Il Cilento aragonese e la Congiura dei Baroni.

Palazzo Sanseverino, Teggiano
Palazzo Sanseverino, Teggiano

Se Alfonso getta le basi dello Stato moderno, il figlio Ferdinando I , detto Ferrante, che gli succede nel 1458, lo rafforza, nonostante l’opposizione dei feudatari.

Alfonso muore infatti senza poter completare appieno il suo “progetto modernizzatore” di Stato. Dopo di lui, per successione, Sicilia e Sardegna si uniscono al Regno di Aragona di Giovanni II – padre di Ferdinando d’Aragona “Il Cattolico”, mentre il Regno di Napoli è assegnato a Don Ferrante, così come disposto dallo stesso Alfonso al momento del suo insediamento a Napoli. La cosa però presenta ostacoli e opposizione fin da subito, da parte del Papa prima, dell’onnipresente fazione angioina poi, e soprattutto da parte dell’invadenza dei feudatari, vere forze particolaristiche locali. Opposizione che diventa sempre più forte.

Un primo conflitto interno contro Ferrante, guidato dalla feudalità anti-aragonese ancora fedele alla Casa D’Angiò,  avviene tra il 1459 e il 1464: i feudatari ribelli attaccano frontalmente il re ponendo forti rivendicazioni. Riuscito vincitore, Ferrante rende inoffensiva la parte anti-aragonese rafforzando il baronaggio che aveva parteggiato con lui, ben sapendo di non poter liquidare la forza e le posizioni “strutturali” della feudalità.

La  pace che segue a questo nuovo assetto del rapporto di forza tra sovrano e nobili permette a Ferrante di rinforzare l’entità statale che suo padre aveva impostato e accrescerne la ricchezza. Le nuove misure introdotte favoriscono la nascita del patriziato cittadino, favorevole alla corona, che compra feudi e occupa le campagne, rinnovando il ceto feudale e trasformandolo definitivamente in un’aristocrazia terriera, di contro al modello di potere baronale, acquisito per nascita.

Nel 1480 Antonello Sanseverino, Principe di Salerno e Signore di Diano sposa Costanza, figlia di Federico da Montefeltro, il grande Duca di Urbino.

Dopo le nozze, i Principi si recano in visita a Diano (l’odierna Teggiano), dove per l’occasione l’intero feudo ha organizzato grandiosi festeggiamenti in loro onore.

Teggiano rivive ogni estate quell’evento attraverso una rievocazione in costume che è un interessantissimo itinerario artistico – gastronomico, oltre che storico: “Alla tavola della Principessa Costanza”(qui alcune immagini dell’edizione 2016) .

La famiglia Sanseverino, normanna di origine e filo – angioina, anche in epoca aragonese gode di enormi privilegi: è infatti una delle grandi dinastie di baroni del regno, che insieme hanno più terre dello stesso re. Come gli Orsini – Del Balzo, famiglia di origine di Isabella di Chiaromonte, consorte di Ferrante, i cui possedimenti sono talmente vasti da permettere loro di viaggiare da Taranto a Napoli senza mai uscire dalle proprie terre, i Sanseverino vantano feudi che dalla Calabria, attraverso la Basilicata, arrivano al Cilento, a Salerno e Napoli.

Nella famosa Tavola Strozzi, prima veduta dipinta di Napoli “a volo d’uccello”, nella quale si celebra il ritorno della flotta dopo la Battaglia di Ischia, l’ammiraglio a capo della flotta aragonese è Roberto Sanseverino: le galee raffigurate inalberano a prua la fascia rossa in campo argento, colori dei Sanseverino, e a poppa le armi aragonesi. È lui che costruisce a Napoli il Palazzo Sanseverino, primo palazzo in Italia con bugnato a punta di diamante, che oggi è la Chiesa del Gesù Nuovo.

Nella citata Teggiano, nel 1417 i Sanseverino avevano già restaurato ed ampliato un castello sorto in epoca normanna, che con loro assume il carattere monumentale ancora oggi visibile: si chiama Castello Macchiaroli o, appunto, Palazzo dei Sanseverino, ed è uno dei più importanti di tutta l’Italia meridionale.

