Chiudere il ristorante in riviera romagnola e riaprirlo a Tenerife: il racconto

Quella che vi raccontiamo di seguito è la storia di un connazionale che nel 2017 ha svenduto il proprio locale commerciale in riviera romagnola per trasferirsi e aprire nel sud di Tenerife. Non volendo esporsi nel rilasciare un’intervista, riportiamo la testimonianza in forma anonima, raccontando le vicende in modo completo ma senza rendere identificabili locali e persone.

Guadagno in calo anno dopo anno

Paolo – nome di fantasia – gestiva una tavola calda con vendita anche di cibo pronto da asporto in una rinomata località turistica della riviera romagnola. Un’attività che avevano aperto i suoi genitori negli anni 80′, inizialmente come negozio di alimentari, riconvertito negli anni ’90 in ristorante e rosticceria take away. Un locale che inizialmente andava molto bene, tanto che aveva permesso ai suoi genitori di comprare nel giro di una decina d’anni due appartamenti, oltre a mantenere una famiglia con tre figli e non fargli mancare niente.

Anno dopo anno però, dal duemila in poi, le cose sono peggiorate costantemente. E se inizialmente la riduzione dei guadagni consentiva comunque di vivere decentemente, negli ultimi anni prima di arrivare alla decisione di vendere la situazione era diventata complicata. “Nel 1999 avevamo un fatturato annuo vicino al mezzo miliardo di vecchie lire, con un utile netto di poco meno di 100 milioni. Nel 2015 invece il fatturato è stato di 230mila euro, ma una volta tolte le spese e pagati i dipendenti l’utile è stato di 27mila euro, che rappresentavano lo stipendio mio e di mia moglie”.

Paolo e la moglie prima di maturare la decisione di trasferirsi a Tenerife avevano addirittura ipotizzato di vendere il locale e cercare lavoro come dipendenti. “Mandare avanti un locale è molto impegnativo. Io e mia moglie nei mesi estivi lavoravamo 14 ore al giorno sei giorni su sette, e quando arrivi in fondo e dedichi la vita ad un’attività per ricavarne meno di mille euro al mese viene voglia di mandare tutti a quel paese”. Le cause della crisi? “Negli anni tasse e spese sono aumentate costantemente, mentre il turismo è calato, così come è diminuita la spesa pro capite dei turisti. In un contesto come questo ci si aspetterebbe una riduzione della concorrenza, che invece è fortemente aumentata. Ormai anche i supermercati vendono pizza e cibi da asporto, e molti turisti si rivolgono a loro per mangiare.

La decisione di trasferirsi a Tenerife

Siamo stati in vacanza due settimane sull’isola nel periodo invernale, e da quel momento ci è entrato il tarlo nella testa di trasferirci. Inizialmente come “sogno” e poi in forma concreta. Abbiamo dunque posto in vendita l’attività, ma a parte qualche timido interessamento non trovavamo un acquirente, almeno al valore stimato per il negozio. Per vendere abbiamo abbassato le pretese di quasi 50mila euro, abbiamo svenduto. Eravamo già a maggio e se non vendevamo avremmo dovuto affrontare un’altra stagione turistica e almeno un altro anno visto che vendere quando inizia l’inverno una attività stagionale è quasi impossibile.

Il trasferimento a Tenerife

Una volta formalizzata la vendita non abbiamo perso tempo. Dopo un mese abbiamo fatto il biglietto Bologna – Tenerife sud e siamo arrivati. Abbiamo trascorso l’estate conoscendo l’isola ed entrando in contatto con diverse agenzie d’affari. Delle attività che ci furono proposte non ci convinceva nessuna, dunque alla fine affittammo un locale vuoto e lo abbiamo allestito, spendendo oltre 50mila euro tra cucina, frigoriferi, allestimento della sala e tutto il necessario.

Fare ristorazione a Tenerife

Abbiamo aperto quando iniziava la stagione invernale, ma inizialmente le cose non andavano come speravamo. Ci abbiamo messo un anno e vari aggiustamenti al menù e al locale per iniziare a guadagnare. Ora che siamo aperti da un paio d’anni le cose iniziano ad andare bene. Abbiamo il nostro giro di clienti e stiamo migliorando di mese in mese. Qui le tasse sono basse rispetto all’Italia e questo aiuta enormemente. In Italia hai l’impressione di lavorare per lo stato e per rincorrere le scadenze, qua lavori per te, c’è una differenza enorme, a livello economico ma anche di mentalità e serenità. Si lavora tutto l’anno, certo in alta stagione di più, ma in riviera nel periodo invernale sei praticamente fermo, e nel periodo da giugno a ottobre devi fare l’incasso per tutto l’anno.

“Avremmo dovuto farlo prima”

E’ facile parlare a posteriori, ma penso che avremmo dovuto deciderci prima, anziché tirare a campare in Italia tra mille preoccupazioni. Quando vedi l’attività che declina anno dopo anno, oberata dalle tasse, stritolata dalla concorrenza dei supermercati e bastonata dal calo di presenze vivi male, capisci che non hai futuro, ti pervade l’ansia. Non vivi tranquillo. Anche qui inizialmente abbiamo vissuto mesi di apprensione, quando con gli incassi riuscivamo a fatica a coprire le spese. La paura di avere fatto un buco nell’acqua c’era. Poi con impegno e dedizione e sopratutto il tempo per farci conoscere e crearci un giro di clienti abbiamo trovato la nostra stabilità.

Domanda: in futuro pensi di tornare a vivere in Italia?

Non mi sono mai posto la questione fino a oggi, ma mi viene da dirti di no. Ci siamo ambientati bene, abbiamo la nostra attività e comprato casa. Non posso dire che non mi manca Riccione però non al punto da pensare di tornare. In Italia gestire un’attività è diventato un calvario, e anche trovare un buon impiego dipendente non è facile. La vita qui è migliore sotto molti aspetti.