Normanni e Svevi nel Cilento e nel Sud.

Chiese del Cilento (fotografia di Gisella Forte)
Chiese del Cilento (fotografia di Gisella Forte)

Poco dopo l’anno Mille, giungono nel Sud Italia e nel Cilento i Normanni.

Stirpe guerriera del nord della Francia, arrivano come mercenari, “cavalieri protettori” in viaggio verso Gerusalemme, ed in breve cambiano il volto dei territori che, progressivamente, occupano e conquistano.

È il caso di sottolineare un paio di cose; prima di tutto, che negli stessi anni gli stessi Normanni stanno conquistando anche l’Inghilterra: la Battaglia di Hastings, e la vittoria di Guglielmo il Conquistatore, è infatti del 1066. Ma mentre in Inghilterra l’intento normanno è assoggettare e punto, sradicando gli indigeni al potere e colonizzandoli culturalmente, la politica che attuano nell’Italia del Sud è completamente diversa, in quanto, in origine, cercano di inserirsi tra Longobardi e Bizantini, assimilandosi, piuttosto che mettendosi contro, ad una società di per sé diversificata.

E qui la seconda considerazione: non bisogna dimenticare che il Cilento, e in generale tutto il Sud Italia, all’inizio dell’anno Mille, e per vari secoli a venire, sta vivendo un’epoca di assoluta prosperità.

L’esperimento multiculturale in corso a Sud in questo periodo vede mondi completamente differenti coesistere uno al fianco dell’altro. Si dimentica troppo spesso e con troppa facilità questa pagina di storia, una pagina che dice che a Sud, nel pieno Medioevo che volge al cambio di millennio, la società è multietnica e multireligiosa: in lei, per secoli, convivono greco-bizantini, italo-longobardi, siculo-arabi ed ebrei.

Non c’è nulla, qui, del mondo carolingio: questo è Nord Europa, e in questo momento è “grezzo”, e lontano da dove passa la vera ricchezza. Il Sud Italia è invece ricco, ricchissimo: ci sono le terre di Bisanzio, la Roma d’Oriente, e i Longobardi ormai da quattro secoli di stanza qui si sono raffinati enormemente nei costumi e nella cultura. I monasteri basiliani, non soggetti ai condizionamenti culturali imposti dalla Santa Sede, custodiscono testi di cultura greco-orientale, e rappresentano la continuità con quella cultura classica che la Chiesa romana aveva messo al bando; perpetuano anche antiche pratiche mediche, sono conoscitori di erbe medicinali e di preparati erboristici. Le donne studiano medicina, nella prima istituzione medica d’Europa, la Scuola Medica Salernitana: le Mulieres Salernitanae sono state le prime donne medico del mondo. Per dirne alcune, Trotula De Ruggiero, Abella Salernitana, Sichelgaita di Salerno, seconda moglie proprio del normanno Roberto il Guiscardo.

La Salerno longobarda e i suoi principati, la Palermo araba, sono immensamente più ricche e colte di qualsiasi città a Nord delle Alpi, in questo momento storico. Il Piano per muovere ricchezza e centro di potere verso il Nord Europa non è storia di oggi, non comincia con Angela Merkel: comincia con il concetto stesso di Sacro Romano Impero Germanico, entità che tutta insieme non ha la ricchezza di una singola regione a caso del Sud. Quando i Normanni prenderanno anche la Sicilia, le entrate derivanti dai dazi del solo porto di Palermo saranno uguali alle entrate di tutti i porti d’Inghilterra messi insieme.

È proprio questa ricchezza, e le rivalità tra i pontefici romani, i duchi longobardi di Benevento e di Salerno, gli arabi di Sicilia, i bizantini di Puglia e di Calabria, a spingere i Normanni verso l’Italia del Sud: spesso infatti essi sono cadetti che, a causa del maggiorascato, in uso nel sistema feudale franco, non hanno terre, quindi sperano di conquistarne.

