(già pubblicato sul mio blog “Cose turche” di Look Out news)
Le origini dell’attentato di Ankara sono evidenti: la Turchia continua a pagare un durissimo prezzo per il suo coinvolgimento nella guerra civile siriana. Gli esecutori e i mandanti vanno infatti ricercati tra gli attori – in modo isolato, molto più probabilmente in modo coordinato – che ne contestano e contrastano le scelte politiche e sul campo: Daesh, Russia, regime siriano, Pyd/Ypg curdi siriani, lo stesso Pkk che cerca di riprodurre nel sud-est turco il caos della Siria.
L’obiettivo, forze armate e in particolare l’aviazione, fanno pensare a un attacco fortemente simbolico come ritorsione per l’abbattimento del jet russo a novembre. O è stato solo un caso? Le autorità turche sono però convinte: il kamikaze – identificato dopo poche ore – è un siriano membro dello Ypg (il braccio armato del Pyd). I curdi siriani hanno smentito ogni legame con l’attentato, un’assunzione di responsabilità metterebbe in imbarazzo gli Usa: li difendono e li sostengono materialmente nonostante le pressioni furibonde della Turchia, che da mesi ne chiede l’inclusione formale nella lista delle organizzazioni terroristiche.
D’altra parte, da alcuni giorni sono sotto il tiro dell’artiglieria turca che non tollera il loro attivismo al confine e teme la creazione di un territorio franco per il Pkk: l’attentato potrebbe essere una risposta all’offensiva delle forze armate turche. Ulteriore ipotesi: una compartecipazione tra Pyd/Ypg e Pkk come ritorsione per le azioni che stanno gradualmente disinnescando la “guerra rivoluzionaria di popolo” lanciata dai curdi turchi nello scorso luglio.
Il punto però è: quale messaggio va ricavato dall’attentato di Ankara? Si è trattato di un avvertimento per dissuadere la Turchia da un suo coinvolgimento attraverso un intervento di terra, o comunque da nuove operazioni contro il Pyd/Ypg ormai in tutto e per tutto schierati con Assad e la Russia (hanno persino aperto un ufficio politico a Mosca)? Oppure si tratta di una trappola per attrarre la Turchia in Siria? Ma è davvero poco probabile che Erdoğan dopo 5 anni – e in condizioni molto più difficili, a causa della presenza russa – decida di intervenire senza l’appoggio degli Usa o almeno della Nato.