(mio breve intervento pubblicato sul numero di luglio/agosto 2021 de Il Giornale dell’Arte)
La “Rotta di Enea” è stata ufficialmente inserita dal Consiglio d’Europa tra i suoi itinerari culturali: percorsi fisici, ma anche reti tra più Stati per la promozione e il turismo sostenibili, grazie a progetti e iniziative di qualità. Sono in tutto 45: otto hanno base in Italia, 28 la attraversano. Quello che prende il nome di Enea ricalca fedelmente il percorso dell’eroe in fuga da Troia, da Oriente a Occidente solcando il Mediterraneo. Tocca cinque Paesi: Turchia, Grecia, Albania, Tunisia e per l’appunto Italia; conta 21 tappe, tra siti archeologici, siti Unesco, parchi nazionali.
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Il progetto è curato dall’ “Associazione Rotta di Enea” che ha sede legale a Roma, anche se l’iniziativa è partita dalla municipalità turca di Edremit nel 2017; coinvolge attori sia pubblici sia privati: persino hotel di lusso, o tour operator. Un itinerario virgiliano. Parte da Troia, dove nel 2018 è stato aperto uno straordinario museo, appena fuori dagli scavi archeologici. Prosegue per il parco nazionale del monte Ida e Antandros sulla costa da dove Enea prese il mare; poi l’isola di Delos e Pergamea a Creta, Butrinto in Albania, Castro salentina e Crotone e la Sicilia, Cartagine della regina Didone; infine di nuovo l’Italia, la più ricche di mete: come Palinuro, Cuma della Sibilla, Gaeta che prese il nome dalla nutrice Caeta che vi venne sepolta. Fino a Lavinium, vicino a Pomezia: sito archeologico sul Tirreno, sede di un piccolo ma ricco museo; vi incontrò e sposò Lavinia figlia di Turno: unione che diede origine a Roma.
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