Ed ecco intanto scoprirsi da trenta o quaranta mulini da vento, che si trovavano in quella campagna; e tostochè don Chisciotte li vide, disse al suo scudiere: “La fortuna va guidando le cose nostre meglio che noi non oseremmo desiderare. Vedi là, amico Sancio, come si vengono manifestando trenta, o poco più smisurati giganti? Io penso di azzuffarmi con essi.
Miguel de Cervantes “Don Chisiotte”
I mulini del Gabbro non erano certo mulini a vento, ma non si può scrivere un articolo sui mulini e non usare come citazione la più celebre e nobile frase di Cervantes.
Una cosa è certa, la pala dei mulini del Gabbro doveva essere immensa.
Stavamo rientrando dopo aver visitato la bellissima Villa Mirabella. Il sole era ancora alto e le nuvole di pioggia si erano allontanate, lasciando un pomeriggio freddo e zebrato con strisce di sole alternate a sctrisce di nuvole. Era decisamente troppo presto per chiudere la giornata di esplorazioni andando a cena. Chiacchierando sui luoghi possibili da visitare nei dintorni, prendemmo in mano il gioco del Geocaching.
Poco lontano, in una passeggiata rapida e senza grandi difficoltà, una cache nascosta in un luogo nel bosco.
Nonostante la giornata di pioggia, conitnuum di alcuni giorni simili, si era ben lontani da pareggiare i conti con l’arida estate e il terribile autunno secco che avevamo da poco superato. Il fiume era decisamente povero d’acqua per essere una giornata di fine gennaio. Pigro e dimenticato, sembrava essersi accordato con le rovine per aver abbandonato la voglia di vivere.
Abituati ai mulini di Candalla l’ambiente del Gabbro è decisamente diverso.
La località ha un nome decisamente Tolkiniano ” Bucafonda”. Sicuramente il nome deriva dal salto di circa dieci metri che fa il fiume Sanguigna. Un ansa a destra e poi giù per dieci lunghi metri. Uno spettacolo a vedersi.
Un po’ di storia
La costruzione dovrebbe risalire al 1619. Nei registri fiscali si legge:
“appiè di Capofico, un botrello che ancora oggi sfocia in sinistra idraulica del Sanguigna presso Bucafondasfocia”
Dagli studi del © GAPL Gruppo Archeologico Paleontologico Livornese dal volume ANTICHI MULINI DEL TERRITORIO LIVORNESE a cura di Roberto Branchetti – Mario Taddei Pubblicazione Comune di Livorno 2006 si recuperano tutte le condizioni storiche dei mulini
L’edificio principale era internamente suddiviso in tre locali comunicanti, due dei quali su un solo livello, mentre il terzo su tre livelli (fig. 111). Ogni vano svolgeva una funzione specifica: il primo era occupato dalla macina mossa dalla ritrecine e vi si accedeva dall’esterno tramite la porta principale, posta al centro della parete minore dell’edificio; questo ambiente era illuminato da un’ampia finestra. Un grande arco a doppia fila di mattoni, ancora ben conservato, immetteva nel secondo vano, più stretto del precedente, dove c’era un piccolo camino. Anche questa stanza, di comodo per il mugnaio, era illuminata con una finestra, L’arco che separava il terzo vano è crollato all’altezza delle reni ed era identico al precedente. In quest’ultimo locale si distinguevano tre ambienti su livelli diversi, ognuno illuminato da una finestra. Quello inferiore era posto a circa 1,5 m. più in basso rispetto al pavimento dei vani adiacenti e vi si trovavano l’asse della ruota verticale e gli ingranaggi che trasmettevano il moto alle due macine poste al piano superiore. Attualmente vi si rinvengono dei basamenti in cemento armato — quasi certamente realizzati in occasione degli ultimi lavori di ammodernamento dell’impianto (1922) — necessari al sostegno degli ingranaggi. Il solaio, costituito da una volta a crociera ribassata in mattoni, presenta gravi problemi statici con pericolo di crollo. Al piano del secondo livello si trovavano le macine; questo è rialzato di circa un metro rispetto al pavimento dei locali adiacenti. L’ambiente del terzo livello era sorretto da un solaio ligneo ormai scomparso, probabilmente destinato a dormitorio o a magazzino. Il carcerario, ubicato sotto il primo comparto, è riempito da un notevole strato di detrito. Una porta, con una finestrella sopra l’architrave, è posta sul piano del secondo livello e si affaccia verso il muro di contenimento (a scarpa) della gora, dove è ricavata la scala che conduceva al comando della serranda di regolazione. Tramite questo comando si controllava il flusso dell’acqua e quindi la velocità di rotazione della ruota idraulica. Della serranda rimangono, nella doccia, all’uscita dalla gora, le modifiche apportate per la sua installazione ed alcune parti metalliche. L’edificio, esternamente ed internamente, presenta ancora parte dell’intonaco e della tinteggiatura (bianca con decori rosa e celesti). Sulla facciata che guardava la ruota, si rinviene una scritta con vernice nera dove è riportata la data: 1922. Un’altra iscrizione, incisa sulla parete di fondo del carcerario, riporta la data: “20 settembre 1922”. La gora, di notevoli dimensioni, presenta una forma poligonale allungata ed è addossata all’edificio del mulino con una possente struttura murata a scarpa; essa si collegava direttamente alla serra. Il mulinetto di “ripresa”, costituito da un modesto edificio di forma rettangolare, si componeva di due vani sovrapposti. Del piano delle macine rimangono solo i muri perimetrali dove, addossata ad una parete, si rinviene una “soprana” in gabbro. Il carcerario, che ospitava una sola ritrecine, si presenta ben conservato anche se ricolmo di detrito, così come il piccolo bottaccio posto superiormente. il facile accesso all’area inducono a prendere in considerazione la possibilità di un loro recupero .