Noti nell’Alto Medioevo come Vichinghi, i Normanni erano stati avventurieri che dalla Scandinavia (Nord Maenner: Uomini del Nord), con una diaspora impressionante, si erano mossi un po’ in tutta Europa. Uno di questi, Rollone, è il primo Duca di Normandia e Signore della Neustria e di Bretagna, per investitura di Carlo il Semplice che gli concede la città di Hauteville (da cui poi il cognome della dinastia, Altavilla, rimasto in vari toponimi), e padre di Tancredi, progenitore dei Re di Sicilia.

Il primo normanno ad ottenere terre in Italia del Sud è Rainulfo Drengot, che nel 1030, al soldo del Principe di Capua, ottiene la terra di Aversa. Poco dopo al suo servizio, venuti anch’essi a cercare fortuna, arrivano i figli di Tancredi d’Altavilla: Guglielmo Braccio di Ferro, che sarà Conte di Melfi, e Roberto il Guiscardo, vittorioso sui Bizantini e riconosciuto dal Papa come Duca di Puglia, di Calabria e della Sicilia.

Roberto il Guiscardo, furbo come una volpe (Guiscardo, soprannome dal francese Vissart, volpe), è la figura storica che cambia la faccia del Sud. Caccia i Longobardi da Salerno, e da lì muove alla conquista di tutto il Sud.  Da Roberto il Guiscardo nascerà, tra i vari, Guglielmo, Signore del Cilento, detto anche Guglielmo «de Principato» (il Principato, o Principato esteriore, corrispondeva, grosso modo, all’attuale provincia di Salerno), e da questi Giovanni d’Altavilla, soprannominato «II Rosso» d’Altavilla, Signore del Cilento, padre a sua volta di Giovanni Antonio «de Cilento», Legato quale Viceré di Federico II di Svevia.

I nuovi dominatori sono capaci di riprendere i territori bizantini, la Sicilia agli Arabi, e di instaurare un nuovo Regno per la propria dinastia: Ruggero I Bosso d’Altavilla, fratello di Roberto, sbarcato in Sicilia prende Palermo. Suo figlio Ruggero II è nominato Re di Sicilia e Duca di Puglia e di Calabria nel 1130. Essi operano profonde riforme sociali e religiose e soprattutto impongono il sistema feudale.

Nel 1054, in seguito al Grande Scisma tra Roma e Costantinopoli, i Normanni trasformano il rito sacro da greco a latino, ponendo il Cilento quale frontiera tra il monachesimo occidentale (con lingua latina) e quello orientale (con lingua greca). Favoriscono il monachesimo benedettino permettendo alla Badia di Cava dei Tirreni fondata da Sant’Alferio Pappacarbone, grazie alle numerose concessioni dei principi, di estendere il suo dominio su tutto il Cilento e di diventarne sotto dominio normanno il principale referente religioso.

Nel periodo dal 1050 al 1150 circa, distretti longobardo-bizantini come Camerota e Policastro, di grandissima importanza strategico-militare, mantengono con i Normanni questo stesso status di centro nevralgico di controllo. I monaci basiliani e i cenobi italo-greci continuano la loro attività di aziende fondiarie e la loro organizzazione ecclesiastica, senza subire, come invece successo altrove, processi di emarginazione – avvenuti secoli dopo, quando il vescovo latino di Cuccaro Vetere brucia i libri liturgici greci.

La Chiesa romana però, per estendere il suo potere e possedere maggiori proprietà anche nell’Italia meridionale, alimenta una vera e propria lotta nei confronti del clero di rito bizantino. I Normanni, per puro gioco politico, accolgono le richieste del Papa e si preoccupano di imporre il rito cattolico latino, non prima di aver sfruttato l’appoggio del clero di lingua greca nei territori dove, sempre per gioco politico, è più conveniente farlo: ad esempio in Sicilia, dove si appoggiano ai basiliani per poter sconfiggere gli arabi e la religione islamica.

