Le Vie dell’Olio: la civiltà dell’ulivo.

“Ulivi, sempre ulivi! In mezzo sono ulivi, come pecore a frotta!”

Giuseppe Ungaretti, “La pesca miracolosa”.

 

 

Le Vie dell’Olio, in un paesaggio di grande bellezza, sono vie fatte di fascino ancestrale; percorrerle significa scoprire, prima di tutto, un prodotto del Cilento verde, frutto dell’amore dell’uomo verso la Terra, dal sapore antico e di qualità insuperabile, che rende appetibili i piatti tipici locali della Dieta Mediterranea che qui è nata, di cui rappresenta il più importante ingrediente base.

La terra cilentana, per molti versi ancora mitica, ricca di paesaggi suggestivi, di storia e di tradizioni, offre praticamente ad ogni angolo la possibilità di esplorare e conoscere cose antiche, angoli sommersi di paesi abbandonati, e di assaporare i piaceri di una gastronomia dal sapore autentico, derivata diretta della migliore tradizione rurale.

Attraverso Le Vie dell’Olio si può incontrare il vero Cilento, quel Cilento nascosto e silenzioso, fatto di piccoli borghi e di paesi semplici, dove è ancora forte il senso dell’appartenenza, dove la memoria storica è impressa in ogni piccola cosa e dove, in ciascuno dei suoi abitanti, c’è l’orgoglio della propria appartenenza e delle proprie radici, espressione di un modo d’essere locale forte, ma nello stesso tempo, per tradizione di cultura e di saperi antichi, assolutamente aperto verso una solidarietà senza confini ed una visione cosmica della vita, caratterizzata essenzialmente da una inconfondibile componente umana.

L’ulivo, pianta secolare, resistente al tempo e alle stagioni, è il simbolo del paesaggio campano ed in modo fortemente caratterizzante del paesaggio del Cilento. Addirittura la toponomastica è stata influenzata da questa pianta mitica: all’ulivo devono inequivocabilmente il nome Sanza, Ogliastro Cilento, tra i vari.

Nel Cilento esistono delle piante autoctone che hanno dato vita a delle specie locali uniche al mondo, da valorizzare, da proteggere e da conservare per garantire le caratteristiche genetiche del catasto olivicolo locale, esposto al rischio dell’ibrido.

La coltivazione dell’ulivo nel Cilento, ad ogni modo, non è solo un’attività agricola legata alla Natura: è allo stesso tempo la testimonianza di una storia antichissima, uno dei migliaia di legami stretti che ha tessuto il Mediterraneo tra le sue sponde, Oriente e Occidente che si uniscono, un flusso continuo durato secoli che ha forgiato ciò che siamo e che qui è presente praticamente in ogni cosa, ad ogni sguardo.

La coltivazione dell’ulivo infatti viene da molto, molto lontano e si intreccia con la stessa storia delle popolazioni locali. Ricerche archeobotaniche indicano chiaramente che fu introdotta dai coloni greci, a partire dal IV sec. a.C., soprattutto nei territori della Magna Graecia.

L’oliva pisciottana fu infatti la più antica delle varietà da olio introdotte dai Greci, quei Focei che giunsero via mare a fondare Elea, il cui stesso nome, che secondo Strabone deriva da Hyele, riporta in sé similitudine con eláion, che in greco significa proprio ulivo.

La coltivazione dell’ulivo fu successivamente portata avanti dai Romani e così, di epoca in epoca, fino ai giorni nostri, regalandoci lo spettacolo unico di colline ricoperte di queste meravigliose piante, capaci di crescere col salmastro del mare che da 2500 anni le guarda svettare. Chi si reca, ad esempio, nell’indescrivibile Spiaggia della Marinella, a Palinuro, si ritrova secolari piante di ulivo a pochi passi dalla sabbia della spiaggia…

Sia i Greci che i Romani ponevano l’olio d’oliva non solo al centro della propria alimentazione, ma anche al centro delle loro cure per il corpo (amavano ungersi la pelle con l’olio d’oliva), per le pratiche religiose e i riti propiziatori.

