La perla del Bosforo: la moschea di Ortaköy

E’ stata oggetto di lavori di restauro durati alcuni anni, ha riaperto in tutto il suo rinnovato splendore da poco: è la moschea di Ortaköy, un capolavoro – in stile neo-barocco – dell’architettura ottocentesca ottomana spessissimo utilizzata come immagine “da cartolina”. E’ stata costruita a metà ottocento in quello che era allora un piccolo villaggio sulle rive del Bosforo, a poca distanza dal porto di Beşiktaş e da una serie di palazzi imperiali e principeschi; con la costruzione del (primo) ponte che congiunge l’Asia e l’Europa, ha acquisito ulteriore fascino.

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La Büyük Mecidiye camii – o Grande moschea (imperiale) del sultano Abdülmecid – è stata una delle grandi scoperte del mio primo viaggio a Istanbul, nel 2007: perché è così diversa dalle grandi moschee imperiali dell’età classica – cinquecentesche – che non riuscivo a credere si trattasse di un edificio religioso. Venne costruita da architetti armeni, appartenenti alla celebre dinastia dei Baylan: gli autori dei più beni monumenti pubblici del periodo delle Tanzimat (le riforme modernizzatrici), compreso il vicino – e contemporaneo – palazzo di Dolmabahçe. Non sono un esperto del ramo, quindi non sono in grado di fare considerazioni tecniche; ma sono rimasto catturato – ancor di più l’altro giorno, quando l’ho vista per la prima volta dopo il restauro – dalle decorazioni ridondanti e arzigogolate dell’esterno, dallo slancio ardito dei minareti, dagli elementi architettonici inusuali come la scalinata d’ingresso a ferro di cavallo, dai bellissimi affreschi dell’interno con tanto di cupola in trompe l’oeil, dai lampadari preziosi, dalla luce meravigliosa che la inondano e la rendono calda e accogliente. Alcune calligrafie sono opera dello stesso sultano Abdülmecid.

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Poi il villaggio è carino, conosciutissimo e affollatissimo di sera: con tante opportunità per mangiare, a partire dalla famosissima patata ripena chiamata kumpir (di origini tedesche, da quel che mi dicono); c’era anche un mercatino domenicale, molto vintage: ma dovrò fare un ulteriore sopralluogo per capire se esiste ancora. Gli stand di libri, anche di seconda mano, sono invece ancora attivi.




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