Vi sono anche altri due mulini, il “mulino di Cima” e il “mulino di mezzo”.
Tutti insieme formavano quella che era conosciuta come la via dei mulini della Sanguigna.
Nel tratto compreso tra le sorgenti e l’abitato del Gabbro, il botro scende con forte pendenza (in 2 Km si registra una caduta di circa 200 m) sulle rocce verdi della formazione ofiolitica (gabbri e serpentiniti), dando origine a numerosi salti di cascata, alcuni dei quali furono sfruttati in passato per muovere ruote idrauliche. Il corso d’acqua, superata la località di Bucafonda, degrada dolcemente fino al mulino di Pane e Vino, dove scorre su formazioni mioceniche (Sabbie e conglomerati del Rio Sanguigna) e plioceniche (Argille azzurre), prosegue poi nel fondovalle sui terreni alluvionali depositati dal botro stesso. ( GAPL Gruppo Archeologico Paleontologico Livornese )
Ulivo secolare e cippo
Nel giro studiato proprio dal gruppo Archeologico, c’è una piccola deviazione, che merita assolutamente essere fatta e che porta ad un ulivo secolare e a un cippo. Il cippo segna il confine tra Rosignano e Collesalvetti.
Villa Mirabella
Di villa Mirabella abbiamo ampiamente parlato, anzi gli abbiamo dedicato un articolo tutto suo : Villa Mirabella, da villa signorile a lazzaretto.
E’ impossibile pertanto descrivere la villa in poche parole. Diciamo che è uno dei posti che meritano di essere esplorati e se siete degli amanti dell’ Urbex e della fotografia di luoghi abbandonati, Villa Mirabella, con i suoi affreschi ancora ben conservati, è sicuramente un luogo degno di una visita.
E’ in pessime condizioni e la via per arrivarvi, sta scomparendo con il tempo e con la proprietà privata.
La storia della villa non è complicata. Fatta costruire nel 1761 da un ricco mercante francese trapiantato a Livorno conosciuto con il nome italianizzato Finocchietti, è passata negli anni nelle mani di altri ricchi per poi finire come dono al comune. Negli anni le varie amministrazioni hanno tentato varie vie per far tornare ai vecchi splendori la villa, per ora senza successo. Unico tratto interessante della storia è che alla fine delle prima guerra mondiale, durante l’epidemia di spagnola, Villa Mirabella diventò un lazzaretto.
Mappa e itinerario
L’itinerario che vi proponiamo è quello completo per poter visitare tutti e tre questi luoghi interessanti.
Il tempo è circa di un paio d’ore.
E’ un percorso abbastanza facile, che non presenta grandi difficoltà, tranne l’atttraversamento in un punto del fiume. Noi abbiamo trovato l’acqua molto bassa e non ha creato nessuna difficoltà.
La mappa che abbiamo seguito è proprio quella fatta per Wikiloc dal GAPL Gruppo Archeologico Paleontologico Livornese.
La lunghezza totale del percorso sono 4,5 km e il dislivello massimo è di 180 metri.
La cache
E’ una cache facile, non vi voglio svelare niente altrimenti che caccia al tesoro è? però vi metto il link, così potete cercarla :
Mulino di Bucafonda
Galleria
Consiglio dell’esploratore
Tre luoghi diversi
tre storie diverse
tre tesori diversi
un’unica caccia al tesoro che li acomuna tutti