Strimpellando Lisboa: una città che si ascolta

Udite, udite gente: ieri ho preso la mia prima lezione di chitarra!

« E chi se ne frega», direte giustamente voi!

Lo so, lo so. Mi entusiasmo facilmente ma che ci volete fare? E’ più forte di me. Lavoro per giochi di associazioni e se mi sento ispirata … vi tocca.

Ho sempre avuto una strana concezione della musica. La mia arte oratoria nel raccontare cose o, come dicono in molti, nel parlare tanto (a volte a sproposito) mi ha sempre più fatto apprezzare i testi e le parole piuttosto che le melodie.

Nel tempo ho compreso che le melodie e i suoni non necessariamente vengono accompagnati dalle parole e allora mi è toccato stare zitta, aprire le orecchie e attutire il colpo. Triste  realtà per una che da piccola voleva fare la speaker radiofonica, quella che parla “nella” radio. Nel tempo ho capito di non poter avere sempre l’ultima parola e che prima di fare quel mestiere avrei dovuto capirci qualcosa e sopratutto imparare ad “ascoltare” il suono e, perchè no, a “produrlo” (ambizioni di chi ha sempre  e solo suonato il campanello degli altri per poi tirare la corda).

Una  cosa  però che mi ha sempre affascinato  è la diversità degli strumenti musicali, quelli appartenenti ad un tempo o provenienti dalle varie parti del mondo, legati alle tradizioni e al popolo. Mi viene in mente il marranzano di mio nonno, i tamburelli  delle sagre calabresi, il djembe dell’ Africa occidentale e come dimenticare la mia amata chitarra portoghese?

Chi è appasionato di musica e di Lisbona non può non conoscerla.

In Photographias de Lisboa Alberto Pimentel lo descrive come lo strumento che “impressiona ma non stordisce, che si fa ascoltare ma non si impone”.

Simile all’ alaúde arabo ma con carateristiche differenti, la chitarra portoghese, risale all’età media a uno strumento chiamato in origine cítula.

Inizialmente e quasi paradossalmente la chitarra portoghese apparteneva al mondo della borghesia. Solo nel tempo si è trasformata in strumento del popolo e, lasciatemelo dire, per il popolo.

Il suo indissolubile legame con il Fado la rende elemento simbolico, e il suo suono è portatore di un messaggio che non ha grafia ma che si lascia leggere.

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Il  timbro inconfodibile attira l’attenzione  della gente che, passeggiando per le strade della città, non può fare a meno di voltarsi alla ricerca di una porta, una finestra, un angolo buio.

E’ il sottofondo di una storia che ci piace; è il sospiro portoghese che si lascia ascoltare.

La prima volta che ne ho vista e ascoltata una non pensavo avesse quella forma a goccia (un po’ piú schiacciata di un mandolino) e la combinazione con la chitarra classica, per quanto strumenti differenti, mi ha ancora più convinta dell’idea che gli strumenti a corda sono quelli che preferisco e che l’aggregazione e il coinvolgimento che si crea attorno a quelle vibrazioni  è incomparabile.

Che sia di Coimbra, di Lisbona o di Porto, la chitarra portoghese fa parte di una cultura musicale che non ha tempo, immutata e non necessariamente legata al Fado.

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E’ belissimo associare a un oggetto l’idea di una città o di un Paese e viceversa.

E’ un po’ come la memoria involontaria di cui parla Proust: cattura con un’ impressione o una sensazione l’essenza preziosa della vita,  il valore assoluto di un ricordo,  risvegliato attraverso il sapore di un dolce, la fragranza di una saponetta e, perchè no, il suono inconfondibile di uno strumento.

Non so se riuscirò mai a suonarne  una. Intanto provo a fare le scale di una chitarra classica nella speranza che il mio mignolo super-snodabile non mi “svenga” appoggiandosi su due corde quando non dovrebbe. Vi terrò aggiornati.

Voi, intanto, datevi un po’ di tempo, regalatevi un bichiere di vinho verde, aprite le orecchi e ascoltate Lisbona.

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