Il lavoro nobilita l’uomo. Se lo si trova.

Nei vari gruppi di Expats le domande ed i dubbi sulla ricerca di lavoro sono una costante, soprattutto per chi arriva da zone dove la crisi ha purtroppo pestato forte, e sembra continui a farlo.

C’è chi approda  con un bagaglio di conoscenze e competenze non da poco, e chi invece si lancia a capofitto in un’avventura sconosciuta, totalmente allo sbaraglio.
Certo è che la formula magica non esiste. Chiunque di noi l’ha testato e lo testa ogni giorno sulla propria pelle…ma tutti sono unanimi nel confermare che a grandi linee una procedura da seguire per avere delle chances in più esista.

In primis, cercare lavoro a distanza diventa sempre più difficile.

Anche in Belgio esiste la crisi, gli indici di disoccupazione –soprattutto a Bruxelles- sono piuttosto allarmanti, e la maggior parte dei datori di lavoro preferisce candidati già disponibili, “stabili” ed integrati sul posto, non qualcuno che sta cercando di evadere da una realtà che ormai gli va stretta (e che rischiano di vedere solo per qualche mese, perché arriva qui e poi scopre che la città gli fa schifo).

Ovviamente le dovute eccezioni esistono, eccome: valgono per proporsi presso le Istituzioni Europee, nelle lobbies e nelle società di consulenza connesse, per gli impieghi in aziende multinazionali, per professioni molto specializzate, e per lavorare nel campo dell’IT.

Diciamo che, però, in generale per cercare lavoro qui è necessario essere in loco, e soprattutto risultare già residenti in un Comune belga. Senza liscrizione (anche solo l’inizio della procedura, ovvero l’Annèxe 19 o simili,  non serve da subito la carta E, che- con la burocrazia locale-  potrebbe essere rilasciata anche dopo mesi) non si ottiene un Numero de Registre National, che serve, tra l’altro, per aprire una posizione previdenziale… e quindi quasi nessun datore di lavoro sarà disponibile ad assumerci regolarmente.

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Lo so, in quanto cittadini Europei non dovremmo subire discriminazioni, e dovremmo poter iniziare a lavorare con la Carta di Identità del nostro Paese di origine. Per legge.

Il “dovremmo”, però, non implica nella pratica che un titolare d’azienda o un responsabile HR si senta obbligato a scegliere proprio noi tra i tanti candidati che sembra non debbano ancora organizzarsi un trasloco e perdere tempo con la burocrazia necessaria.

Discutiamone finché ci pare, ma l’eccezione (leggi sopra) conferma la regola. Non vogliamo  farlo? Cavolacci nostri…Se, però,  siamo qui da più di tre mesi e non ci siamo ancora registrati all’Anagrafe della popolazione residente in un Comune…stiamo pure contravvenendo a quanto prescritto dalle leggi sull’immigrazione e sul diritto al soggiorno.

Va da sé che il suggerimento di avere un recapito telefonico belga mi sembra inutile, talmente è scontato. Non facciamone una questione di braccino corto: un numero di cellulare belga è facile da ottenere (per una sim ricaricabile non chiedono nemmeno un documento), implicitamente dimostra che abbiamo senso pratico, e garantisce all’impiegato HR che ci deve chiamare il non doversi sobbarcare pure le spese aggiuntive di una telefonata internazionale.

 

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Si richiede inoltre l’iscrizione ad una mutualité, anche solo tramite una convenzione internazionale.  Se si è demandeurs d’emploi è praticamente matematico che ci si dovrà iscrivere in convenzione con quella italiana, o a carico di un altro nostro familiare iscritto (se possibile). Vero è che l’iscrizione si può fare anche dopo aver trovato lavoro, ma molte agenzie interim richiedono che sia già effettiva…poco importa che sia un cane che si morde la coda.

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Un’ottima risorsa è l’iscrizione agli Uffici di Collocamento regionale, che funzionano piuttosto bene. Per Bruxelles c’è Actiris , in Vallonia Le Forem, mentre nelle Fiandre c’è VDAB .

Tutti hanno succursali in quasi ogni  Comune, e non si è vincolati a presentarsi esclusivamente in quello di residenza. Una volta effettuata l’iscrizione, inoltre, si può gestire il tutto online.