Comincia così un processo di progressivo inglobamento del mondo greco in quello latino, anche se il rito greco resterà vivo ancora per secoli in alcune “isole” del Cilento: a Rofrano, il rito greco si attesta ancora nel 1626. A Cuccaro Vetere, nel 1308 e ancora nel 1611 è attestato il rito greco nella chiesa di San Nicola dei Greci, originariamente dedicata alla Vergine Odighitria, protettrice dei monaci greci, e per questo popolarmente chiamata Santa Maria dei Greci. Nella vicina chiesa di San Michele Arcangelo, invece, sempre nel 1611 si celebra sia con rito greco che con rito latino.

Normanna è la famiglia Sanseverino, protagonista per circa cinque secoli della storia cilentana; a lei si deve tra l’altro l’edificazione della monumentale Certosa di San Lorenzo in Padula.

Il sistema feudale imposto dai Normanni ha poi la conseguenza storica della frammentazione del territorio in baronie.

Quando nella linea di successione regale si estingue il ramo maschile dei Normanni, e l’ultima della stirpe, Costanza d’Altavilla, sposa l’imperatore Enrico VI di Svevia, figlio del Barbarossa, è poi la volta degli Svevi, che senza spargimento di sangue ereditano ciò che fu normanno: praticamente, l’intero Sud Italia.

Da Costanza ed Enrico nasce l’erede di queste due dinastie, una figura storica semplicemente monumentale: Federico II, il Puer Apuliae, come amava farsi chiamare, il sovrano che forse più di tutti ha amato il Sud, lasciandovi un’impronta unica.

Tornando al discorso sulla ricchezza troppo dimenticata del Sud, un discorso a parte, ben lungo, lo meriterebbe proprio Federico II di Svevia: lo Stupor mundi capace di affascinare con la sua personalità i suoi contemporanei e i suoi posteri è stato un imperatore laico e tollerante, un legislatore illuminato, un intellettuale in un’epoca di oscurantismo. Lo storico Jacob Burckhardt scrive di lui: “la sua opera costante di distruzione dello Stato feudale e la sua lungimirante visione burocratica di uno stato centralizzato e giusto ne fanno il primo uomo moderno sul trono dell’Impero”.

Federico II è stato, probabilmente, un uomo troppo avanzato per il Medioevo che aveva intorno, un Medioevo di papi e antipapi in lotta per il potere, e di Comuni del nord sicuramente non pronti al messaggio federiciano, che per molti versi è antesignano della modernità e del concetto moderno di Stato. Forse l’Italia intera avrebbe avuto un’altra storia se i Comuni del Nord avessero scelto di seguire il progetto, visionario per quel tempo, di quest’uomo poliedrico e brillante.

È stato tra i promotori della Scuola siciliana, una delle prime radici della letteratura italiana. In linea con la sua concezione, fonda a Napoli, nel 1224, la prima Universitas Studiorum laica e statale d’Occidente (c’era l’Alma Mater di Bologna, prima ancora, ma purtroppo al tempo di Federico era già sotto controllo papale). La tradizione ancora oggi eccellente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Federico II di Napoli trae origine dalla volontà di Federico di favorire lo studio e la preparazione dei migliori giuristi per il Regno. Per secoli, le classi dirigenti di tutte le monarchie d’Europa saranno indottrinate da giuristi napoletani.

Realizza l’incontro di tre civiltà, latina, greca ed araba, promuove versioni di opere sconosciute ai latini (proprio l’Università di Bologna riceve da Federico II le opere di Averroé tradotte dall’arabo), promuove studi di filosofia naturale: astronomia, con Michele Scoto, Teodoro; matematica: è a lui che Fibonacci dedica il Liber quadratorum, scienza, filosofia, crea addirittura uno zoo con animali esotici.

Scomunicato a più riprese dal Papa, gli stessi baroni, che fin dal tempo dei Normanni accumulano potere, tramano con il Papa contro di lui, in varie occasioni: nella storia, specie quella del Cilento, rimane la Congiura di Capaccio del 1246.

