Itinerario n°3 – Fener e Balat lungo il Corno d’oro

I quartieri di Balat e Fener – nella penisola storica, lungo il Corno d’oro – sono tra i miei preferiti della città; e quando posso, senza meta o sfruttando qualche evento culturale, mi piace andarci a camminare: tra chiese e sinagoghe, ombre di un passato multi-culturale, molto degrado, case fatiscenti e diroccate, progetti di restauro e recupero, negozietti e ristorantini d’ogni tipo (non turistici), tentativi di aprire i primi caffè o esercizi commerciali alla moda.

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Vi abitavano in passato soprattutto greco-ortodossi, armeni, ebrei; oggi, dopo lo svuotamento dalle minoranze innescato dalla Prima guerra mondiale e con apice negli anni ’50 e ’60, prevalgono gli immigrati dall’Anatolia orientale: poveri o poverissimi, senza legami con la storia e le tradizioni cosmopolite di Istanbul. Il contrasto tra lo splendore di un tempo e un presente difficile è visivamente evidente: lo sfarzo sfiorito (o da poco restaurato) di alcune abitazioni signorili, le lamiere che sigillano quelle in attese di sbriciolarsi definitivamente.

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In ogni caso, particolari rischi per la sicurezza non ce ne sono: tutt’al più si avvicinerà qualche bambino per chiedere l’elemosina, o potreste essere seguiti – seguiti, non inseguiti – da qualche cagnone di quartiere perfettamente innocuo.

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Metto subito in chiaro le cose perché, qualche giorno fa, mi è stato riferito che la guida Lonely Planet sconsiglia la visita di domenica: è una sciocchezza, fidatevi! Ad ogni modo, per percorrerli vi suggerisco due opzioni: partenza o da Ayvansaray (al limite superiore, verso Eyüp) o dal Fener, entrambi comodamente raggiungibili – in pochi minuti – dagli autobus in partenza dal capolinea di Eminönü.

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Io preferisco la prima opzione, magari dopo un’escursione lungo le mura teodosiane di Costantinopoli. Prima tappa, la chiesa di Santa Maria delle Blachernae: oggi una minuscola chiesetta, ma in passato uno dei centri più importanti della cristianità, visto che custodiva alcune reliquie della Madonna (il velo e la cintura); venne distrutta da un incendio nel XV secolo, l’edificio attuale risale all’ottocento: e vale la pena visitarla soprattutto per l’ayazma, la sorgente di acqua miracolosa in cui gli imperatori bizantini – in un edificio a sé stante, in effetti – compivano un bagno rituale una volta all’anno. Quando ci vado, mi capita di incontrare spesso gruppi di pellegrini provenienti dalla Grecia o da altri paesi ortodossi: fanno scorta di acqua, per i momenti di necessità propiziatoria.

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Poi proseguite sempre dritti, è impossibile perdersi; potete anche addentrarvi seguendo le stradine perpendicolari e in salita: ma non c’è molto da vedere. Arriverete a una prima chiesa greco-ortodossa, a sinistra: sempre chiusa e recintata col filo spinato; prima della successiva, poco lontano e già nell’area di Balat, si può fare una sosta nel caffè aperto della municipalità di Fatih (il distretto in cui si trova l’area): proprio sulle mura marittime, che proteggevano la città dai due lati costieri.

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Poi, passeggiate dentro quello che la domenica è un mercatino di strada: piccolino, ma con prodotti tipici e genuini “del villaggio” (frutta e verdura di stagione, formaggi, uova, spezie, frutta secca); ai lati, caffè tradizionali frequentati da soli uomini: si beve in effetti çay all’infinito, si chiacchiera, si gioca a carte (o anche a tavla/backgammon e ok).

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A un certo punto, si deve imboccare una stradina a destra che porta a un altro caffè-giardino della municipalità: subito dopo c’è un hamam di quartiere sulla sinistra, a destra una chiesa armena (prima di essere affidata agli armeni da Mehmet II era greco-ortodossa: come testimonia la sua ayazma) e un grande edificio in pessimo stato di conservazione che immagino abbia ospitato una scuola sempre armena. Si sbuca nel vecchio mercato – in parte coperto – armeno, in cui sopravvivono degli artigiani, restaurato non molti anni fa con fondi europei.

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Da lì, sempre parallelamente al Corno d’oro, ci sono due strade che lungo il percorso prima convergono e poi divergono di nuovo: prendete quella più esterna, è piena di vita e di commerci, per mangiare entrate nella lokanta che più vi ispira (i piatti sono già pronti, potete sceglierli al bancone) e magari provate anche il pane appena sfornato nei panifici e le pasticcerie; quella più interna, evitatela: v’imbatterete in una sfilza di case abbandonate. Io vi consiglio il Köfteci Arnavut: ne ho parlato pochi giorni fa.

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Infine, il Fener. In alto sulla collina, sulla destra, c’è l’immenso edificio in mattoni rossi della “Grande scuola della nazione ellenica”: costruita nel 1881 dalla comunità greco-ortodossa per 1200 studenti, oggi ancora attiva ma frequentata da una sessantina di allievi al massimo. Non si può entrare: ma l’arrampicata è consigliata per ammirare il panorama e visitare la chiesa di Santa Maria dei Mongoli. Tornati giù, proseguendo verso sinistra e transitando davanti all’entrata della scuola sul tratto più ripido.

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Poi l’ultima tappa: la chiesa di San Giorgio, sede del Patriarcato greco-ortodosso; una chiesa che trasuda incenso e opulenza, che custodisce corpi di santi e reliquie preziose. Assistere a uno dei solenni rituali al Fener – magari non tutta la messa, che dura 3 ore – è un’esperienza affascinante. Una volta usciti, vi troverete a destra un altro liceo con entrata modello Partenone (oggi chiuso), a sinistra delle case lussuose di una volta – in mattoni e legno – abilmente restaurate sempre coi fondi comunitari (una è stata trasformata in hotel).

Una volta sul Corno d’oro, potete riprendere il bus a pochi metri, salire a destra al semaforo verso la moschea di Fatih, proseguire alla ricerca della moschea Gül già chiesa bizantina o lungo la strada incrociando l’eccellente ristorante di pesce Cibalikapı balıkçısı; per chi fa il cammino inverso, da Fener ad Ayvansaray, consiglio di proseguire fino a Eyüp per visitare la moschea e salire – con la teleferica, sopra il grande cimitero – sulla collina del caffè Pierre Loti.

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