Nel pieno dell’ Epoca Medievale si diffuse un’iconografia dalla forte valenza religiosa e simbolica, ossia quella della Crocifissione di Cristo.
Per rappresentare questo tema furono scelte due modalità di rappresentazione, molto differenti dal punto di vista tecnico e compositivo. Stiamo parlando del Christus Triumphans (Cristo Trionfante) e del Christus Patiens (Cristo Sofferente).
E’ necessario precisare che queste due modalità di rappresentazione appartengono a periodi differenti e sono separate da un arco temporale di circa duecento anni. L’ iconografia del Christus Triumphans (di derivazione bizantina) che si evolverà successivamente in Occidente nel Christus Patiens, mostra il Cristo in atteggiamento trionfante posto frontalmente rispetto allo spettatore e con gli occhi spalancati che non lasciano trasparire emozione alcuna. Emblematico di questo stile è la croce di Sarzana realizzata nel 1138 da Maestro Guglielmo.
A partire dalla metà del XIII secolo si diffuse invece un nuovo tipo di iconografia della croce, caratterizzato dalla raffigurazione di un Cristo malinconico che mostra i segni della sofferenza; da questo momento ogni dettaglio è indubbiamente mirato ad enfatizzarne l’espressione. Il Cristo appare segnato dal patimento e dal dolore, in modo tale che la sua figura inanimata appaia agli occhi del fedele reale e capace di suscitare un coinvolgimento emotivo maggiore.
Grazie alla sua imperiosa monumentalita’ e alla struggente espressività del volto , quest’opera, sconosciuta ai più, rappresenta in modo eloquente questa nuova tipologia di iconografia del Christus Patiens.
Secondo una leggenda questo Crocifisso già dal 1187 era oggetto di venerazione in città, dove vi era arrivato per mano di un maestro greco che lo avrebbe realizzato in patria.
In realtà, la sua creazione risale al 1310 circa ed apparteneva alla chiesa di San Marco, in seguito unità all’Abbazia di San Michele in Forcole, a sua volta prossima la chiesa abbaziale di San Bartolomeo in Pantano a Pistoia.
Il Crocifisso è giunto quindi nella Chiesa di San Bartolomeo insieme ai vallombrosiani che qui si sono stabiliti dal 1778.
La prima cosa che salta all’occhio dell’osservatore è il drammatico pathos espresso attraverso la tensione dei tendini, la contrazione dei piedi, lo sguardo di disperazione di Gesù.
Interessante è anche la chiara allusione all’albero della vita (e quindi alla salvezza del regno dei cieli) simboleggiato dalla croce, sulla quale è disposto il corpo scarno di Gesù.
Le monumentali dimensioni di questo Crocifisso, atipiche nell’opera del Pisano, derivano dalla particolare funzione che doveva svolgere in relazione simbolica con la mensa dell’altare, sulla quale si svolgeva il rito eucaristico.
Infatti è posizionato in prossimità della navata centrale, in modo tale da poter esser visto dai fedeli e stimolare in loro la compartecipazione alle sofferenze di Gesù.
Per comprendere al meglio tale opera è necessario confrontarla con il pulpito della Cattedrale di Pisa eseguito dallo stesso Giovanni nel 1310.
Si notano infatti le molteplici similitudini tra il Cristo di San Bartolomeo a Pistoia e l’Ercole alla base del pulpito del battistero di Pisa; in entrambi l’anatomia del corpo è dettagliata ma asciutta e longilinea, le forme sono aguzze e i sentimenti del volto espressivi ma contenuti.
Questo raffronto permette di collocare entrambe le opere nella fase di estrema maturità dell’attività artistica di Giovanni Pisano, testimoniata dall’estrema ricchezza interpretativa che seppe dare la Passione di Cristo.
Fonti:
- catalogo mostra “Omaggio a Giovanni Pisano”, Palazzo Fabroni Pistoia
- https://www.iltermopolio.com/archeo-e-arte/dal-christus-triumphans-al-christus-patiens-un-passaggio-capitale-per-levoluzione-dellarte-occidentale