Gli Scauratielli e il filo rosso tra Greci, Sol Invictus e Natale.

 

Scauratielli cilentani guarniti alla greca (con miele e rosmarino)
Scauratielli cilentani guarniti alla greca (con miele e rosmarino)

Tra i dolci di Natale per eccellenza, nel Cilento, oltre agli struffoli (di cui parla un precedente post) occupano un posto d’onore gli Scauratielli, chiamati anche Zeppole di Natale.

In linea con la tradizione cilentana, gli ingredienti con cui vengono preparati sono pochi e semplici: farina di grano, olio d’oliva, vino, bucce d’arancia, di mandarino e di limone e, a guarnizione, il miele.

Impastati gli ingredienti, si ricavano dei cordoncini cilindrici cui si dà una forma specifica – che vedremo tra qualche rigo – prima di friggerli, e poi addolcirli con il miele.

Questa delizia del palato, semplice e buona, è un retaggio di una gastronomia antichissima, rimasta intatta nonostante i secoli e le dominazioni. Dolcetto simbolo, come un piccolo fil rouge lo scauratiello mantiene fermo il legame che il Cilento conserva con le sue ancestrali radici.

Anche il periodo dell’anno in cui si consumano – appunto, il Natale – ha un significato lontano. Come spesso accade nel Cilento, non c’è tradizione che non abbia una storia profonda, atavica, bellissima e capace di cucire epoche differenti e sponde del Mediterraneo, Mare Nostrum eterna origine di questo territorio.

In epoca magno – greca, infatti, i coloni greci, soprattutto i Sibariti che avevano fondato Paestum, preparavano quest’impasto per la notte più lunga dell’anno: la notte del Solstizio d’inverno.

Il significato simbolico che veniva attribuito a questa data è fortissimo per moltissime civiltà antiche: era durante la notte più lunga che bisognava infatti vincere le tenebre, e tornare alla luce e al Sole.

Durante il solstizio d’inverno si celebrava quindi il ritorno alla luce che ha il sopravvento sulla notte, e la riapertura di un nuovo tempo ciclico da cui tutto riprende un nuovo inizio.

Gli antichi Greci associavano perciò a questo momento così importante una serie di offerte agli dei, compresa l’offerta di cibi propiziatori: tra questi, ecco comparire dolcetti al miele, diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo e tutti originari proprio della Grecia. Nel Museo Nazionale di Paestum sono chiaramente visibili dei piccoli vasetti usati per contenere gli Stokolos, piccoli dolcetti di sfarinati coperti di miele.

La forma specifica degli scauratielli cui si accenna qualche rigo più su deriva dall’occasione per cui si preparavano; essendo il solstizio il simbolo della ciclicità del tempo, della fine e del nuovo inizio, i cordoncini cilindrici con cui si preparano gli scauratielli hanno la forma delle due lettere greche che indicano l’inizio e la fine: sono cioè intrecciati in forma di Alfa e Omega.

In epoca romana, rimane il tema della luce e la celebrazione del solstizio d’inverno è dedicata al Sole. Già dai tempi della fondazione di Roma esisteva sul suolo latino il culto al Sol Indiges, istituito dal leggendario re sabino Tito Tazio e adorato, insieme alla Luna, in un tempio nel Circo Massimo.

La popolarità di questa divinità aumentò nel periodo finale della Repubblica, quindi in seguito il Sole finì per divenire la divinità protettrice degli imperatori romani. Al Sole fu innalzata da Vespasiano una statua gigantesca, la sua immagine apparve nelle monete dell’epoca di Traiano e Adriano, mentre al tempo di Commodo l’appellativo Invictus fu titolo associato agli imperatori, e sul modello dei titoli imperiali fu dato nome Deus Sol Invictus al culto dedicato all’astro della luce.

Nel I secolo d. C. il simbolo del Sole accompagnava il nome del dio Mitra, divinità di origine iraniana le cui radici affondano approssimativamente nel 1400 a. C..

Questo processo sincretistico appare abbastanza logico, poiché il Mitra iranico veniva da sempre associato al cielo, alla luce e al calore e, di conseguenza, anche alla crescita e alla fertilità. Il culto di Mitra, dio guerriero emblema della luce dispensatrice di vita, diffusosi dalla Persia a tutta l’Asia Minore e Mesopotamia (attuali Iran, Turchia e Iraq) a seguito delle conquiste persiane dove entrò in formazione sincretistica con il dio solare babilonese Shamash, aveva cominciato a diffondersi a Roma proprio nel I secolo d. C., soprattutto come culto guerresco praticato dai legionari, sotto forma di misteri. Il citato imperatore Commodo vi si fece iniziare e altri imperatori successivi, fino a Giuliano l’Apostata, contribuirono al suo prestigio. Il mitraismo penetrò così, benché non nella sua stretta forma di misteri, anche nella religione pubblica, dove venne identificandosi con il culto del Sole.

