Tra chi dà sulla Turchia un’interpretazione apocalittica, rimasticando lanci d’agenzia e riesumando miti militanti della sinistra movimentista, spicca l’associazione di giornalisti Articolo 21.
LEGGI ANCHE: Marino Niola, il Don Giovanni e le bufale su Erdoğan
Il loro metodo è semplice: hanno deciso che il sistema politico turco è un’autocrazia ormai consolidata in dittatura, strumentalizzano qualsiasi evento per dimostrare questa loro tesi precostituita. Ovviamente, più forte è il loro sdegno e il loro convincimento quando possono tirare in ballo la cosiddetta “islamizzazione” (partendo dall’idea, ugualmente precostituita, che ogni riferimento alla religione islamica è qualcosa di negativo).
Ultima prova di questo approccio che nulla ha a che vedere con l’informazione – invece, finiscono col disseminare fake news di matrice islamofoba – è un articolo di pochi giorni fa dal titolo “Turchia, l’ultimo repulisti di massa prima della sospensione dello Stato di emergenza. Chiuso anche il teatro dell’Opera“.
LEGGI ANCHE: L’opera a Istanbul, Süreyya
Nel pezzo, tra le altre cose, si legge che: “il Teatro di Stato dell’Opera [è stato] chiuso su volere dello stesso presidente che ha disposto la sospensione anche delle esibizion[i] del balletto.”
Ma dove? In Turchia? Dico: al di là della verifica dei fatti, a cui l’autrice evidentemente non ha proceduto, non sarebbe stato il caso di provare almeno a esercitare il proprio spirito critico?
LEGGI ANCHE: L’AKM demolito e ricostruito
Ma com’è possibile che in uno Stato culturalmente sviluppato come la Turchia, in cui esiste una forte passione per la musica “occidentale” e l’opera sin dall’epoca ottomana, il presidente – ancorché musulmano osservante e quindi considerato “cattivo” – possa aver deciso la chiusura del “Teatro d’opera” (ma ce n’è solo uno, in Turchia)? Tra l’altro, proprio mentre si sta procedendo alla costruzione di una nuova e più grande struttura proprio a piazza Taksim?
LEGGI ANCHE: La musica di Istanbul e Costantinopoli
E il balletto? Per quale motivo il presidente Erdoğan avrebbe deciso di “sospendere le esibizioni di balletto”? Ma quando mai? Davvero: come si può essere paladini della cosiddetta “libertà di stampa” quando si scrivono sciocchezze del genere per di più in virtù di antipatici pregiudizi (dimostrando scarsa conoscenza della storia ottomana)?
Quel che è successo, molto brevemente, che nel processo di riorganizzazione della macchina amministrativa le istituzioni che sovrintendevano alle compagnie statali – opera, teatro, danza – hanno assunto una configurazione diversa. Nulla di strano, nulla di abominevole.