E soprattutto, guardate con occhi scintillanti
tutto il mondo intorno a voi,
perché i più grandi segreti sono sempre nascosti nei posti più improbabili.
Coloro che non credono nella magia
non potranno mai trovarla
( Roald Dahl )
Inutile spendere ulteriori parole sulla bellezza incommensurabile di Candalla.
Il verde che ti riempie gli occhi la rende una delle mie personali sette meraviglie.
Se non conosci Candalla, forse è il caso che prima di leggere questo articolo tu ti fermi un secondo a leggere : Candalla, il cuore verde dei monti del camaiorese
Purtroppo è diventata famosa e d’estate è molto trafficata.
Basta camminare un po’ di più. Allontanarsi un momento dalla folla del primo mulino. Percorrere la via che porta al mulino del custode e una volta avventurati attraverso le sue mura diroccate il silenzio del tempo che è passato ammanta di magia l’ambiente lasciando lontani gli schiamazzi dei turisti che si gettano tra le fredde acque del torrente lombricese.
Candalla non è un luogo “normale”, è oggettivamente un luogo magico.
Può un luogo essere oggettivamente magico? immagino di si, visto che sono fermamente convinta che candalla lo sia.
Cosa me lo fa dire è abbastanza facile. Forse non basta il verde o le innumerevoli varietà di fiori che cambiano da settimana in settimana. Se non è sufficiente l’atmosfera del mulino del custode. L’oggettività si può trovare nel fatto che candalla si svela quando e con chi si vuole svelare.
Esistono infatti alcuni luoghi nascosti che si rivelano solo in alcuni momenti e nemmeno a tutti.
Cammino per i sentieri di Candalla da tantissimi anni. Mi sono infilata insieme con Das, Furia Buia e Tempesta in tutti i pertugi, gli anfratti e i nascondigli che incontravamo. Ho raggiunto il fiume per sentieri dimenticati e alcuni ce li siamo inventati. Ho cercato le sue storie, quelle vere e quelle false.Poi un giorno, quando credevo di aver visto ogni angolo di quel paradiso, mi sono imbattuta in una nuova storia e in una nuova avventura : il mulino del folle.
Un giorno, rientrando dal giro che da Candalla porta a Casoli, ci siamo fermati al bar per un caffè e due chiacchiere e lì abbiamo raccolto una storia.
Quando entri in un bar di un paesino l’effetto è indicativamente sempre lo stesso.
Sei la straniera.
Se ci entri con due cani e uno zaino, vinci subito l’appellativo di straniera strana.
Se sei alta e bionda sei sicuramente tedesca e quindi va bene tutto. Nell’immaginario collettivo i tedeschi sono un popolo totalmente diverso da noi. Nella sagra dei luoghi comuni : tutti i tedeschi vanno in montagna. Ed eccola lì nella vostra mente dipinta l’immagine del tipico tedesco in pantaloncini di velluto anche se ci sono 40° all’ombra. Nel caso vi siate immaginati una donna, basta aggiungere i capelli biondi e le trecce.
Nel mio caso non essendo ne alta e nemmeno bionda, il dubbio che sia tedesca proprio non si pone.
Arrivo al bar seguita dagli sguardi di sottecchi dei giocatori di carte.
Il barista è intento in qualche cosa, i baristi sono sempre intenti a fare qualche cosa, che sia riordinare, tentare di far funzionare la vecchia televisione o strofinare un bicchiere già pulitissimo.
Mi parla senza guardarmi.
Lui a differenza degli altri gode della possibilità di rivolgermi la parola e di farmi delle domande.
Lo sa.
Quindi si gusta il momento.
Non mi accoglie subito.
Non mi guarda.
Continua con i suoi affari. Poi d’improvviso, senza guardarmi negli occhi, ma come se fosse tutto normale mi fa la prima domanda di rito : ” Mi dica.”
Non è quasi mai una vera e propria domanda, ma non importa, lui sa che appena gli chiederò qualche cosa, inizierà a scoprire la mia storia e una volta che mi sarò seduta o appoggiata al bancone, lui potrà farmi tutte le domande che vuole.
Prendo un caffè.
Vedo un lampo di delusione negli occhi del mio interlocutore che si aggira esperto tra polveri e tazzine.
Il caffè offre pochi spunti di dialogo.
Accosto al caffè la richiesta di un bicchiere d’acqua gassata, fresca.
Ed eccolo lì l’amo che stava aspettando.
Sento il brivido, ma non c’è fretta. Arriva il caffè. Viene seguito dal bicchiere ed ecco che il barista ha in mano la situazione e mi guarda negli occhi.
Versa quell’acqua come se mi stesse versando un doppio malto.
Con classe e professionalità impeccabili.
