Ricorreva col pensiero all’agosto, alla vernaccia, al disordine; avrebbe voluto poter dar loro tutta la colpa; ma a queste idee si sostituiva sempre da sé quella che allora era associata con tutte, ch’entrava, per dir così, da tutti i sensi, che s’era ficcata in tutti i discorsi dello stravizio, giacché era ancor più facile prenderla in ischerzo, che passarla sotto silenzio: la peste ( I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni )
Siamo partiti con tutta la comitiva all’avventura, quando ad un tratto ci troviamo davanti un vecchio rudere. Vedo Das entrare e uscire dalle stanze diroccate, e poi scavare sotto una vecchia vasca di marmo. Mi chiedo cosa vi sia di tanto interessante.
Mi avvicino e lì lo trovo. Un vecchio manoscritto, mangiato dal tempo e dalla pioggia. Poche sono le parti ancora leggibili, ma quello che c’è scritto è una storia che non può rimanere nascosta, ma va raccontata. Questo è il manoscritto che abbiamo trovato.
Guardare la morte è come guardare una scacchiera. Ad un certo punto un pezzo viene mangiato e scompare, lasciando uno spazio libero che presto verrà occupato da un’altra pedina. Guardando le anime che ho intorno mi sento esattamente così, in attesa di prendere il posto di un altro, pronto a lasciarlo quando sarà il momento. La malattia si sta diffondendo in tutto il mio corpo. Inizialmente aveva preso solamente una mano. Credevo se ne sarebbe andata, ma ogni mattina mi sveglio e lei è ancora lì. Negli ultimi mesi, l’ho vista crescere, diventare parte di me, nutrirsi del mio corpo.
Quando ho deciso di partire, non speravo in un vero rimedio, ma si racconta che queste acque diano sollievo e allevino i dolori della carne.
Sono arrivato seguendo i fumacchi. Qua la terra brucia. Forse è a contatto direttamente con l’inferno e forse solo l’inferno può scongiurare una tale pestilenza.
La chiamano maledizione di Dio, mi chiedo cosa ti abbia mai fatto Dio per meritare di dare in pasto le mie orecchie e le mie dita a un morbo così crudele come la lebbra!
Arrivato in queste terre ho scoperto che il rimedio miracoloso non è certo a buon mercato. La terra non ospita volentieri i malati con pochi soldi, ma mi hanno parlato di un posto. Poco fuori dalla città, sul poggio di Spartacciano, vi è un gruppo di monaci celestini che prende in cura anche persone senza denari. Il posto non è molto grande, in molti chiedono di entrare, ma i monaci possono ospitare poche persone, quindi oggi andrò a cercare la mia sorte e aspetterò in fila, cercando la vita sulla morte di qualcuno. Lo trovo disgustoso, ma in questo momento è l’unica speranza che ho.
Ho aspettato per giorni, ho visto l’estate scorrere e passare e ora che si avvicina l’autunno sento l’aria settembrina mordermi la carne. Mi hanno detto che si è liberato un posto, ma visto che le mie condizioni non sono gravi, dovrò darmi da fare e aiutare i monaci. Pensavo che sarebbe stata la morte a farmi posto, invece a quanto pare queste acque sono veramente miracolose perchè la donna che se ne è andata è andata via sulle sue gambe e in perfetta salute. Non so come, ma lei sembra aver vinto sul morbo, se c’è una speranza voglio crederci, se ci riesce anche solo una persona vuol dire che c’è speranza. Farò il possibile, lavorerò giorno e notte se necessario, ma troverò il modo per sconfiggere questa maledizione.
Oramai è una settimana che vivo insieme ai monaci e ancora non mi è stato concesso di fare il bagno nelle acque miracolose. Continuano a ripetermi che devo aspettare e che ogni cosa deve avvenire nel giusto tempo.
E’ successa una cosa quantomai insolita. Dopo il pasto serale mi sono coricato nei mie alloggi e mi sono addormentato velocemente. Da quando dormo all’eremo, riesco finalmente a dormire sogni tranquilli, sarà l’atmosfera di questo posto o forse la speranza. Questa sera non è stata differente dalle altre, mi sono addormentato, ma ho iniziato a sognare. Sogni vividissimi, dai colori reali ed è lì che l’ho sentita. Un suono di campane, un canto lontano e lei era lì. La maledizione, il morbo maledetto era in piedi davanti alla campana dell’eremo e i monaci in ginocchio pregavano con un canto lamentoso e sembrava che proprio le loro parole e il loro canto muovessero il batacchio e facessero rintoccare la campana e ad ogni rintocco il morbo indietreggiava, si allontanava spaventato. Avrei giurato fosse reale, ma forse è solo la mia voglia di guarire che crea sogni reali per poter alimentare la speranza.
