Una Lisbona vissuta tra luci, colori e saudades

Olá a tutti, mi chiamo Emiliana e vi racconto della mia Lisbona, di un viaggio avvenuto quasi per caso ma di quelli che lasciano il segno, un viaggio che in un certo senso non è mai finito…
Mettetevi comodi…

di Emiliana Lembo

E’ il 29 febbraio 2012 quando atterro per la prima volta a Lisbona.

Il mio primo ricordo è la vista dall’aereo dell’enorme statua del Cristo Rei sul Tejo, che, splendidamente illuminata, mi dà il suo benvenuto.

Quello che oggi definisco “effetto Lisbona” non si fa attendere, nel senso che resto immediatamente folgorata dalla sua straordinaria bellezza, pur riuscendone, ahimè, a visitare solo una piccola parte.

Così, con profonda tristezza, la mattina del 5 marzo lascio la bella Lisboa, ma con una promessa: Sarei tornata…

Promessa che è stata mantenuta: nell’agosto 2013 sono finalmente di nuovo a Lisbona.

Appena atterrata, ad accogliermi, c’è subito quell’aria leggera e pulita, merito del vento oceanico, e quel cielo, limpido e di un azzurro intenso.

Ma adesso occupiamoci di disfare le valigie..

Ogni giorno il mitico eléctrico 28, sempre strapieno e dalla guida improbabile, si inerpica  per le vie dell’Alfama e raggiunge i miradouri.

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Mi torna in mente un autista, che come un automa, arrivati ad un certo punto del percorso,  pronuncia con un volume di voce degno di un tenore: “Castelo São Jorge! Castelo São Jorge!” per avvisare le orde di turisti impazziti che bisogna scendere a questa fermata per raggiungere il castello.
Nella salita verso il miradouro di Nossa Sinhora do Monte, da percorrere a piedi dalla fermata  Graça, ricordo con grande simpatia un tabaccaio innamorato della lingua italiana, che ogni volta che entravo in tabaccheria azzardava qualche piccola conversazione in italiano, con risultati tuttosommato discreti, e mi chiedeva di parlare a mia volta in italiano, perché per lui quando gli italiani parlano è come se cantassero.

Dai miradouri di Lisbona ho ammirato paesaggi mozzafiato, ho visto riflessi e sfumature di colori indimenticabili. Ho sentito la brezza dell’oceano, ho ammirato il tramonto sul Tejo al suono di chitarre acustiche, di risate, di bottiglie di birra stappate, di vite vissute, di vite ancora da raccontate.
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Lungo le rive di questo fiume ho amato fare lunghe passeggiate, sedermi a riposare, ascoltare il rumore delle onde, riflettere, sognare, seguire il volo dei gabbiani..


Penso a Lisbona e vedo le sue casupole, tutte vicinissime e colorate, gli azulejos, gli scalini, le viuzze, i vicoletti, gli abitanti seduti sui gradini delle case, i tetti rossi, il bucato appena steso al sole.

Una signora anziana che mi parla in portoghese alla fermata del tram, mentre cerco di farle capire che ahimè, non comprendo quello che mi sta dicendo, ma non importa, non posso che ricambiare con la stessa dolcezza il suo sorriso.

La sera cerco il fado più autentico, quello che si ascolta in locali piccolissimi, nei vicoletti nascosti dell’Alfama.

Ballo sull’erba a piedi nudi, con gente appena conosciuta una domenica pomeriggio all’Outjazz.

Sento il rumore dei bicchieri uno contro l’altro nel Bairro Alto, che si unisce man mano a quello di tanti altri, tra cui quelli che si rompono, in un sottofondo di schiamazzi di giovani e giovanissimi: sono i rumori di tanta altra vita che scorre qui la sera.

Vivo un’atmosfera familiare, intima, avvolgente, semplice. Sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo, eppure mi trovo in una capitale europea decisamente moderna.
Mi sento come sospesa tra reale e irreale, proiettata in un’altra dimensione, quello che so è che resterei qui in eterno.

Ma i giorni passano inesorabili, ed è ora di ripartire, di lasciare questo luogo, che dopo solo quattro settimane sento già intimamente appartenermi, un posto per me, il posto per me, come se lo stessi cercando da sempre, ma lo avessi trovato solo ora…

È il 12 settembre, sono a Malpensa, sono frastornata, è come se mi fossi svegliata da un bel sogno appena iniziato, con la differenza che tutto ciò che ho visto e vissuto è reale, esiste per davvero.

Ed è già saudades…

Il mio desiderio?  Beh certamente quello di tornare, ma questa volta non più da turista, ma da chi vorrebbe fare una lunga esperienza di vita lisboeta.
Chi lo sa, forse un giorno questo racconto avrà un prosieguo, o forse no, ma per ora mi piace immaginarlo, e se nel frattempo chiudo gli occhi, è l’oceano…

Fotografie di Beatrice Pagliani.

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2 Risposte a “Una Lisbona vissuta tra luci, colori e saudades”

  1. Come ti capisco Emiliana!Non sai quanto!Io ci sono stata una volta sola per una settimana,due estati fà. Mi è rimasta dentro,come te spero un giorno di potermici trasferire definitivamente!

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