle narici ai polpastrelli intenti a lavorare sulla tastiera. Fiori, foglie, frutti, fiori e ancora foglie.

Muller-Massdorf Julius _ Tea Room Tango

Ne sono innamorato. Pargi, nelle “corrispondenze collettive”, non è sicuramente legata all’immagine del tè: vuoi per il monopolio anglosassone in materia, vuoi per le mille altre figure prima evocate. A dispetto dei cliché, trovi sale da tè ovunque in città e mai uguali. L’arredamento salta subito all’occhio: ti puoi ritrovare in una sofisticatissima sala dal design ultra-moderno come in un’altra dallo spirito strettamente Zen. Quello che non cambia è la copiosa varietà di scelte: un centinaio e più di nomi suddivisi per aree geografiche, colore delle foglie e poi ancora per aromi aggiunti. Se vuoi diventare un cultore ti basta assoporarne un po’, ricordandoti precisamente il nome e la mini descrizione a fianco: tanto per non fare la figura di quello che parla per sentito dire.

Eccomi dunque con una teiera d’acqua calda in cui stanno effondendo sapori e colori delle foglioline nere di tè indiano miscelate a scorze d’arancia e fiori di acacia. Amareggiandomi per il fatto che Il nome non lo ricorderò mai, mi consolo con un lieto accompagnamento: sarebbe stato moralmente scorretto non ordinare anche una fettona di Tarte Tatin!

Banalità a parte, la citazione qualcuno, magari, l’apprezzerà.

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