La Città Perduta
…Tutti hanno sentito parlare della casetta dei Giardini di Kensington, l’unica casa al mondo che le fate hanno costruito per gli esseri umani. Ma nessuno l’ha vista veramente; eccetto proprio tre o quattro, e questi non soltanto l’hanno vista, ma vi hanno dormito, perché, a meno che non vi si dorma, non la si può vedere. E questo succede perché non c’è, quando vi ci coricate, ma e lì quando vi svegliate e ne uscite fuori… ( Le avventure di Peter Pan di James Matthew Barrie )
Correva l’anno 1783, la signora Agostina camminava stanca, persa tra i suoi pensieri.
L’inverno era stato parecchio freddo e piovoso, il fiume era giunto quasi a rompere gli argini, ma il paese, arroccato in alto, in fondo ad un irto sentiero, non correva alcun rischio.
“Quanti alberi ha tirato giù l’ultimo vento Bartolomeo!” disse sovrapensiero rivolta al marito.
L’ombra di Bartolomeo Brunetti la seguiva un paio di passi dietro, ma Agostina non poteva vederlo, non poteva vederlo più. L’inverno infatti era venuto troppo presto e insieme al caldo afoso dell’estate maremmana, si era portato via anche il marito di Agostina.
Ciò nonostante a lei piaceva continuare a parlargli o forse la vecchiaia e l’abitudine camminando a braccetto con la donna e sostenendone i passi, le avevano perdonato queste piccole bizzarie.
Arrivati davanti al castello oramai abbandonato sospirò profondamente scuotendo la testa.
La guerra si era portata via tutto, la bella città di Vitozza era ogni giorno più silenziosa, oramai erano rimaste solo in due, la maggioranza si era trasferita nella vicina san Quirico, dove avevano costruito nuove case con il tufo, abbandonando le vecchie grotte.
Ad Agostina piaceva immaginare i primi abitanti della sua casa, si raccontavano leggende lontane di un popolo detto i Tyrsenoi, che con abilità e pazienza avevano scavato le grotte, trasformandole in case e officine.
Passando davanti all’unica altra grotta abitata incontrò Laura, condividevano la sorte di vedova e questo le aveva avvicinate molto negli ultimi mesi, arrivando quasi a pensare di trasferirsi insieme in una casa più grande.
Si fermarono a parlare, Agostina le raccontò della fonte del fiume ancora impraticabile a causa della grande quantità d’acqua e Laura la ragguagliò sugli ultimi avvenimenti della guerra.
Era stata da poco al colombaio e le avevano inviato un dispiaccio da Sorano, raccontando le ultime novità.Si diressero insieme verso la Chiesaccia, si fermarono a raccogliere alcuni fiori da portare in dono e si incamminarono insieme verso il primo castello, alle porte della città.
Agostina doveva recarsi verso le officine e Laura stava pensando di andare verso San Quirico a comprare del pane.
Fu proprio sotto la vecchia torre che lo incontrarono.
Ad occhio e croce non doveva avere più di dieci anni, un ragazzino dall’aria sbarazzina, uno di quelli che probabilmente sa più di quello che la sua età riterrebbe giusto sapesse.Era vestito con una vecchia camicia da notte, mezza strappata.
Vedendo che le due donne osservavano attentamente il suo indumento le anticipò : “gli uccelli.Gli serviva della stoffa per fare il nido e non potevo dir loro di no”.
Sembrava veramente l’unica spiegazione possibile.
” Signore mie, purtroppo non abbiamo molto tempo, la guerra come sapete è alle porte, sono qua per proporvi un accordo”
“Non sarai mica un diavolo?” disse allarmata Agostina facendosi ripetutamente il segno della croce
” Ma…ho avuto tanti nomi e mi si addicono tutti, ascoltate l’accordo che voglio proporvi, poi deciderete voi”
Come si sa la curiosità è donna.
Nel silenzio di Vitozza, due donne, ormai sole, simbolo di un tempo che diventa futuro, ascoltano assorte le parole di un ragazzino che a quanto pare aveva fermato il tempo, lo ascoltano attentamente, assorbendo ogni parola e ogni speranza.
Alla fine si guardano negli occhi e si sorridono, si prendono per mano come a spiccare insieme un volo infinito.
Non vi rivelerò quale fu l’accordo che il giovane folletto aveva proposto alle ultime abitanti di Vitozza, ma vi dirò che da quel giorno la città di Vitozza non ha avuto più nessun abitante, la vegetazione lentamente ha preso possesso delle costruzioni e le intemperie hanno fatto crollare alcuni muri.
Nonostante tutto, la città di Vitozza è ancora in piedi, con le sue grotte, i suoi due castelli, le stalle, la chiesaccia e i colombai, come se si fosse fermata in un tempo dimenticato, molto prima di Agostina e Laura, forse proprio ai tempi dei Tyrsenoi e è ancora lì, immobile.
Da quel lontano giorno del 1783 Vitozza venne chiamata “la città perduta”, i motivi sono molti, uno ve l’ho raccontato io e se non mi credete, provate ad andare nella necropoli alle porte di Sorano, non potrete non notare, scolpito nel tufo, il volto di un bambino sorridente, se proverete a chiedergli un accordo, se è nel giorno giusto dell’anno, probabilmente avrete la fortuna di incontrare anche voi il piccolo elfo e potrete chiedergli dove sono finite Agostina e Laura, ma questa è un’altra storia e ve la racconteremo la prossima volta.
L. Decibel P.
La Città Perduta, è il primo racconto apparso sulla Guida il 7/7/2015.
Nato come arricchimento all’itinerario su Vitozza è il primo racconto a raccogliere fatti realmente accaduti, trasformandoli in fiaba. Le fonti storiche su Vitozza sono incomplete, i nomi delle due donne sono reali e anche l’alone di mistero che si è creato intorno al fatto che fosse stata definita una città perduta.
Un grazie in particolare a Daniele Imperi, che con il suo Blog “Penna Blu“, attraverso i suoi articoli, i suoi scritti e i suoi commenti, mi ha aiutato a fare chiarezza e a decidere di mettere tutti i racconti insieme.
Per l’articolo completo con l’itinerario e le foto, potete guardare “La città perduta di Vitozza”.
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Mi piace molto l’idea di aver messo i racconti separati. Complimenti.
Grazie infinite, ma non è tutto merito mio. E’ stato grazie alla lettura del Blog “Penna Blu”, di Daniele Imperi, che ho deciso di dar vita propria ai racconti.