La fila davanti alla porta del monastero è sempre più lunga e i monaci non sanno più come fare. Ospitano molte più persone di quante potrebbero, però solo pochi possono andare a fare il bagno nelle acque miracolose. Li vedo ogni giorno sempre più stanchi. Spesso faccio il solito sogno, il morbo, la campana e le preghiere si fondono in memorie lontane.
Questa volta non può essere stato un sogno. Ne sono sicuro, anche perché la campana non c’è più. Ho fatto il solito sogno di sempre, ma questa volta il morbo era più forte e si è scagliato contro la campana e l’ha scagliata lontano, giù per il poggio. Al mattino mi sono svegliato e la campana non c’era più. Ho parlato con il padre superiore e lui è rimasto molto turbato dal mio sogno, non mi ha voluto spiegare, ma mi ha detto che se volevo guarire l’unica speranza che avevo per me e per gli altri era ritrovare la campana.
Finalmente l’ho trovata! Cerco questa benedetta campana da giorni, il morbo mi impedisce di camminare agevolmente, le dita dei piedi se ne sono andate, ma questa mattina quando mi sono fermato nel fiume per pulire i moncherini che oramai mi rimangono ho sentito un rumore come di una cascata. Conosco oramai questo fiume e cascate non ve ne sono mai state, ho risalito il corso fino ad arrivare ad un pozzo profondissimo. Non avevo mai visto questa strana piscina, avevo voglia di fare un bagno e ho deciso di guardare quanto era profondo il pozzo. L’acqua era fresca, limpida e piacevole. Mi sono immerso, entrando nell’ovatta dell’acqua, lasciando i rumori all’esterno, come a volermi dimenticare di loro e è lì che l’ho sentita, la campana.
Rintocchi lontani e ovattati dall’acqua, ma era lei. Sono corso al monastero e con i vestiti bagnati e la poca aria nei polmoni ho raccontato ai monaci che l’avevo ritrovata. Siamo tornati tutti insieme al pozzo e uno alla volta i monaci si sono gettati nell’acqua, ma era impossibile recuperarla, troppo profonda e troppo lontana. Tutti avevano una teoria su come fare a tirarla fuori dall’acqua, ma il padre superiore ha zittito tutti, dicendo che la preghiera della sera avrebbe portato consiglio e rivolgendosi a me mi ha invitato a prendere parte quella sera alla preghiera. Non vedo come una preghiera possa aiutare in una situazione del genere, ma andrò.
Raccontare quello che è successo quella notte e le notte successive non mi sarà facile, ma voglio lasciarne una traccia, voglio che si sappia la verità, voglio che la storia di questi monaci venga raccontata.
Mi sono recato all’appuntamento con la preghiera come avevo promesso e mi sono seduto su un panca in ginocchio. La cantilena della preghiera era ipnotica e ad un certo punto ho sentito anche la mia voce fondersi con le altre pur non conoscendo le parole. Non so come sia accaduto, ma ad un tratto sentivo nuovamente i miei arti, li sentivo forti come non erano mai stati e è stato allora che mi sono accorto che ero una formica e che accanto a me anche gli altri monaci erano diventati delle formiche. Guidati dal padre superiore ci siamo diretti al pozzo della campana e ci siamo buttati. Eravamo in grado di trasportare più del nostro peso e così è stato, tutti insieme siamo arrivati alla campana e con uno sforzo incredibile l’abbiamo portata sulla sponda del fiume, finalmente fuori dall’acqua. Seguendo il padre superiore ci siamo allontanati e siamo tornati al monastero, mi sono svegliato nel mio letto confuso e senza capire se era stato un sogno oppure no. Volevo andare al fiume a vedere con i miei occhi, ma continuavo ad avere mille impegni, fintanto che non ho chiesto al padre superiore di poter andare al fiume a controllare. L’unica risposta che ho avuto è stata quella di un nuovo invito per la preghiera della sera, dicendomi che quello era il mio posto e lì era l’aiuto che avrei potuto dare. La sera è successa la stessa identica cosa, la preghiera è diventata ipnotica e uno ad uno ci siamo trasformati in formiche, ma questa volta avevamo anche le ali. Siamo arrivati al pozzo e la campana era lì, adagiata su un fianco. L’abbiamo presa con le nostre piccole zampette, mi sembrava impossibile che degli animali così piccoli potessero riuscire in un’impresa così grande, ma ci siamo riusciti. Siamo riusciti a prendere la campana e a farla volare con noi, sopra le terme, sopra il poggio e su, fino alla torre dell’eremo e quella notte la campana ha ripreso i suoi rintocchi.
