Un viaggio in metro e nella storia: Martim Moniz

Vagare per Lisbona è sempre una grande scoperta. Si, lo so, l’ avrò detto mille volte ma … questa volta il mio vagare non ha nulla a che vedere con l’ “andare” o il “camminare”. Questa volta l’incedere non è che l’ “osservare” e, per quanto mi riguarda, vivendo il 75% della mia vita a curiosare tra le cose,  posso garantirvi che gli occhi mi hanno sempre portata più lontano delle mie gambe.

Di solito, per tornare a casa, se non uso le gambe allora … che faccio? Bhe, posso sempre prendere la metro!
Tornando da Chiado preferisco passeggiare. Do il mio saluto e Fernando in pianta stabile alla Brasileira e poi giù, verso Rossio.
I passi delineano il contorno delle immagini della calçada che, inevitabilmente, inducono il corpo ad un movimento ondulato, quasi da ubriachi (a volte mi chiedo cosa pensa la gente che mi osserva).

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Attraverso Praça da Figueira e mi dirigo verso Praça Martim Moniz  (metro verde) , cuore dello storico bairro (quartiere) della Mouraria, dove l’ eterogeneità dei volti, delle lingue, dei sapori e dei profumi attira la mia attenzione.
Frugando nella mia borsa da Mary Poppins cerco il mio pass e scendo le scale della metro che mi porterà a casa… o almeno cosi penso.
Chiunque abbia almeno una volta messo piede in questa stazione si sarà sicuramente imbattuto nei pannelli di azulejos, nelle figure medievali scolpite in marmo e nei tanti simboli presenti sulle pareti.
Ma vi siete mai chiesti cosa si nasconde dietro queste immagini?

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Da quello che ho scoperto, un tal scultor José João de Brito si occupò di questo progetto negli anni ’90, durante la fase di rinnovamento della rete metropolitana de Lisbona, in collaborazione con la pittrice Gracinda Candeias.
La nuova stazione, che anticamente portava il nome di “Soccorro” (come la vecchia freguesia della Mouraria), venne inaugurata nel 1997 e ribattezzata in “Martim Moniz” per omaggiare il capitano dell’esercito del primo re del Portogallo, (Dom Afonso Henrique).

Secondo quanto racconta la leggenda questo personaggio portoghese fu martire durante la conquista cristiana di Lisbona nel 1147, sacrificando la sua vita tra le porte del Castello dei Mori affinché  le sue truppe potessero entrare e vincere (scena  anche raffigurata in uno dei panneli di azulejos che abbelliscono  il Miradouro di Santa Luzia).

Da questa immagine De Brito prese ispirazione raffigurando Martim Moniz immobilizzato tra due porte così come, di fatti, le porte delle metro a volte si chiudono lasciando intrappolati i passeggeri.
Le figure sono la “quasi” riproduzione di alcuni disegni presenti su un libro di storia illustrato per bambini, História de Portugal para Meninos Preguiçosos, di Olavo D’Eça, editato durante la dittatura.
Tanti i personaggi raffigurati ma tocca anche chiedersi cosa raccontino gli azulejos di Gracinda Candeias.
Questa grandissima artista creò tre pannelli, completamente differenti l’uno dall’altro: uno portoghese, uno africano e un altro moresco.

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Il primo è dedicato alla storia della Severa e del Conde de Vimioso, figure che ci introducono nella dimensione musicale della Mouraria, bairro-madre del fado: chitarre, note musicali, tori, toreri e sfere di sole raccontano una storia senza tempo.

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Il pannello africano, invece, è ricco di elementi plastici che rimandano ai tessuti indigeni del secolo XVI e alla storia della resistenza angolana all’occupazione portoghese.

Per finire, il pannello moresco è la lettura in arabo di parole quali “Portogallo”, “Marocco”, “Lisboa” ed ancora altre, come ad esempio “Deus”, “livro” (libro), “carta” (lettera),  scomposte in certo periodo in modo che non se ne avesse lettura.

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Le pareti delle Metro, dunque,  raccontano storie e tracciano un cammino che va oltre i binari.

Sulla scia di Gracinda si muove il lavoro di Maria Keil, altra artista plastico che realizzò progetti per ben 21 stazioni metro, malgrado la libertà di espressione limitasse il suo lavoro a causa della dittatura.

I 7 minuti di attesa della metro non saranno mai più  noiosi se, di tanto in tanto, vi guarderete intorno.

A quel punto, senza muovere un muscolo e comodamente seduti su di una panchina avrete già percorso secoli e secoli fino ad arrivare alla Lisbona di oggi, la nostra.

Non perdetevi questo viaggio!

Scritto da Maria Grazia Berretta

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