Quanti siamo? Non lo so, ma credetemi, “tanti” non è azzardato. Chi siamo? Su questo sono un po’ più ferrata. Una parte è rappresentata dagli studenti in Erasmus, che arrivano, scoprono, ripartono, per poi magari ritornare. Poi ci sono gli stagisti, anche loro di passaggio, o forse all’inizio di una carriera, non lo sanno mai. E infine i lavoratori, quelli che sono arrivati, in genere come membri di una delle categorie precedenti, e non partono più. Perché hanno passato qualche annetto a costruirsi una carriera, a trovarsi un posto accogliente in cui stare e una rete di amici per sentirsi più forti, a capire il sistema e a farcisi strada, tra documenti, uffici, tasse, scadenze e in fondo anche qualche bella sorpresa. Insomma, quelli che vogliono restare.
La mia “regia” mi ha segnalato oggi una bella storia, quella di Claudia Ferrazzi, italiana, 34 anni, due figli e da poco viceamministratrice del Louvre. Giovane e con tanti obiettivi personali e professionali già raggiunti. Gian Antonio Stella, il giornalista del Corriere che ci parla di lei, ci ricorda che in un’azienda italiana Claudia sarebbe solo una “ragazza”, con ancora parecchi anni di gavetta davanti e forse in azienda non ci sarebbe nemmeno, dati i due pargoli al seguito (http://www.corriere.it/cultura/12_febbraio_24/stella-italiani-guida-louvre_db548d4c-5eeb-11e1-9f4b-893d7a56e4a4.shtml). Effettivamente.
Ma io non credo che Claudia, se fosse rimasta in Italia, sarebbe automaticamente a fare gavetta e che qualsiasi altra “ragazza” messa a Parigi sarebbe automaticamente tra i dirigenti del Louvre. Non la conosco, ma penso che Claudia sia una brava e tosta, che ha certo avuto dalla sua un po’ di fortuna e un sistema un po’ più aperto di quello italiano (ma ne riparliamo), ma che soprattutto si è aiutata nell’attesa che Dio l’aiutasse.
Lo dico perché di Claudie a Parigi ne conosco decine. Si chiamano Alessandro, Fabio, Claudio, Fred, Chiara, Elisa, Filippo, Floriana, Francesca, Francesco, Emanuele, Matteo, Angelica, Luca e sono ingegneri, designer, ricercatori, traduttori, ristoratori. Ragazzi che, come me, e come Claudia immagino, sono arrivati qua con una valigia e si sono ritrovati con una vita. Che non è piovuta dal cielo.
Ma ne conosco anche in Italia. Laura, Graziana, Daniele, Francesco, Francesco, Emidio, Chiara, Raffaella, Alessandro, Luca, David, Sara, Camilla, Simona, Lorenzo. Anche loro fanno i manager, i giornalisti, gli ingegneri, gli avvocati, i medici, gli insegnanti. E anche loro, fidatevi, non ci sono arrivati per caso.
Morale della favola. L’Italia sarà quel che è, ma Parigi non è l’Eldorado. Soprattutto dopo la crisi. Chi parte non è necessariamente più dritto di chi resta. Solo che chi parte e costruisce poi fa un po’ fatica a rimettere la vita in valigia per tornare indietro. Ma non smetterà mai di metterci dentro due magliette e un paio di scarpe per fare un salto in Italia. Quella che sa di caffè, di basilico, di sole e di casa.
Ludovica Maggi