Un importante quotidiano italiano ha dedicato tutto un articolo alla situazione difficile che vivono dei gülenisti che vivono in Italia, a causa delle burocrazia turca. Sono ovviamente cittadini turchi, con regolare permesso di soggiorno; e sono gülenisti dichiarati, non “accusati di”.
Per chi non lo sapesse, spiego sinteticamente chi sono i gülenisti. Sono i seguaci del predicatore Fehtullah Gülen, che vive da due decenni negli Usa: e che in buona sostanza ha fondato un movimento religioso attivo però anche in politica, nelle istituzioni, nella società, nel dialogo inter-religioso. Al movimento facevano capo scuole, università, giornali, riviste, tv.
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I gülenisti, prima vicini al governo turco, si è scontrato con il presidente Erdoğan e hanno tentato di rovesciarlo: utilizzando i magistrati parte del movimento per arresti pilotati, orchestrando campagne di demonizzazione contro i vertici delle istituzioni, organizzando il sanguinoso colpo di Stato del 15 luglio 2016.
A differenza da quanto riportato erroneamente nell’articolo, non è che Gülen “viene considerato da Ankara” l’ideatore del golpe: cioè, non si tratta di un’accusa buttata lì secondo simpatie e antipatie. Ormai, si sono tenuti processi con centinaia di condanne definitive: e a esser stati condannati, prove concrete alla mano, sono degli esponenti del movimento.
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Dopo il colpo di Stato – ricordo: con 251 vittime – la Turchia ha smantellato tutta l’organizzazione, utilizzando sistemi anche sbrigativi: cioè, ha chiuso scuole e organi di propaganda e ha licenziato i gülenisti che lavoravano nel settore pubblico. Sono formalmente conosciuti come Fetullahçı Terör Örgütü o FETÖ: cioè, “Organizzazione terroristica dei seguaci di Fehtullah” (in realtà sono un’organizzazione eversiva, non terroristica).
Ora, è anche vero che possono essersi riscontrati dei casi personali difficili, che riguardano certificati e documenti (o persino registrazione all’anagrafe di neonati): ma come si fa a presentar costoro come vittime, senza un minimo di contestualizzazione? Senza per l’appunto parlare delle vittime del golpe, del Parlamento di Ankara bombardato, della continua opera di demonizzazione contro la Turchia?
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Poi, fortunatamente siamo in uno Stato di diritto: quindi se hanno ragione – alcuni hanno chiesto asilo politico – i loro diritti verranno riconosciuti. Quello che non capisco, invece, è questa posizione folle che presenta i membri di un movimento eversivo – ripeto: un movimento che ha organizzato un golpe con 251 morti – come vittime quasi sacrificali di chissà quale governo malvagio e spietato.
Anzi, l’empatia manifestata da chi ha scritto questo articolo risulta fuori luogo, fastidiosa, per nulla rispettosa: per nulla rispettosa di chi in Turchia è stato massacrato. Perché costoro non hanno preso le distanze? Nessuno gli ha impedito di lasciare FETÖ, no?
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