Le Couvent

Fred è consigliere finanziario. Olivier mi dice che Bach è l’Everest e Beethoven il K2. E che bisognerebbe sempre saper cantare quello che si intende suonare. Do Re Mi Fa Sollasidò. Franc mi parla del suo lavoro in un’associazione che si occupa di ragazzi autistici, di un basso e delle distese infinite del Canada. Maud della gigantesca tarte au citron che l’ha tenuta occupata per ore oggi pomeriggio. Per amore della sorellina che presenta al pubblico il suo primo documentario si fa questo ed altro. Poi arriva Franc, l’altro, anzi, il capo. Si scusa (era occupato a chiacchierare con una bionda, e con una bruna) e serve da bere a tutti.

Al Couvent è così. Ti siedi una sera al bancone del bar e ti lasci raccontare delle storie, fino a notte fonda, se vuoi.

E intanto osservi le altre storie, quelle che si raccontano appena fuori la porta, tra una sigaretta e l’altra, all’ingresso, proprio intorno a te, poi nella cucina, dove i fornelli fiammeggiano ogni tanto un po’ troppo vistosamente e un ragazzo in grembiule blu segue con lo sguardo i propri gesti, attento e sognatore insieme. E infine nella sala del fondo piena di bocche affamate e chiacchieranti fino alle 11, al massimo, poi buia e silenziosa, ad aspettare gli avventori di domani.

E pensi a tutte le storie che si sono sedute intorno a questi tavoli oggi pomeriggio, con un tè in mano, gli occhi fissi sul pc e le cuffie sulle orecchie, a ripassare per l’esame di lunedì.

Perché il Couvent è così. Un posto dove studenti scapigliati ed ex studenti incravattati trovano tutti la loro storia. E ciascuno la sua birra preferita.

Se siete affamati, assetati o solo stanchi di camminare, una sosta al Couvent vi scalderà il cuore. 69, rue Broca, M. Censier Daubenton (linea 7)FB: Lecouvent Bar.

Ludovica Maggi

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