Azzarda : ” son giorni caldi! quest’anno ci ha fatto patire la primavera, ma è arrivata un’estate calda!…” e aspetta.
Ora tocca a me,o decido di giocare con lui, o mi chiudo dentro la mia tazzina di caffè nella speranza che il fondo mi racconti qualche cosa, ma siccome non so ancora fare a leggere i fondi del caffè, decido di parlare con lui.
Ricambio lo sguardo, sorrido : “si è vero, per fortuna che giù, sul fiume si sta proprio bene”.
Ora lui sa che a me va bene parlare. Lo sa lui e anche i vecchietti che giocano a carte che inspiegabilmente si sono fatti più vicini.
Non erano più lontani i tavolini?
Pochi scambi di battute
Lui: ” ah! eri sul fiume? C’era gente?”
Io : “si, ma solo al primo mulino, poi non ho incontrato nessuno”
Lui: “lo stanno rovinando questo posto!”
Io: ” si però hanno pulito i sentieri!”
Lui: ” già, ma hanno anche messo un bus navetta! ma che c’era bisogno di un bus navetta!”
Parte il coro dei vecchietti come in una tragedia greca
Coro dei Vecchietti: ” ai miei tempi ci si andava a piedi a fare il bagno!”
Ma i vecchietti erano così vicini? mi sembravano più lontani.
Oramai sono entrati in scena anche loro e fanno la loro parte. Ed eccola lì, la domanda che porterà la discussione a livello pubblico.
Lui: ” ah, hanno pulito i sentieri? Da dove sei passata?”
Non credo che esista una vera risposta a questa domanda. Qualsiasi cosa uno dica scatena sempre il caos.
Io: “Ho fatto il sentiero normale e poi dopo il terzo mulino, il mulino del custode, invece di guadare il fiume sono risalita verso sinistra.”
Primo vecchietto : ” ah, sei passata dall’attraversamento!”
Secondo vecchietto : “No, l’attraversamento è dopo, per arrivarci devi superare il mulino del custode arrivare al sentiero che porta a metato e dirigerti verso casoli”
Terzo vecchietto : ” non è possibile che abbia fatto la pettata, era crollata. L’hanno
ripulita?”
Io: “si, hanno pulito il sentiero”
A questo punto io non sono quasi più importante. La discussione si anima su sentieri, strade pettate e storie di alberi caduti, ma il barista ha sempre la sua carta magica da giocare quando la discussione stagna sulla stessa nota.
Lui: “E’ passata dal mulino del folle”
Mi giro di scatto verso di lui. Le antenne all’erta e perfettamente sincronizzate con le orecchie di Das e Furia Buia. Mi affretto a fermare il discorso prima che venga perso insieme ad un giro di carte.
Io: “No. Non sono passata dal mulino del folle. Non ho mai visto il mulino del folle. Dove è il mulino del folle?”
Freno il flusso di domande che sta straripando nella mia mente. Come è possibile? conosco i fiori di candalla per nome e mi sono persa un mulino? come si fa a perdersi un mulino! un mulino è grande!
Lui: “Non conosci il mulino del folle?”
Coro dei Vecchietti : “chi vuoi che lo conosca il mulino del folle! E’ una storia che non si racconta più quella del mulino del folle! Per fortuna è dimenticata…”
Il coro dei vecchietti diventa brusio e si spegne insieme alla televisione che non ha mai funzionato. E’ il momento della storia, è il momento del barista, l’ultimo conoscitore della storia del mulino del folle e quindi l’unico degno di raccontarla.
I vecchietti a questo punto sono tutti intorno a me, non si capisce bene come e quando ci siano arrivati e la voce del barista si fa suadente. Come un’attore che ha preso la scena, guarda tutti e poi guarda me. Sono io che gli devo aprire il sipario, lui non è attore per scelta, sono gli altri che lo vogliono così, ha bisogno di un ultimo incoraggiamento.
Io: ” in tanti anni che vengo a candalla non ho mai sentito parlare del mulino del folle e sinceramente non l’ho nemmeno mai visto. Cos’è il mulino del folle?”
Il fruscio del velluto del vecchio sipario è un sussurro che si perde nel tempo in cui il barista fa un respiro per iniziare a raccontare la sua storia.
Il mulino del folle
Il mulino del folle è il rudere più grande tra i mulini rimasti.
La sua struttura è complessa e fatta di molti ambienti.
Tutti credono che si chiami il mulino del folle perché l’edificio più piccolo, veniva per l’appunto chiamato il folle, perché serviva per follare la lana, la canapa e il lino.
Candalla però ha due facce.
Per alcuni sono solo pozze d’acqua dove tuffarsi, altri invece riescono a scoprirne i segreti.
I ciclanani scelgono sempre qualcuno a cui raccontare e tramandare la storia della grande guerra.
