(già pubblicato sul mio blog “Cose turche” di Look Out news)
Le ragioni che hanno portato al fallimento del golpe del 15 luglio erano evidenti sin dall’inizio, le avevo individuate a caldo: primo, la mancanza di sostegno da parte dei vertici delle forze armate, visto che è stato organizzato e orchestrato solo da un piccolo gruppo eversivo gülenista con appoggi individuali tra i kemalisti irriducibili; secondo, l’ostilità di tutti i partiti politici – anche i tre di opposizione, quindi – rappresentati all’Assemblea nazionale; terzo, il sollevamento popolare in risposta all’appello del presidente Erdoğan di scendere in strada contro i golpisti; quarto, una pianificazione almeno in apparenza del tutto inadeguata.
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In realtà, alcuni elementi emersi successivamente mi inducono a chiarire l’ultimo punto. Infatti, anche se l’impressione è stata quella – come dicevo – di una pianificazione poco competente, ormai sappiamo che già nel pomeriggio del 15 luglio verso le 16 i servizi segreti avevano scoperto movimenti sospetti in una base militare effettivamente usata dai golpisti e hanno avvertito le più alte cariche militari. Di conseguenza: da una parte sono state prese delle contromisure a livello di chiusura dello spazio aereo e di uso di veicoli; dall’altra, i golpisti vistosi scoperti hanno anticipato il putsch dalle 3 di notte previste alle 21.30 (il golpe in tarda serata era infatti sembrato del tutto estemporaneo). Questo fattore è stato in effetti determinante, facendo saltare il concatenamento e gli intervalli temporali tra le singole operazioni previste. Al di là degli altri elementi che con tutta probabilità lo avrebbero fatto comunque fallire, il piano del golpe in sé era invece professionale e perfettamente in grado di riuscire: e ciò dovrebbe mettere definitivamente a tacere le tesi complottiste di un “autogolpe” voluto da Erdoğan per poter aver poi mano libera contro il movimento gülenista.