Assieme ai Guevara, ai Sinerchia, ai Caracciolo, agli Acquaviva, essi sono l’élite ristretta con risorse e finanze, che ritiene offensivo per la proprià dignità occuparsi di traffici e lavoro, mentre invece ritiene naturale ricevere tributi dal popolo. Ovvio che a loro la modernizzazione dello Stato non va per niente bene. E ancora meno bene vengono viste le nuove classi sociali in ascesa proprio grazie a traffici e lavoro.

Con gli Aragonesi, i porti dell’Adriatico intessono rapporti commerciali con Venezia e l’Oriente, mentre il Tirreno si riempie di navi mercantili private; privati cominciano a far fruttare i giacimenti, di allume, di piombo, di argento, di cui il Regno è ricco. In questo periodo comincia anche la raccolta e lavorazione, nel Golfo di Napoli, del corallo: per secoli, la produzione napoletana di corallo sarà eccellenza mondiale, e Torre del Greco ne sarà l’indiscussa capitale; ancora oggi, si stima che l’80% del corallo lavorato nel mondo è torrese. Il re del Benin, nel 1979, durante la sua incoronazione indossò un abito di 40 chili di coralli lavorati a Napoli 300 anni prima. 

Baroni e Chiesa si coalizzano quindi per annientare ogni spinta di modernizzazione, di nuova organizzazione politica, e soprattutto ogni tentativo che possa far emergere questo nuovo ceto che già preme prepotentemente la vecchia società feudale, e si arricchisce sempre più  grazie ad un’organizzazione mercantile e produttiva assai vasta, incoraggiata dallo stesso re.

Nel 1485, allora, proprio sotto la guida del principe Antonello Sanseverino, i baroni, stanchi di contribuire in maniera sempre crescente alle spese militari del re, si ribellano riunendosi a Teggiano, nel citato Palazzo dei Sanseverino, forti anche dell’appoggio del Papa, che fin dai tempi angioini considerava il Regno di Napoli infeudato ai suoi territori; inoltre, il Papa da sempre avanzava pretese su parecchie città meridionali (L’Aquila, Tagliacozzo – teatro della sconfitta di Corradino di Svevia, Altamura).

È questo il primo atto di quella che passerà alla storia come “La Congiura dei Baroni”. Ancora una volta il Cilento è il palcoscenico in cui si consuma una lotta tra baroni congiurati e potere regio, come già accaduto più di duecento anni prima, quando il Castello di Capaccio fu teatro della congiura contro l’imperatore Federico II di Svevia: anche in quell’occasione, essendo i Sanseverino tra i cospiratori.

I congiurati che tramano contro il re, istigati da Antonello Petrucci e Francesco Coppola, sono infatti gli esponenti della grandi famiglie citate qualche rigo più su: Antonello, Girolamo principe di Bisignano, Giovanna (nonna di Antonello e zia di Girolamo), Barnaba conte di Lauria e Giovanni conte di Tursi della famiglia Sanseverino; i Caracciolo principi di Melfi, i Gesualdo marchesi di Caggiano, i del Balzo-Orsini principi di Altamura e di Venosa, i Guevara conti di Ariano, i Sinerchia conti di S.Andrea e Rapone.

Il loro piano è isolare il re nella capitale, bloccando sia le vie di accesso che le vie di comunicazione e permettendo alle truppe papali e ai suoi alleati genovesi e veneziani di entrare nel regno, ma fallisce miseramente: Ferrante gioca d’anticipo, vince la Battaglia di Montorio e fa arrestare i primi baroni. Scompaginati, alcuni tra loro compiono atto di sottomissione al re, che mette a morte i ribelli.

L’epilogo della congiura si svolge a Napoli, a Castel Nuovo, dove Ferrante ha invitato i baroni in occasione delle nozze della nipote con il Conte di Sarno: occasione che avrebbe dovuto sancire la fine delle ostilità. In realtà, è un tranello: il re fa arrestare ed uccidere i baroni convenuti, in quella che da allora si chiama “Sala dei Baroni”, e che è oggi adibita a sede delle riunioni del Consiglio Comunale di Napoli.

Tavola Strozzi, Napoli
Tavola Strozzi, Napoli

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

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