Iscrivendosi si ottengono diversi vantaggi, quali, per esempio, l’accesso ai corsi di formazione e a quelli di lingua gratuiti; ci sono inoltre tutors che aiutano nella ricerca, e vengono messe a disposizione anche delle postazioni pc, il che nell’era 2.0 potrebbe sembrare anacronistico…ma risulta sempre utile per chi ancora non ha attivato internet a casa.

Ognuno di questi Enti gestisce inoltre un proprio database di offerte, molto completo. La maggior parte degli annunci è accessibile “in chiaro”, ma per rispondere ad altri bisogna essere iscritti e disporre quindi di un account online.

Non va sottovalutato, inoltre, che l’iscrizione costituisce anche la prova principale che dimostra che si è davvero qui in Belgio alla ricerca di lavoro. Se, infatti, ci siamo registrati in un Comune Belga (e, dicevamo, l’iscriversi è obbligatorio per soggiorni superiori a tre mesi, ovvero per soggiorni non riconducibili a motivazioni turistiche) come Demandeurs d’Emploi, l’Office des Etrangers richiederà  entro tre mesi di provare che si cerca attivamente un’occupazione e si ha delle buone chances di trovarla: l’iscrizione ad Actiris -oltre alla presentazione di un malloppo di lettres de motivation, risposte di agenzie, convocazioni a colloqui ecc ecc- è fondamentale.

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Per alcuni consigli sul come redigere un curriculum vitae secondo gli standards locali, sul cosa scrivere in una lettre de motivation (importantissima, e richiesta praticamente ovunque, sia per la posizione da top manager sia per fare il panettiere, per quanto sembri surreale), per farsi un’idea riguardo i contratti, gli stipendi e per gli annessi e connessi, esistono ottime risorse online.

Veniamo al punto dolente di molti: il dibattito sulle lingue necessarie per lavorare è sempre acceso.

Ognuno ha la propria esperienza e la propria dotazione di colpi di fortuna: probabilmente il cugino dell’amico di Tizio ha DAVVERO trovato lavoro col solo italiano e conoscenza approfondita del dialetto bergamasco…ma siamo sicuri che di lavoro regolare e duraturo si tratti (…lavorare in nero, no, non è bello. Soprattutto perché si rischiano rogne bilaterali, e ai fini dell’autorizzazione al soggiorno non serve)?
Al di là delle strambe eccezioni, dobbiamo ricordarci che siamo in un Paese trilingue, con una Capitale ufficialmente bilingue, e che in generale solo nelle Istituzioni Europee,  nelle multinazionali e nel settore tecnico-scientifico-informatico è sufficiente l’Inglese per lavorare (tra l’altro, ne è richiesta la fluency: quello che in Italia è considerato un livello buono, qui fa quasi ridere i polli )…e nemmeno sempre.

Per il resto, Francese (nel 90% dei casi) e Néerlandais (soprattutto per i lavori a contatto con il pubblico…ricordiamoci che quelli con i soldi attualmente sono Fiammighi ) obligent. Il Tedesco a Bruxelles non se lo fila praticamente nessuno, ma la conoscenza più che decente di almeno una delle altre due lingue nazionali è tassativa.

Che la conoscenza della seconda sia un must, lo avranno notato in molti.

Lo so, tutti possiamo essere d’accordo  sul fatto che l’esigere la pratica corrente di un idioma che è pochissimo utilizzato al di fuori dei confini di Belgio e Paesi Bassi (e, in versione alterata, nel Sudafrica) sia assurdo, ma è anche un modo per contenere l’ondata di immigrazione che negli ultimi anni non ha fatto altro che aumentare. «Io, datore di lavoro, non ti posso non scegliere perché sei Portoghese o Greco in sé: verrei messo al patibolo mediatico. Ma è risaputo che dalle tue parti il Néerlandais non lo si studia insieme con l’algebra…quindi, mijn schatje, è colpa tua se io ho preferito assumere un nativo fiammingone come me piuttosto che te, mio piccolo immigrato mediterraneo, perché la comunicazione è importante».

A parte questo discorso pseudo-estremista, un piccolo appunto: provemmo a cercare lavoro in Italia (parliamo di quella dei tempi d’oro, quando il lavoro in due giorni lo si trovava) senza saper dire nient’altro che buongiorno-buonasera-pizza-spaghetti-mandolino e qualche parolaccia? Se anche avessimo tentato…le possibilità di ottenere qualcosa sarebbero state molto basse.