Ordita sicuramente da Papa Innocenzo IV per contrastare l’espansionismo dell’Imperatore, trova nelle potenti famiglie del Cilento, baronie bramose di potere, i perfetti alleati. I Fasanella, i Morra, i Francesco, gli Eboli e i potentissimi Sanseverino, tra gli altri, tramano l’assassinio di Federico e dei suoi figli.

Il piano fallisce per la delazione di uno di loro, Giovanni da Presenzano: le conseguenze sono tremende. Gli imperiali marciano nel Cilento, prendono Sala Consilina e radono al suolo Altavilla Silentina, pongono assedio al Castello di Capaccio, dove i baroni si erano rifugiati, ritenendolo inespugnabile.

Dopo quattro mesi, gli assediati cadono per sete: le truppe di Federico riescono infatti a sabotare la cisterna d’acqua che riforniva il castello. La fine dei congiurati è terribile: messi a morte nei modi più disparati, secondo la Lex Pompeia di parricidio, le donne vendute come schiave a Palermo. Le Baronie del Cilento saranno quindi ridistribuite da Federico. Torraca tocca ai Lancia, famiglia particolarmente importante per Federico: Bianca Lancia è infatti l’amante dell’Imperatore, madre di Manfredi. Tornata la pace, nel 1271, la Baronia del Cilento torna ai Sanseverino, che ne restano i signori incontrastati fino al 1552.

Itinerari normanni e svevi nel Cilento ce ne sono a bizzeffe.

Alcune torri costiere di avvistamento risalgono al periodo normanno, quella di Acciaroli, per esempio.

Castellabate riporta già nel nome alla stessa epoca. Castrum Abbatis, il Castello dell’Abate, è il Castello che Costabile Gentilcore, quarto Abate della Badia di Cava, costruisce intorno al 1123, sotto i Normanni, su un precedente borgo di Longobardi e monaci greci. I monaci benedettini bonificano le terre e costruiscono la fortezza, rifugio al vicino pericolo dei Saraceni agropolesi.

Normanna è la fondazione di Altavilla Silentina e Castelruggero, nel Comune di Torre Orsaia, nasce dai Castra Roggerii di Ruggero II il Normanno (se ne parla anche qui). Normanna è la fortificazione del Castello di Castelnuovo Cilento, meraviglioso borgo nel cuore del Parco. Bellissimo il Castello Macchiaroli o dei Sanseverino a Teggiano. E poi Rocca Cilento, con il suo Castello costruito all’epoca del Gastaldato longobardo e rimaneggiato dai Normanni e in epoche successive. Molto bello il Maschio reale normanno di Camerota: sopra la rupe dell’Armu (che in greco bizantino vuol dire appunto rupe), si erge questa possente roccaforte segno del mandato reale a Florio di Camerota, giudice reale, vassallo diretto del re normanno, figura molto in vista alla corte normanna: è lui, insieme con due vescovi, ad essere mandato in Inghilterra a chiedere la mano della sorella di Riccardo Cuor di Leone per il re… Florio, nato a Camerota, faccia laica di un Regno del Sud che nel Nord Europa desta curiosità estrema. Grazie a Florio, è attestato che fino all’Ottocento, in Inghilterra, si riporta Camerota come paese di persone dai modi educati e cortesi: l’ambasciatore normanno del Cilento aveva fatto una buona impressione.

Ovviamente da vedere i ruderi del Castello di Capaccio, che vide la Congiura. Caggiano, il cui Castello pressoché inespugnabile è stato eretto da Guglielmo di Caggiano, della famiglia di Roberto il Guiscardo, intorno al 1092. E il Palazzo Ducale di Aquara, distrutto da Federico II durante la Congiura di Capaccio e poi ricostruito, nel 1251.

…E tanto, tanto altro. È difficile essere esaustivi, quando il racconto non si esaurisce, non si può esaurire, in un solo post… E dietro l’angolo, ci sono già Angioini e Aragonesi: la Storia continua.

Portali del Cilento (fotografia di Gisella Forte)
Portali del Cilento (fotografia di Gisella Forte)

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

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