Itinerari cilentani: Velia, l’antica Elea.

Velia, la Porta Rosa
Velia, la Porta Rosa

Hyele è il primo nome che ebbe la colonia greca di Elea, fondata intorno al 540 a.C. dai profughi di Focea, città greca dell’Asia Minore, attuale Turchia, caduta sotto il dominio persiano ad opera di Ciro.

Essi arrivarono dal mare: i Sibariti che di lì a poco fondarono la vicina Poseidonia/Paestum arrivarono, invece, attraverso le rotte appenniniche, noti e più rapidi percorsi di crinale già ben conosciuti dai popoli autoctoni, Enotri e Lucani su tutti; attraverso le montagne, infatti, questi popoli avevano creato le antiche rotte dell’ossidiana e del rame. 

Lo storico greco Erodoto di Alicarnasso, definito da Ciceroneil padre della storia, racconta la caduta di Focea, e la successiva fondazione di Elea: assediata dai Persiani, Focea ricevette da Arpago, generale di Ciro il Grande, la proposta di una resa onorevole. I Focei, abilissimi navigatori, utilizzarono la notte che era stata concessa loro prima di dare una risposta agli assedianti per caricare le loro navi, le veloci pentecotere, di tutto ciò che c’era, persone, cose, addirittura offerte votive dei templi, e lasciare per sempre la loro città: i Persiani che il giorno successivo entrarono in città presero quindi possesso di una città spettralmente vuota.

Questi migranti di 25 secoli fa portarono con sé dalla loro Focea anche un tipo di ulivo, diventato poi endemico del Cilento: l’ulivo pisciottano, la più antica varietà di ulivo introdotta dai Greci (ne parla questo post). Elàion è poi, in greco, l’ulivo: superfluo sottolineare l’assonanza con Elea.

L’area in cui sorse Elea, scelta dai Focei proprio perché ricordava la madrepatria e acquistata agli Enotri, già stanziali in questa parte di Cilento, è caratterizzata da un promontorio che anticamente si protendeva sul mare, dove sono state individuate tracce della presenza umana fin dall’età del bronzo.

In età storica, dopo il primo insediamento greco – coloniale, la città si estese verso il basso e furono creati i quartieri di abitazione sia sul versante settentrionale, sia su quello meridionale. La sua posizione geografica è uno dei principali fattori che favorirono la sua enorme potenza ed opulenza, in quanto costituì fin da subito un punto nodale nelle rotte commerciali tra Grecia ed Etruria.

Strabone riporta, nel VI volume della sua monumentale Geografia, i confini della Kora di Velia, ossia della regione che aveva il suo centro nella pólis elièail territorio di Elea comprendeva la fascia costiera dall’isola di Licosa fino al promontorio di Palinuro, mentre all’interno, per difendersi dai bellicosi Lucani, i Velini avevano fortificato le alture di Catona, Nobe (che prenderà poi il toponimo di Novi Velia), Civitella (Moio), Gioi, Monte della Stella e Carpinina (Perdifumo).

Lungo la costa vi erano numerosi approdi naturali all’interno di profonde insenature e alla foce dei fiumi, che consentivano l’ancoraggio a grosse barche e, durante i mesi invernali, quando non si navigava, permettevano lo scàriu (dal greco eskàrion, ossia scalo, cantiere), cioè offrivano la possibilità di tirarle in secco, al sicuro dai marosi. I porti della Kora avrebbero favorito per secoli la crescita esponenziale dei commerci marittimi, e di conseguenza della ricchezza della città.

L’importanza capitale di Elea deriva, poi, dall’essere stata un indiscutibile polo culturale, che la rese una delle pólis greche più importanti del suo tempo. E’ Velia, infatti, ad aver dato i natali a Parmenide e Zenone, fondatori della Scuola Eleatica, pilastro portante e ineludibile nella storia del pensiero filosofico, ed ospitato Melisso di SamoSenofane di Colofone, il cui attacco all’antropomorfismo religioso è alla base di tanta ontologia parmenidea.

L’enorme lascito filosofico della Scuola Eleatica fu chiaro fin dai loro contemporanei. La filosofia parmenidea fu la prima a cercare l’arché, l’origine, attraverso una spiegazione razionale, quella del principio logico di non – contraddizione, tanto caro poi ad Aristotele.

Proprio Aristotele definisce Zenonel’inventore della dialettica” in quanto è il filosofo eleatico il primo ad elaborare il metodo della dimostrazione indiretta di una tesi mediante la riduzione all’assurdo della tesi contraddittoria.

