Non sono quelli di Brian de Palma. Niente Sean Connery, Andy Garcia e De Niro. Niente Al Capone. Gli intoccabili francesi, diretti dall’ormai rodato duo Olivier Nakache ed Eric Toledano, sono due nomi noti del cinema francese: l’attore comico Omar Sy, presenza esilarante in numerosi sketch televisivi, e François Cluzet, carismatico protagonista di film di cui avrete senz’altro sentito parlare. Les petis mouchoirs, per esempio.
Per l’occasione Cluzet e Sy incarnano Philippe e Driss, rappresentanti di due mondi agli antipodi, il 16 arrondissement e il 93, o qualcosa del genere. Tradotto per i meno avvezzi alla geo-numerologia sociale dell’Île-de-France: rispettivamente il quartiere in cui la Tour Eiffel troneggia scintillante tra le ricche residenze di vecchi aristocratici e borghesi più o meno grandi e la periferia nera della città, l’appendice povera che la Ville Lumière nasconde ai turisti, quella dei palazzi di cemento, delle famiglie numerose, della disoccupazione, delle gang e del rap.
Philippe è seduto su una sedia a rotelle nell’universo ovattato della sua elegante dimora in compagnia dei piaceri raffinati dell’arte, della letteratura e della musica classica. Reduce da sei mesi di carcere, Driss si presenta al colloquio che Philippe e le sue assistenti organizzano per sostituire l’ennesimo badante che ha gettato la spugna. Conta su un rifiuto, per continuare a percepire il suo sussidio di disoccupazione. Ma Philippe lo sfida a restare. Driss non ha niente da perdere, e accetta.
L’incontro tra il ricco tetraplegico e il giovane nero di periferia è l’incontro improbabile tra due mondi, due culture, due codici comportamentali antitetici, ma anche quello tra due uomini al margine che riscoprono insieme il piacere di vivere. Tra i due nasce un’amicizia sincera, una complicità sottile, senza compassione eppure piena di tatto, ma soprattutto di tanta ironia, tante battute e tante, tante risate.
La storia è impossibile (ma vera), il ritmo è incalzante, il copione perfetto: Intouchables è uno di quei film che fanno veramente morire dal ridere, come un cine-panettone, ma che in più fanno anche pensare. Risultato: nove settimane di cartellone e oltre 17 milioni di spettatori. Roba da Titanic.
Sembra che Medusa abbia comprato i diritti per il remake. Nell’attesa, venite quassù o ascoltatevi la colonna sonora. Dove Ludovico Einaudi fa compagnia a Bach, Vivaldi e altri intramontabili.
Ludovica Maggi