Ostrava: Moravian Rhapsody (pt. 3)3 min read

OstRAVE party

E così saliamo su un bel treno “RailJet” che ha prese elettriche per il cellulare e wi- fi. Scendiamo a Brno e capiamo che stiamo lasciando il benessere. Dal capoluogo della Moravia prendiamo un regionale lentissimo che ci porterà a Ostrava. Il paesaggio è monotono, campi di grano e centrali nucleari come quelle di Springfield. Finalmente arriviamo a Ostrava dove ci attende una musichetta “sovietica” nell’ascensore della stazione. Turismo a Ostrava? Neanche a parlarne. Ostrava è un altro mondo o magari un ‘altra epoca: palazzine liberty spuntano all’improvviso tra palazzoni in cemento del periodo brezneviano e sexy shop con vetrine inequivocabili (Vedi Foto)

Ostrava- sexy shop vetrina
Ostrava- Una sobria ed elegante vetrina di un sexy shop

Incomprensioni linguistiche

Il primo ostacolo è la barriera linguistica. Nessuno parla l’inglese. Chiediamo informazioni all’autista del bus pubblico per raggiungere il nostro ostello che si trova in una via che sembra il mio codice fiscale. Il conducente è una donna che ha superato la menopausa da un pezzo e che non conosce una parola d’inglese. Ci fa capire che non è questo il bus giusto. Per fortuna, all’interno della stazione c’è un ufficio informazioni con due ragazze (una davvero bella) che ci spiegano che effettivamente era quello il bus giusto. Risaliamo sul pullman, attraversiamo vialoni sovietici e parchi squadrati. Chiediamo alla signora di indicarci la fermata, lei non capisce. Siamo disperati, finchè un ragazzo non dice le parole magiche:”Can I help you?”. Grazie a questo buon samaritano raggiungiamo l’Hotel Maria (15 euro a notte e bagno in comune).

Ostrava by night

Siamo in pieno centro: l’attrattiva principale è la piazza del municipio: un’area tracciata con rigore geometrico e con un torre rettangolare enorme che svetta alle spalle dell’edificio. Usciamo per buttarci nella movida, dopotutto Ostrava è una città universitaria. Ma scopriamo che le strade sono deserte. Nessuno in giro, eppure sono quasi le 9. Sì, ma è luglio. Ci buttiamo in un pub (Pivní bar Radegast “Hospůdka U Köhlera”, così si chiama)  dove si può persino( anzi è la prassi) fumare in sala: paghiamo 13 euro in due, mangiando e bevendo da fare schifo (una pinta di birra costa 1 euro). In pratica le assaggiamo tutte: Pilsner bionda, nera e rossa, oltre alla Redegast. Divoriamo un collo di maiale con contorno di crauti e un delizioso e soffice pane moravo. Alla terza birra alzo bandiera bianca. Il cameriere mi guarda schifato. Il motivo è semplice: da queste parti gli abitanti contraggono la cirrosi epatica dopo il quindicesimo giorno di nascita. Io sono troppo salutista per loro.

Ostrava- strada- centro
Ostrava- Un’affollata via del centro

Alla scoperta della città

Il giorno dopo realizziamo che Ostrava non ha un vero centro se non quella piazza d’epoca sovietica, descritta prima. E’ una città industriale più che altro. E il museo più interessante sembra quello delle miniere. Ma ci asteniamo dal visitarlo. Facciamo colazione in un locale gestito da signore russe, paghiamo meno di 4 euro in due. Vi consiglio di assaggiare i dolci: sono squisiti. Qualche indigeno si spinge oltre e ordina un pane con insalata russa (il gioco di parole non era voluto). Decidiamo di spendere le ultime ore vivendo la città. Gli abitanti combattono l’inquinamento atmosferico tenendosi in forma: fanno jogging in uno dei tanti parchi della città che costeggiano l’Oder. Una cosa va detta: Ostrava non è bella, non è turistica, ma ha un suo fascino un po’ decadente. E soprattutto è una città curata: strade e aiuole sono pulite. Comunque prima di raggiungere la stazione ci sediamo su una panchina del parco. A Paolino viene nostalgia di casa. Prende il cellulare e manda a tutto volume una canzone della festa dei Gigli che si apre con “Buongiorno Nola”. Tra lo stupore dei moravi. Ma non c’è tempo per i sentimentalismi borghesi. Cracovia ci attende.

Ostrava- pub
Ostrava- Selfie ignorantone con il cameriere imbarazzato