Lucrezia Malpigli: una vita tra passioni e delitti

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Sembra una storia shakespeariana, ma in realtà quelli che stiamo per raccontare sono eventi realmente accaduti nella Lucca seicentesca.

La protagonista di questa tragica storia è la nobile lucchese Lucrezia Malpigli, nata il 30 maggio del 1572 e, per parte di madre, appartenente ad una delle famiglie più ricche ed importante del tempo: i Buonvisi.

Lucrezia non crebbe a Lucca, ma venne istruita ed educata nelle corti ferraresi. Quando raggiunse l’età da marito venne richiamata in patria e, come ogni altra ragazza nobile di quel periodo, destinata a sposare un uomo scelto per lei dalla famiglia.

Il prescelto fu il primogenito della famiglia Buonvisi. La cattiva sorte di Lucrezia inizia da qui, infatti il suo promesso sposo morì prematuramente prima delle nozze. Questo non scoraggiò i suoi genitori che per lei scelsero il secondo genito della stessa famiglia; purtroppo anche lui morì prima che il matrimonio venisse celebrato. La sfortunata ragazza andò quindi in sposa a Lelio, il terzogenito della famiglia Buonvisi, nell’agosto del 1591.

Naturalmente, come per molti dei matrimoni combinati, tra i due non c’era amore e dalla loro unione non nacque nemmeno un erede. Causa di questo fu anche un amore segreto, che la bella Lucrezia coltivava da molto tempo. Durante il suo periodo a Ferrara la giovane aveva conosciuto Massimiliano Arnolfini, appartenente ad una nobile famiglia lucchese, e tra i due era nata una forte passione. La loro relazione si interruppe per un breve periodo, e ricominciò solo quando i due si ritrovarono a vivere nuovamente nella solita città: Lucca. Nemmeno il matrimonio di lei mise fine ai loro incontri amorosi, si dice che il loro ritrovo fosse l’odierna villa Torrigiani ma anche che si ritrovassero nella casa di alcuni servitori.

Questa relazione clandestina sfociò in una tragedia, che coinvolse molte persone, primo tra tutti il povero Lelio.

CS_chserviLucrezia e il marito si recavano ogni domenica a messa nella Chiesa dei Servi, proprio in una di queste giornate, alla fine della messa, Lelio fu assassinato con diciannove coltellate, era il primo giugno 1593.

L’assassino riuscì a fuggire a causa della folla, ma subito tutti pensarono a Massimiliano Arnolfini.

La simpatia tra lui e Lucrezia non era passata inosservata, tanto che i parenti del defunto lo accusarono dell’omicidio. Quando il gonfaloniere di giustizia cercò Massimiliano, scoprì che assieme a tre compagni era fuggito attraverso la Garfagnana oltre il confine; questo rese subito chiaro che avesse qualcosa a che fare con l’assassinio di Lelio.

Le ricerche continuarono fino a quando uno di essi venne catturato, Vincenzo di Coreglia confessò l’omicidio ed indicò come mandante Massimiliano Arnolfini.

A questa confessione si unì quella dei due servi che ospitavano gli amanti durante i loro incontri, dopo varie torture ammisero che anche Lucrezia era a conoscenza del progetto del suo amante.

Quindi venne emanato un mandato di cattura anche per Lucrezia, ma grazie all’aiuto del fratello Gian Lorenzo, che nel 1594 le lasciò una ricca dote, riuscì a rifugiarsi nel convento cittadino di Santa Chiara, prendendo i voti e diventando Suor Umilia.

I complici degli amanti vennero tutti decapitati, mentre Massimiliano e i suoi compari continuavano ad essere fuggiaschi ricercati dalla legge con una taglia di 500 scudi sulle loro teste, fino a quando trovarono un nascondiglio in Val di Magra.

Le autorità lucchesi decisero quindi di concentrare i loro sforzi sulla figura di Lucrezia, ma nessuno poteva entrare in convento e condannare una suora, mandarono quindi un loro ambasciatore al cospetto del Papa.

Sfortunatamente per il governo lucchese, la famiglia Buonvisi aveva molte amicizie nel clero e vicine a papa Clemente VIII, e queste lo convinsero a non dare il suo benestare per la cattura di Lucrezia.

Nel frattempo la novella suora, chiusa nel suo convento, non aveva preso molto seriamente la sua nuova casta vita, ogni sera riceveva nella sua cella visite maschili e i suoi incontri amorosi durarono per molti anni.

Fino a quando, nel 1606, tutto il convento venne coinvolto in un clamoroso scandalo. Si scoprì che non solo suor Umilia aveva degli incontri amorosi, ma che anche altre sei suore avevano lo stesso comportamento, e che tutto ciò avveniva grazie alla complicità dell’importante cittadino lucchese Giovan Battista Dati e del pittore Francesco Passeri da Pariana, che era stato uno dei tanti amanti che Lucrezia aveva avuto in convento.

Tra la corrispondenza di suor Umilia vennero ritrovate lettere scambiate con il suo ultimo amante, Tommaso Sanminiati, in cui i due tramavano di uccidere sia Passeri che suor Celidonia Burlamacchi, perché erano a conoscenza della loro relazione segreta.

Le suore protagoniste di questi scandali, non vennero mai condannate da un tribunale perché appartenevano tutte a nobili ed importanti famiglie lucchesi del tempo, e la loro sorte venne decisa dalle autorità religiose con un processo che terminò nel 1609. Vennero tutte punite con pene leggere, mentre Lucrezia venne condannata a passare il resto della sua vita murata viva in una cella del convento, senza più rivolgere parola ad anima viva, perché non aveva mai mostrato il suo pentimento per tutte le azioni che aveva commesso.

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La notizia di quello che era successo a Lucrezia giunse fino in Val di Magra. Quando Massimiliano Arnolfini scoprì di aver fatto uccidere un uomo, sacrificando la sua vita per una donna che lo aveva subito dimenticato e rimpiazzato, impazzì.

Vagò per ventidue anni fino a quando non venne ritrovato a Lucca di fronte a Villa Buonvisi, forse in cerca dell’amata. A causa della sua malattia mentale Massimiliano non venne più condannato a morte, ma rinchiuso nella prigione della Torre Matilde di Viareggio. Passò i successivi quattordici anni rinchiuso nella sua cella, il suo nome compare in alcuni documenti che ci informano di una malattia che lo colpì, e di una più grave per cui lui richiese di poter vedere un sacerdote. Nessuno sa se sia morto in quell’occasione, ma si pensa che si sia spento dopo molte sofferenze quando ormai aveva raggiunto i sessant’anni rinchiuso nella sua cella.

Per quanto riguarda suor Umilia non sono giunte a noi molte notizie, viene menzionata nel testamento della madre nel 1618, poi non vi sono altre testimonianze della sua vita, anche perché tutti i documenti del convento andarono distrutti.

Questa tragica storia sembra un racconto ma in realtà fa parte del passato della città di Lucca, addirittura si pensa abbia ispirato grandi scrittori come Alessandro Manzoni, che qui trascorse alcuni periodi durante la sua giovinezza.

Naturalmente anche per questo racconto venne creata una leggenda: secondo molti le anime dei due amanti, Lucrezia e Massimiliano, vagano nel giardino di Villa Torrigiani, forse per i lori incontri amorosi o forse perché non trovano pace per le azioni che hanno commesso durante la loro vita.

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