Nei caldi giorni d’estate la folla fa scappare il piccolo popolo che si nasconde alla vista, aspettando il silenzio delle ore serali.
Il mulino del folle non è da meno. In alcuni periodi si nasconde completamente alla vista e scompare.
Quando riappare è perché vuole che qualcuno racconti la sua storia.
Dopo la guerra del muschio, venne chiamato a gestire il territorio di Candalla, “il Custode”.
Uomo saggio e dal grande carisma era rispettato da tutti, umani e mondo fatato.
Concesse agli umani di costruire alcuni mulini proprio accanto al luogo dove abitava, per poterli controllare meglio.
Con gli anni i mulini caddero in rovina e gli uomini abbandonarono il fiume.
Tra gli uomini però ve ne era uno che non se ne voleva andare. Passava le calde serate estive, fumando insieme al custode e raccontandogli quanto fosse profondo l’animo umano.
Era solito dire che gli uomini non erano cattivi di natura, ma erano senza memoria. Erano in grado di imparare dai propri errori alla stessa velocità con il quale erano in grado di disimparare.
Secondo il Custode nessun uomo era in grado di essere più forte della natura, ma l’uomo, che si chiamava Goffredo, ripeteva che il potere degli uomini era molto grande e sconosciuto agli uomini stessi.
Quando anche l’ultimo umano abbandonò la terra dei mulini, Goffredo decise di chiedere al Custode il permesso per costruire un mulino speciale. Il Custode ascoltò il progetto dell’uomo e decise di aiutarlo. Spesso tentava dissuadere Goffredo dai suoi progetti, dicendogli che solo un folle avrebbe potuto sacrificare in quel modo la sua vita.
Goffredo andò dal re degli Elfi e lo supplicò di regalargli quanti più anni avesse a disposizione. Lo stesso fece con il re dei troll e degli gnomi.
Quando i re si incontrarono per donare gli anni a Goffredo, si resero conto che quello che stavano per fare era regalargli la vita eterna.
VI furono discussioni animate, nessun essere vivente avrebbe mai dovuto avere la vita eterna!
Però il sogno di Goffredo era grande e il suo cuore puro. Portò i regnanti al suo mulino e gli mostrò la magia che vi aveva rinchiuso il Custode.
Il mulino sarebbe apparso e scomparso a seconda delle necessità del fiume e lui con esso.
Ci misero quasi cento anni a decidere cosa fare.
Alla fine capirono che il problema stava nella natura stessa di Goffredo. Era umano. Fu così che lo trasformarono in un essere di pura magia e gli donarono il mulino e la vita eterna.
Goffredo e il suo mulino magico sono lì per difendere il fiume e quando il mulino appare Goffredo si sveglia da un sonno profondo e va a difendere quello per il quale ha sacrificato la vita.
Nessun gesto cade impunito. Ogni carta abbandonata ha un riflesso e diventa come lo sbattere delle ali di una farfalla che si trasforma in tzunami.
Quando il mulino appare, significa che gli esseri umani hanno dimenticato e che c’è bisogno che qualcuno sia più saggio di loro e che ricordi e difenda il fiume.
Questo è il vero motivo per il quale il mulino si chiama il mulino del folle. Perché nessun essere umano avrebbe mai potuto scegliere per se un tale destino, solo un folle. C’è anche chi dice che il mulino si chiami così perché solo i folli rimangono ciechi alla sua magia e osano sfidarla.
La fine della storia
Me ne andai dal bar nel silenzio di saluti muti. Il barista aveva ripreso le sue perenne faccende e l’attore che era in lui si era ritirato in camerino per riposare. I vecchietti, sbuffando e maledicendo le vecchie storie su Candalla erano tornati al loro gioco di carte.
Ho cercato il mulino del folle per anni.
Sapevo che non era una cosa bella trovare il mulino del folle, ma la curiosità era più grande di ogni leggenda.
Qualche giorno fa il sentiero si è aperto e il mulino è apparso.
Avrò percorso quel sentiro centinaia di volte eppure, forse la vegetazione, forse la leggenda, il mulino del folle non lo avevo mai visto.
Quando ho notato questa importante struttura mi ero quasi dimenticata della leggenda.
Siamo scesi tra i rovi attraverso l’antico mulino. Abbiamo persorso le scalette di pietra che portano al fiume e ci siamo riposati alla spiaggia del folle.
E’ un luogo magico.
Mi chiedo quale siano le motivazioni, perché proprio ora. Poi scendo e trovo al primo mulino moltissime persone che ridono, scherzano, mangiano e mi viene da sorridere. Forse è vero, forse c’è bisogno che Goffredo si svegli dal suo sonno e protegga questa meraviglia dalla nostra ciecità.
Galleria
Consiglio dell’esploratore
Cercate nuovi passi e guardate con gli occhi della meraviglia