Quel mattino del 30 settembre ero sfinito, non riuscivo a muovere le gambe, non riuscivo ad alzarmi dal letto. I monaci sono arrivati e mi hanno preso e portato in una stanzetta giù alle terme. Scorgevo le pareti blu del cielo e la piccola finestrella dalla quale entrava un raggio di sole. Ho sentito l’acqua calda sfiorarmi la pelle, lentamente mi hanno adagiato nella piccola piscina quadrata all’interno della piccola stanzetta, uno scalino alla volta li ho visti bagnarsi con me. Sentivo in lontananza i rintocchi della campana, come in un sogno lontano e sentivo il mio corpo allontanarsi dalla vita.
Avrei presto liberato il mio posto.
Ho sentito le mani forti dei monaci, lasciarmi leggermente andare e il mio volto è andato sott’acqua. Ricordo di aver pensato che sarei morto, ma che in fin dei conti era una dolce morte, almeno non avrei dato al morbo la soddisfazione di firmare lui la mia dipartita.
Mi sono svegliato una settimana dopo , o almeno così dicono i monaci. Sostengono che quello che ho visto è stato solo un sogno dettato dal morbo e dalla febbre alta. Sinceramente non ricordo molto, ma appena sveglio ho sentito i rintocchi della campana. Quando stupito ho chiesto come aveva fatto a tornare, mi hanno risposto che non era mai andata via. La buona notizia era che a breve me ne sarei potuto andare perché a quanto pare avevo vinto la malattia. Le mie dita non sarebbero ricresciute e nemmeno le mie orecchie, ma ero vivo e il morbo non si stava più nutrendo del mio corpo. Sono rimasto al monastero per una decina di giorni fino a quando non ho deciso che potevo lasciare il posto ad un altro, visto che oramai ero completamente guarito.
Allontanandomi dal monastero sono passato dalle terme, dove ho rivisto la piccola piscina dove mi avevano immerso oramai moribondo e poco più sotto sono passato dal fiume e lì l’ho visto, il pozzo della campana.
Non so cosa sia successo, ma ogni anno il 29 settembre faccio lo stesso sogno e cioè sogno di diventare una formica e andare a difendere la campana di San Michele dai mali del mondo, se questo è il pegno da pagare per aver avuto indietro la vita, è un pegno che pago volentieri.
Purtroppo ho saputo che il monastero è stato abbandonato e la campana è stata portata via, nel vicino paese di Pomarance. Ogni 29 settembre mi sembra di ritrovarmi insieme con uno sciame di formiche volanti intorno alla campana, mentre cerchiamo di riportarla al monastero. Non so se sia vero, non so quali poteri avesse quella campana, forse il morbo si è mangiato anche una parte del mio cervello, ma a me piace pensare che quel suono mi abbia fatto vedere il sentiero per tornare alla vita, mentre mi stavo perdendo per le vie della morte e proprio quel suono mi ha aiutato a trovare la strada.
L. Decibel P.
Nota
Il Formicaio, è un racconto apparso sulla Guida il 02/9/2015.
Nato come arricchimento all’itinerario sul Monastero e le Terme di San Michele alle formiche.Il racconto è ispirato a leggende che si tramandano sul monastero. Si dice che ogni anno, il 29 settembre, vienga invaso dalle formiche volanti, che vengono trovate morte il giorno successivo.
Anche il pozzo della campana è un luogo esistente.La leggenda non dice moltissimo, racconta di una campana nascosta sul fondo delle acque.
Per l’articolo completo con l’itinerario e le foto, potete guardare : “Le terme di San Michele alle Formiche”
Se volete potete scaricare il racconto in formato . Pdf “il Formicaio”