Parigi secondo Woody

Qua a Parigi è uscito l’ultimo film di Woody Allen, presentato in apertura del festival di Cannes l’11 maggio scorso. Ambientato a Parigi, il film è una dichiarazione d’amore alla capitale francese, una visione idilliaca di Parigi secondo un Allen piaciuto ai critici e agli spettatori che hanno avuto occasione di vedere il film.

Midnight in Paris è la storia di una coppia in vista del matrimonio che viene a Parigi per una vacanza insieme ai genitori di lei, dei ricchi borghesi americani.  Il protagonista maschile, uno scrittore alla ricerca d’ispirazione per il suo ultimo romanzo e interpretato da Owen Wilson, decide di piantare il gruppo alle prese con musei, ristoranti e monumenti, per perdersi dopo la mezzanotte nelle strade parigine, abitate un tempo da artisti più e meno famosi.

Comicia così una sorta di viaggio nel passato che porta lo scrittore a dialogare con alcuni personaggi mitici vissuti negli anni d’oro di Parigi, gli anni 20. E ad aver voglia, influenzato dalla magia della Ville Lumière, di cambiare un po’ la sua vita.

Se queste sono le premesse, il film è da consigliare a tutti gli amanti di Parigi. Alcune considerazioni, però, s’impongono: Woody Allen sceglie, più o meno consapevolmente, di puntare la camera su molti dei cliché parigini: non solo vedremo passare il francese-tipo-baguette-sotto-braccio, ma soprattutto non vedremo, ed è un peccato vista la grande qualità della fotografia del film, che la Parigi da cartolina. Senza cartacce in terra né cacche di cane sui marciapiedi,senza  puzzo dei tubi di scappamento per strada né tracce di sudore nel metrò affollato. Niente Barbès, né nessun altro quartiere popolare.

Insomma, quella di Allen è una Parigi un po’ troppo romantica per essere vera, ma di cui un po’ tutti ci siamo innamorati, consapevolmente o meno. Come ci siamo innamorati delle sue atmosfere di altri tempi e degli artisti che ne agitavano le scene e le notti.

Un inno alla città perduta? Forse in fondo no, perché Woody Allen sembra sapere che la nostalgia e la rêverie di una Parigi mitica sono, appunto, più frutto del sogno che della realtà. Ma i sogni ci servono, ci serviranno sempre.

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