Lettera d’amore a Lisbona

Anni fa, per l’esattezza 4, mi preparavo ad un esame di Letteratura Italiana sui carteggi di alcuni autori del ‘900.  Non so perché decisi di inserire un esame simile nel piano di studi. Forse ero curiosa, un po’ ignara in verità di ciò  che mi aspettava.

Come spesso succede, alcune cose mi annoiarono, tipo le conversazioni tra poeti e scrittori membri di vari partiti; altre mi lasciarono a bocca aperta, come le tante relazioni epistolari tra l’ intellettuale e l’amata/o.

Mi sono sempre chiesta se una lettera d’amore fosse sufficiente ad esprimere a pieno il senso intrinseco delle cose, del tipo: come si fa a scrivere  di muti sguardi che parlano da soli o come si decanta la bellezza dell’altro solo provando a mettere in piedi frasi; e poi ci si può davvero fidare solo delle parole? Cioè, chi si trova a ricevere l’involucro bianco di una busta da lettera, coglierà, amerà le mie verità d’ inchiostro?

La chiave penso sia la trasparenza ma … se chi amiamo fosse solo la l’idea personificata dell’amore che si racchiude in un luogo?

Ho sempre  sognato di scrivere qualcosa che potesse essere anche solo in parte simile ad una delle città invisibili di Calvino. Ma stavolta è tutto vero.

A due anni di distanza dall’arrivo e poco prima della partenza, invio la mia lettera d’amore nella speranza le poste facciano in fretta. Destinatario:  Lisbona, città viva.

 

Lisbona, 01/02/2016

 

Cara Amata,

è giunto il momento di salutarsi.

Non potevo allontanare i piedi da questo suolo senza averti prima detto quanto sei bella.

Le primavere passano, come gli inverni gelidi che viviamo, dentro e fuori l’anima; sbocciano nuovi fiori sugli alberi della tua Alfama, colorano il tuo corpo e lo abbelliscono. Poi giunge la pioggia a darti da bere e Dio solo sa contare le volte in cui abbiamo danzato con lei.

Il vento dell’ oceano sul quale ti riversi smuove i miei capelli e scuote all’improvviso i miei pensieri già cosi spettinati. Mi fa sentire viva e quando ci lascia per giocare a nascondino sappiamo già che tornerà ancora a fare “libera tutti”.

Passa tutto ma tutto di te resta. Passa e resta il tuo 28 che attraversa le insenature dei tuoi colli nel sali scendi delle tue curve; passa, tra la folla di un sabato notte, il venditore di pão com chouriço con il suo cesto pieno; passa quel fado nel cuore buio di una tasca. Passa e resta la sua melodia.

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Come sei bella nella tua luce. Risplendi e dai tepore. Luce che entra dalle finestre aperte,  luce che saltella sulle mattonelle azzurre di vecchi palazzi. Luce, che mette in evidenza quello strato di polvere che narra la storia di un mobile d’epoca in Santa Clara.

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Sei bella addobbata, quando mille festoni colorati avvolgono il tuo collo come un boa di piume.

Nella tua semplicità, la tua essenza femminile si rivela e balli, balli, balli a non finire in un movimento concentrico che sembra voler abbracciare il mondo. Nessuna profumeria potrà mai mettere in vendita le tue fragranze. L’odore  di sardine  non si può rinchiudere in una bottiglietta e per riaverlo dovrò rivederti un’ altra volta e poi  un’altra volta ancora.

Nell’osservarti dal basso riscopro la pienezza della tua abbondanza nei particolari. Indossi mura antiche fluttuanti e la sacralità mesta e discreta di chiese sospese. Sei elegante.

Nell’osservarti dall’ alto, invece, riscopro la venerazione che ho per te e la grandezza del tuo cuore. Le tue acque in lontananza lasciano ondeggiare la tua gonna a pieghe e come una ragazzina insicura, arrossisci sempre a una certa ora del giorno se qualcuno ti dice quanto sei bella.

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I tuoi accessori, i punti luce che s’innalzano da Estrela a Graça, sono luminosi quanto la luna  che giunge la sera e si specchia nel tuo fiume.

I tuoi ponti creano legami indissolubili tra te e il resto, tra me e chi ti vive.

Sei la casa. La porta sempre aperta. Sei il molo e il suo cais da coluna, quello dove approderò ancora.

Sei, qualcosa alla quale ho sempre sperato di assomigliare.

Mi perdo ma so sempre dove trovarti.

Sei il mio desiderio, l’abbraccio dolce e la scossa violenta.

Sei … l’ adulterio sempre lecito.

Nel mio cuore che batte, sempre

Lisbona (1)

 

A presto.

Tua innamorata.

Scritto da Maria Grazia Berretta

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3 Risposte a “Lettera d’amore a Lisbona”

  1. Io l’ho scritta una lettera d’amore per lisbona. Ci ho vissuto quattro anni e l’ho scritta andando via con il cuore a pezzi. Eccola:

    ti ho amato, come succede solo con i luoghi dell’infanzia.
    ti conosco, ora, in ogni angolo e in ogni anfratto, come si conoscono solo i luoghi dell’infanzia.
    ti lascio, con quella malinconia che senti solo quando vai via dai luoghi dell’infanzia.
    e che sì, magari tornerai, ma per sentirti un ospite, allora forse no…
    mi hai dato tanto, così tanto che dovrò trovare un modo e un posto per restituire.
    mi hai dato spazio e spazi, e luce, e storia, e arte. e musica, e poesia.
    mi hai dato sorprese, misteri e segreti.
    mi hai dato sole, mare, aria.
    e quei riflessi rosa.
    mi hai dato persone. giovani, e vecchie. colte, e semplici.
    e tutte, all’ultimo, con l’imbarazzo di una inaspettata commozione.
    mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno.
    mi hai dato anche dolore, ma hai saputo ottenere perdono.
    una città, una terra, metafora della vita.
    non lo immaginavo possibile.

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