L’Epifania a Istanbul

L’Epifania, tutte le feste si è portata via! Però l’ultima delle feste natalizie è stata anche la più sorprendente e entusiasmante: con tutto il sapore della Istanbul cosmopolita di inizio ‘900, quando le minoranze non musulmane (con cittadinanza ottomana) e gli stranieri erano in realtà la maggioranza.

Stamattina sono stato infatti al Fener, il quartiere lungo il Corno d’oro – all’interno del perimetro della vecchia Costantinopoli – tradizionalmente abitato dai greco-ortodossi (rum, o romei): ridotti ormai a poche migliaia, nel corso dei decenni, perché spinti e costretti a emigrare a causa di politiche fortemente discriminatorie. Però son riusciti a preservare tutto: lingua, cultura, tradizioni, fede. Fener è anche la sede del Patriarcato ecumenico ortodosso, un complesso con al centro la chiesa di San Giorgio: ricchissima in decorazioni dorate, icone, reliquie.

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C’è stata prima la messa, praticamente per tutta la mattinata: celebrata dal Patriarca di Nea Roma in persona, Bartolomeo I (Nea Roma è il nome ufficiale dato dall’imperatore Costantino, la lingua ufficiale era il greco); io sono arrivato a metà, verso le 10.30: ed è finita verso le 12.30. Non conosco il greco, non ho mai capito granché della liturgia: se non qualche parola isolata; però il rituale è patricolarmente suggestivo e solenne: abuso d’incenso compreso! Moltissimi i greci presenti, turisti veri e propri ma anche istanbulioti attualmente residenti in Grecia: approfittano delle festività per tornare a casa, gli autobus parcheggiati in zona erano almeno una decina; si sfrutta poi l’occasione per accendere candele, per baciare icone e reliquie, per fare incetta di acqua benedetta. Seguono offerte.

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Il clou in ogni caso è stato dopo la messa. L’Epifania ortodossa ricorda il battesimo di Gesù nel Giordano: e viene infatti celebrato il valore purificatore dell’acqua (molte chiese di Costantinopoli/Istanbul – sorte dove prima c’erano templi pagani – hanno la loro sorgente di acqua miracolosa, l’ayazma: finisce in bottigliette di plastica, per una migliore distribuzione).

Dalla chiesa, il Patriarca ha percorso duecento metri a piedi, in corteo: ed è arrivato proprio sul bordo del mare, del Corno d’oro; lì ha recitato qualche preghiera e benedizione: e poi ha gettato una croce di legno nell’acqua. Su due piccole imbarcazioni, una ventina di uomini particolarmente prestanti – giovani e meno giovani – erano in attesa del lancio, lì a una decina di metri: si sono tuffati, l’hanno rapidamente raggiunta in gruppo e uno dei più giovani l’ha afferrata per primo, per poi andare a riconsegnarla al Patriarca; per lui, una benedizione speciale che vale per tutto un anno.

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I parenti, in mezzo ai quali mi sono ritrovato, erano felicissimi: se lo sono abbracciato e sbaciucchiato tutto bagnato, gli iphone erano scatenati; ed era freddo, freddissimo: con un fastidiosissimo vento glaciale, quello che arriva dal mar Nero e dalla Siberia. Che poi, anche a me piacerebbe cimentarmi: non so se la competizione è riservata agli ortodossi, qualora ammesso a partecipare vedrò comunque di farlo – ma prima mi devo comunque allenare per bene – in un anno dal clima particolarmente mite!

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