Se tutti gli italiani che vivono all’estero sembrano felici e realizzati…

Ho guardato con interesse il mini-documentario “il lato oscuro dei social network” che analizza i risvolti psicologi derivanti dall’uso dei social, in particolare quando si esagera, passando molte ore della giornata ‘connessi’.

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Quasi tutti gli utenti mettono in evidenza solo gli aspetti positivi della loro esistenza, per conferire – in modo più o meno “volontario” – al prossimo un’immagine “vincente” di se stessi e della propria vita. Una dinamica che riguarda moltissime persone, e che possiamo considerare “normale”, dopotutto anche nella “vita reale” assumiamo lo stesso atteggiamento. Non si tratta, salvo rari casi, di “esibizionismo”, ma della tendenza ad evidenziare quanto c’è di positivo e di bello nella propria vita, tralasciando difficoltà e problemi.

Vengono pubblicate le foto dei momenti di svago: cene, gite fuori porta, serate con gli amici, nei locali o altro, ed il risultato è che assistiamo ad un mondo “patinato” quanto irreale, dove tutti sembrano felici e contenti, dove le persone appaiono più per “quello che vorrebbero essere”, che per quello che sono. Quasi nessuno parla dei problemi che affronta. A nessuno verrebbe mai in mente di scrivere su Facebook di avere una situazione debitoria che lo sta portando al collasso. E questo “martellamento” di (falsa) felicità altrui, può portare alcune persone, magari predisposte, a convincersi che la vita degli altri sia migliore della propria. 

La parodia di Federico Clapis che vi propongo di seguito, evidenzia quanto certe “selfie” possano costruire un’immagine artificiale, che non corrisponde alla realtà. Una proiezione. Ma chi assiste, sarà portato a pensare di trovarsi dinnanzi ad una coppia molto felice.

Questo fenomeno ovviamente riguarda anche gli expat. Anzi, tra chi espatria è persino più accentuato, perché il soggetto ci tiene a “far sapere” quanto la sua scelta sia stata giusta e vincente, e come si sia ben integrato nella nuova realtà e viva meglio rispetto a prima. Anche quando le cose non sono esattamente “tutto rosa e fiori” come vogliono far sembrare

Mosso dalla curiosità, ho passato a rassegna i profili Facebook di alcuni expat che conosco personalmente, notando in modo evidente quanto l’immagine proiettata dai loro profili social sia differente – o meglio, conferisca un’immagine differente – della loro vita, rispetto al “reale”.

Persone che lavorano 10 ore al giorno per 6 giorni su 7, sottopagate, che hanno accettato di lavorare 15-20 ore alla settimana in più rispetto a quanto stabilito da contratto, senza percepire il compenso per gli straordinari, “perché è sempre meglio di niente, in attesa di trovare qualcosa di meglio“, conferiscono sui social un’immagine dove traspaiono solo gli aspetti positivi, della vita da expat. E chi inizia a bazzicare gruppi dedicati agli expat, è portato a farsi l’idea che tutti coloro che espatriano abbiano “svoltato”, e vivano felici e contenti. In realtà spesso le cose non stanno affatto così, come ha dimostrato il servizio del Corriere sui migranti italiani in Australia. La terra dei canguri viene idealizzata da molti come “paradiso terrestre”, dove è facile trovare un lavoro ben retribuito. Salvo poi finire nei campi per 11 ore al giorno con un magro salario. Così come a Tenerife c’è chi si rivolge ai compro oro per fare il biglietto di ritorno, dopo aver esaurito i soldi e le speranze di trovare un lavoro.

Diario di Tenerife