Gli architetti armeni di Istanbul

Architetti armeni

Stamattina ho letto un libro interessantissimo sugli architetti armeni di Istanbul, che mi è stato consegnato – proprio ieri, in occasione di un’intervista – dalla fondazione Hrant Dink: il giornalista turco di origini armene (gli armeni ottomani) ucciso il 19 gennaio 2007. Subito dopo la sua morte, la famiglia ha costituito una fondazione – per l’appunto – con l’obiettivo di diffondere ulteriormente le sue idee e il suo lavoro: dialogo e conoscenza reciproca, anche attraverso la cultura e la riscoperta del patrimonio storico.

Quando Istanbul è stata capitale europea della cultura, nel 2010, ha lanciato un programma per catalogare e far conoscere gli architetti armeni – di cui è stato dimenticato persino il nome – attivi durante il XIX secolo e l’inizio del XX: nell’epoca della “occidentalizzazione”; chi se ne è occupato in prima persona, l’architetto Hasan Kuruyzıcı, ha ripetuto in parallelo l’esperienza con quelli greco-ortodossi. Risultato: due mostre documentali e soprattutto fotografiche, due libri illustratissimi.

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Quello sugli armeni è duplice edizione, turco-armeno e turco-inglese; un vero e proprio archivio visuale in cui sono repertoriati circa 40 architetti e 100 opere, tra cui alcune dei più importanti monumenti – e attrazioni turistiche – di Istanbul: nei quartieri centralissimi – sponda europea – di Cihangir, Eminönü, Galata, Kurtuluş, Taksim, Tarlabaşı, Tünel.

Protagonisti per un secolo, i nove membri della famiglia Balian (o Balyan): 4 generazioni di architetti, che hanno firmato i più importanti progetti pubblici dei sultani. Su tutti, spicca il palazzo imperiale di Dolmabahçe, che considero tappa obbligata per chi viene a visitare Istanbul: un palazzo “all’europea”, in riva al Bosforo e nella zona – al di fuori dalla penisola storica di Sultanahmet, col palazzo di Topkapı – occupata da minoranze non musulmane e dalle missioni diplomatiche. Poi l’adiacente palazzo di Çırağan, distrutto da un incendio e ricostruito come albergo di lusso; oppure quello di Beylerbeyi sulla sponda asiatica.

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Poi costruzioni militari, tra cui la caserma di artiglieria di Taksim – demolita nel 1940 – che il governo ha deciso di far rinascere (il progetto contestato nelle proteste di Gezi); e anche alcune tra le più belle moschee dell’epoca post-barocca o “periodo impero”, le mie preferite: quella della Valide sempre a Dolmabahçe, la Nusretiye a Tophane, quella conosciutissima ad Ortaköy (praticamente sotto il ponte sul Bosforo), la Sadabad a Kağıthane, la Pertevniyal ad Aksaray. Senza dimenticare, infine, i chioschi imperiali di Küçüksu e Ihlamur, il mausoleo di Mahmud II a Sultanahmet, il molo e la stazione marittima sull’isola di Büyükada, palazzine residenziali come il gigantesco complesso Akaretler a Beşiktaş o gli appartamenti Mısır su Istiklal caddesi (oggi ospitano gallerie d’arte), abitazioni per le vacanze come le “case gemelle” sull’isola di Kınalıada.

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Lo so che può sembrare strano, che qualcuno si starà chiedendo: “ma come i sultani ottomani affidavano la costruzione dei loro palazzi e delle loro moschee a degli armeni, a dei cristiani?” Beh, ma la regola era proprio questa: e dopo le riforme del 1839 e 1856 (Tanzimat), commercianti e professionisti non musulmani e stranieri conquistarono posizioni di assoluto prestigio, erano loro i motori del processo di modernizzazione. Una distinzione va fatta, però: mentre gli architetti stranieri si fecero promotori di innovazioni del tutto estranee alle tradizioni locali e di natura quasi coloniale, i Balian/Balyan e tutti gli altri loro colleghi – armeni come romei – puntarono sempre a fondare le suggestioni europee con la sensibilità turco-ottomana: e i risultati sono sotto gli occhi di tutti!

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Ho lasciate per ultime le chiese armene, per la maggior parte costruite o ricostruite nel XIX secolo: ne esistono in tutto 50, diversissime per origine e stili; quelle con cupola, ad esempio, risalgono tutte all’800: in precedenza era proibito costruire nuove chiese o avere campanili, le uniche chiese del XV secolo sono pre-esistenti chiese greco-ortodosse. Ne ho visitate pochissime, ad esempio quella di Kadıköy: ma purtroppo sono normalmente chiuse e aprono solo durante le rare funzioni religiose; mi hanno detto che un’agenzia specializzata, gestita da armeni di Istanbul, organizza tour guidati: ma ancora non ho i dettagli.

Per scoprire chi sono gli armeni di Istanbul oggi, potete iniziare dal mio articolo di qualche settimana fa su Limes online: “La Turchia riscopre l’identità degli armeni“.

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