Nel 274, l’imperatore Aureliano cercò di imporre il culto del Sol Invictus a Roma come culto di stato, edificò un santuario circolare a questa divinità chiamato Tempio del Sole nel Campus Agrippae (attuale Piazza San Silvestro, dove sulle rovine del Tempio fu edificata nell’VIII secolo la chiesa di San Silvestro in Capite), e soprattutto proclamò le festività legate al culto del Sole.

Stabilì infatti che il primo giorno della settimana fosse dedicato al Dio del Sole, e lo chiamò Dies Solis, ossia Giorno del Sole: questa denominazione è ancora usata nelle lingue del Nord Europa, ad esempio nell’inglese e nel tedesco, dove “domenica” è tradotta come Sunday e Sonntag, letteralmente composte (sun-day e sonn-tag) come l’equivalente latino giorno del sole.

Stabilì poi il giorno in cui si sarebbe celebrata la festività del Dies Natalis Solis Invicti, il Giorno di Nascita del Sole Invincibile: questa data veniva subito dopo l’importantissimo ciclo di festività dei Saturnalia, ed è la data del 25 dicembre.

È quindi evidente che antichissimi culti e religioni come la celebrazione del solstizio invernale, il mitraismo e il culto del Sol Invictus abbiano avuto un ruolo ineludibile nell’istituzione e nello sviluppo del Natale.

L’apologeta Epifanio di Salamina, santo e Padre della Chiesa, riporta notizie della festa che i pagani celebravano in questa data, dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, quando in tutto l’Oriente antico, specie in Siria e in Egitto, si celebrava l’annuncio della nascita del Sole da una Vergine.

Nel Vangelo di Matteo si narra che dei ‘Magi d’Oriente’, guidati da una stella, giunsero a Betlemme per onorarvi Gesù Bambino, portandogli in dono oro, incenso e mirra: i Magi erano appunto sacerdoti dell’antica religione iranica, che secondo autori greci e latini avevano funzioni particolari di esorcisti, indovini, fattucchieri (onde il termine magia).

Mitra è ancora il nome del paramento liturgico che nelle funzioni solenni copre il capo del papa, dei cardinali, dei vescovi, in uso sia nella Chiesa di rito latino che in quella di rito orientale.

Negli scritti patristici del tempo, vi sono molte analogie tra il Sole e Cristo, ispirate direttamente dal Cantico di Zaccaria nel Vangelo di Luca, che descrive la missione di Giovanni Battista come una preparazione alla venuta del Signore, descritto come “un sole che sorge dall’alto” e “luce per illuminare le nazioni”.

Ancora oggi, uno dei canti di Natale più conosciuti nel mondo, scritto in Austria da Franz Xaver Gruber e Joseph Mohr, è Stille Nacht. La versione in inglese traduce letteralmente questo titolo – è nota infatti come Silent night – , mentre la traduzione in italiano è una riedizione adattata alla nostra cultura realizzata dal sacerdote Angelo Meli, in cui fortissimo è il rimando al Sole e alla luce: si intitola infatti Astro del Ciel, e recita nel ritornello “Luce dona alle menti”. Auspicio dove la luce è, ancora una volta, simbolo di conoscenza e di giustizia, esattamente come per le culture antiche.
Il Natale costituisce perciò l’esempio probabilmente più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal Cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato.

E allora… se le feste pagane hanno assunto un nuovo significato diventando la festa cristiana per eccellenza, anche i nostri scauratielli faranno lo stesso.

Come illustra magnificamente il professor Raffaele Riccio nel suo libro “La cucina del Cilento” (citato anche in un precedente post), nel tardo Impero e in epoca bizantina gli anacoreti e gli asceti orientali di stanza nel Cilento a seguito della guerra greco – gotica, si nutrivano di farinate povere, derivate dalla molitura di castagne e cereali e chiamate, nei dialetti orientali, zippulae.

Le antiche icone greche, arrivate nel Cilento insieme ai monaci basiliani in fuga dall’Oriente, riportavano accanto al volto di Gesù le lettere che Cristo pronuncia nell’Apocalisse: “Io sono l’Alfa e l’Omega, colui che è, che era, che viene, Io sono il principio e la fine, l’Onnipotente”.

Le zippulae dei nostri monaci greco – bizantini, addolcite con il miele, conservavano quindi l’intreccio a forma di Alfa e Omega esattamente come gli sfarinati al miele dell’antica Magna Graecia… esattamente come oggi.

La storia fa sempre dei larghissimi giri … e poi ritorna. Anche quando si fonde con la gastronomia.

Buon appetito e buon Natale!

Mitra al centro e il Sol Invictus in alto a sinistra, Musei Vaticani
Mitra al centro e il Sol Invictus in alto a sinistra, Musei Vaticani

Pubblicato da cilentofortravellers

Dietro questo blog si nasconde la penna di Gisella Forte, scrittrice freelance, blogger per passione, "viaggiatrice d'occidente" con casa, amici e piante su varie sponde del Mediterraneo, cilentana doc innamorata ovunque delle sue radici e dei tramonti sul suo mare. Parlare di Cilento è atto dettato dalla volontà di divulgare, far conoscere, far fruire un territorio bellissimo e ancora quasi "sconosciuto".

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