E Platone scriverà un’opera intitolata Parmenide, in cui i protagonisti del dialogo sono Parmenide, Zenone e Socrate. Nel Sofista, inoltre, parla dello straniero di Elea. 

Hegel dirà poi, secoli dopo, che “con Parmenide inizia la vera filosofia; qui un uomo si libera dalle rappresentazioni sensibili e dalle opinioni, nega a queste ogni verità e dice: soltanto la necessità, l’essere, è il vero”

Elea fu anche sede di una Scuola di medicina e di un asclepeio per le cure. La Scuola Medica Salernitana fu la diretta discendente della Eleatica, perpetuando nei secoli i suoi principi ispiratori.

C’è un’aura, a tutt’oggi, tra quelle pietre, le pietre dove sedettero i filosofi, che con il mare di Elea di fronte gettarono alcuni pilastri del pensiero occidentale. Come una voce che continua.

Area archeologica di Velia
Area archeologica di Velia

Successivamente, ottimi furono i rapporti con Roma, con cui strinse alleanza intorno al 275 – 270 a.C.: fu allora che cambiò il suo nome in Velia. E anche quando divenne, nell’88 a.C, municipio romano, mantenne comunque la lingua greca e il diritto di battere moneta (come la vicina Paestum). Inoltre, le famiglie aristocratiche di Velia inviavano le loro figlie a Roma, come sacerdotesse dei culti a Demetra. 

Gli aristocratici romani ne fecero un luogo di vacanza prediletto, Cicerone ad esempio, l’amava molto. Testimonianze di questo amore per Velia affollano molti suoi scritti. Ce n’è una, tra le tante, utile a capire quale enorme volume di traffico marittimo conoscessero i porti del Cilento anche in epoca romana: Verre, governatore uscente della Sicilia, aveva ricevuto in dono dai Messinesi una nave di enorme stazza, carica di ricchezze, bottino non portato a Roma, ma ancorato nel porto di Velia. Cicerone gliene chiede quindi conto davanti al Senato: la cosa più interessante da notare è che a quel tempo il porto di Velia ospitava talmente tante grosse navi, che il monumentale cargo di Verre vi si poteva facilmente confondere.

Un altro noto evento è quello della fuga di Bruto in seguito all’uccisione di Cesare: egli si rifugiò a Velia e Marcantonio invece di entrare nella città lo aspettò al largo, rispettando l’autonomia della città.

Gli scavi archeologici di Elea – Velia permettono di rivivere questa storia vecchia di secoli. Passeggiando lungo le mura sono evidenti le due fasi costitutive del V e del IV sec. a.C., con la bellissima Porta Rosa, il cui arco a tutto sesto, del IV sec. a.C.  dimostra che i Greci conoscevano già a quell’epoca l’uso dell’arco che non fu, quindi, un’invenzione etrusca, e poi la via Sacra, l’agorà, il basamento di un tempio ionico sull’Acropoli e il teatro di età ellenistica con la scena rifatta in epoca romana. Al Medioevo risale invece il Castello, costruito sull’Acropoli, luogo dove in questo periodo si era ritirata la popolazione locale, per via dell’insabbiamento del porto e del fondato timore degli attacchi saraceni. Medioevale è anche la Torre angioina, la Cappella Palatina e la Chiesa di Santa Maria, che ospitano due piccoli ma molto esaurienti Antiquaria.

E in quest’angolo di Cilento che guarda il mare più azzurro, dall’alto di una rupe che incanta da migliaia di anni chiunque apra il suo sguardo su tanta bellezza, alla mente torna un altro, illustre visitatore delle terre di Cilento, quel Giuseppe Ungaretti che tra le rovine di Velia scriveva:

“È dunque questa, Elea, città fondata da fuggiaschi, è dunque questa, Velia, verso cui Cicerone fuggiva quando fu ucciso? Un colle e, su, un castello come una gran carcassa di gallo fra due torri – e null’altro? Elea, questa è Elea, città di fuggiaschi, dove anche il mondo aveva finito col diventare un’assenza: questa è Elea, oh, città assente! […].

E di te, città disperata, e di voi, primi occhi aperti, o Eleati, non è rimasto altro, se non un po’ di polvere? La vostra forma mortale era bene un’illusione, come tu dicevi, Parmenide; ma la vostra voce, io la sento in questo silenzio: ciò che era materia immortale in voi, è immortale. Anche in questo mio corpo caduco.”

Scavi di Velia. Le pietre dove sedettero i filosofi.
Scavi di Velia. Le pietre dove sedettero i filosofi.

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

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