Oggi la pisciottana, questa pianta arrivata oltre 25 secoli fa dalle coste dell’Asia Minore – attuale Turchia, sulle navi di fuggiaschi greci scampati alla conquista persiana, è e resta una tipicità assolutamente unica del Cilento, in quanto fuori dal Cilento è praticamente assente.

Qui invece il suo profilo inconfondibile e le sue dimensioni, tanto gigantesche da non trovare riscontro in nessun’altra realtà olivicola nazionale, coprono fino al 90% del territorio in alcune aree – come la zona tra il fiume Lambro e il fiume Mingardo. Non è comunque esclusiva, poiché il patrimonio olivicolo del Cilento non si limita ad una varietà, ma si arricchisce con altri sapori: si coltivano infatti nel Cilento anche le varietà Rotondella e Ogliarola, tipiche un po’ di tutto il salernitano, e le Frantoio, Salella e Leccino.

Testimonianze di questo patrimonio agricolo, ma nello stesso tempo culturale, sono un po’ diffuse in tutto in territorio, con la conservazione di vecchi frantoi e di enormi anfore di creta – gli zirri del Cilento, equivalenti dei doli di Pompei. Gli oliveti secolari, con sistemi di coltivazione prevalentemente tradizionali, offrono un olio dalle ottime caratteristiche organolettiche, di altissima qualità.

Per questo, si è ben pensato di tutelarne e certificarne le caratteristiche uniche: la Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) “Cilento” è stata riconosciuta a livello nazionale fin dall’agosto del 1998. Il disciplinare di produzione indica quale requisito essenziale la raccolta a mano delle olive: antico che costruisce il futuro.

Proprio a marzo 2016, nel corso della 10º edizione di Olio Capitale, importante fiera specializzata sulle produzioni di olio extravergine di oliva, un olio del Cilento si è piazzato tra i primi cinque migliori oli al mondo.   

Lungo le Vie dell’Olio ci sono anche i Musei della Civìltà Contadina (Ortodonico, Vatolla, Moio della Civitella, Morigerati, Roscigno, Casaletto Spartano), che conservano importanti testimonianze di radici lontane, simboli di un mondo materiale della vita dei campi, legato fortemente al ciclo produttivo dell’olio: i “Vecchi Frantoi”, conservati nel Museo della Civiltà Contadina di Ortodonico, ne sono la più significativa testimonianza. I Musei custodiscono la memoria di un’antica arte agricola, il frutto di una sapienza spontanea che legava in armonia l’uomo alla terra. Il miracolo si ripete ad ogni nuova stagione di raccolta e di spremitura, ed è un legame profondo, viscerale ed universale.

A chi scrive piace molto, infatti, scendere nel profondo, e pensare, ricordare che ciò che poi è diventato endemico della sua terra, tanto caratteristico da esserne uno dei simboli come l’ulivo pisciottano, venga da tanto lontano. Straniero che mette radice nuova, nuovo innesto che darà anima e tratto unico alla terra cui si lega.

Ulivo, poi universale simbolo di pace, arrivato in una delle ennesime migrazioni che hanno solcato il Mediterraneo, da che storia è stata. Migranti oggi, migranti ieri. Guerre oggi, guerre ieri. Ancora non si è imparato che è meglio evitarle. Davanti ad un ulivo secolare, col Mediterraneo di fronte, però, si può imparare facilmente che chi scappa dal rischio di essere annientato porta con sé una spinta vitale che può essere sorgente nuova, laddove può tornare ad attecchire. Come fecero quei Greci venuti dall’Oriente, che presero mare con le loro leggende, compresa quella che voleva l’ulivo, simbolo di Atena dea della sapienza, dono sommo degli dei agli uomini.

Quell’ulivo migrante di un paio di millenni fa, tutta la cultura che ha portato, di sicuro è stato un dono, per il Cilento. Uno dei tanti, in una terra che da sempre è stata approdo.

Ulivi sulla spiaggia della Marinella, Palinuro (fotografia di Gisella Forte)
Ulivi sulla spiaggia della Marinella, Palinuro (fotografia di Gisella Forte)

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

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