Ci ostiniamo a voler parlare solo inglese? Andiamo a Londra o Dublino, le testate contro il muro saranno più dolci. O iniziamo a premunirci…anche solo con qualche aiuto gratuito online.

Okay, siamo registrati e felici, ma ci piacerebbe anche  sapere a chi darlo, questo benedetto curriculum vitae.

Come ovunque, esistono le Agenzie Interinali . A Bruxelles molte hanno sede nei dintorni di De Brouckère, e in generale le filiali sono specializzate secondo il settore. Si può trovarne un elenco piuttosto dettagliato qui, per esempio.

Diversamente da quanto abbiamo visto succedere in Italia negli ultimi anni, qui le Interim non lavorano solo con i giovani. Se, quindi, abbiamo quarant’anni e più, proviamoci comunque, anche solo registrandoci online con un profilo più dettagliato possibile.

Dicevamo, ONLINE.

Esistono ovviamente molti siti e portali per la ricerca di lavoro via web: eccone qualcuno dei più diffusi, in rigoroso ordine sparso.

Molti sono generici, poi per operare in settori specifici vanno selezionati più attentamente.

Per esempio, per chi volesse lavorare nell’ambito della vendita c’è OnlySales, per la moda ed il retail FashionJobs.

Per la ristorazione (HoReCa) funzionano molto bene l’agenzia ManPower  di Quai du Bois à Bruler, e svariati gruppi Facebook.

Per lavori meno qualificati o temporanei si fa spesso affidamento anche ai siti di annunci quali QueFaire.

Da non trascurare le opportunità nel settore pubblico (dove, contrariamente a quanto succede nel Bel Paese, non bisogna passare un concorso anche solo per svuotare i cestini della carta straccia, ma spesso si può lavorare dopo aver superato dei normalissimi colloqui). Van tenuti quindi d’occhio i siti istituzionali delle Communes.
Per architetti, ingegneri, interior designers ed affini un’ottima risorsa sono i cacciatori di teste di Service A e il sito dell’Ordine degli Architetti, mentre per gli insegnanti e per chi volesse lavorare nel settore medico e sociale è meglio GuideSocial.

Un’opportunità per le più giovani può essere quella di fare l’Au Pair per un periodo, in modo da potersi integrare e cercare sul posto senza investire a vuoto mezzi e risorse.

Parlavamo di lavorare nell’ambito delle Istituzioni Europee più annessi&connessi: tentare non nuoce, mai.

Per le istituzioni, va fatta la registrazione tramite EPSO.

Altri portali sono:

In particolare, per gli stages, potete controllare i siti istituzionali e in particolare :

Un consiglio che mi sento di dare, visti tempi e precedenti?

Lavoro vuol dire anche dignità ed orgoglio. Si può arrivare a livelli di disperazione estremi, soprattutto se in quest’avventura incosciente in terra straniera ci siamo tirati dietro una famiglia…ma piangere miseria in italiano stentato in un gruppo Facebook non equivale a dimostrare di essere di buona volontà, capaci e professionali. No, proprio no.

Serve solo ad attirare la finta solidarietà degli squali del lavoro nero, o a scatenare polemiche a non finire, dettate da invidia e possessività a livelli di guardia, o dall’esasperazione di chi, invece, le maniche se le è rimboccate, e ha preferito adattarsi ad un lavoro molto più umile rispetto a quello per il quale ha studiato, piuttosto che trascorrere la serata a sfondarsi di canne nei vicoli del centro, per poi accorgersi che i soldi stan finendo e che a fare il lavapiatti non lo prendono, perché non riesce a comunicare col collega pachistano o slovacco.

3 Risposte a “Il lavoro nobilita l’uomo. Se lo si trova.”

  1. CHIARA

    Merçi infiniment !………..un Post chiaro, esaustivo, impeccabile, corposo…….rendi perfettamente l’idea di ogni singola situazione : professionale e non. Un post graffiante quanto basta ma veritiero che non illude ma preferisce essere “autentico”…come sembri tu…del resto. Quindi davvero GRAZIE per i dettagli, le sfumature….tutto quello che descrivi…come lo racconti…con passione, autenticità e senso di accoglienza nei confronti di chi ti legge!

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