Io ci sto mettendo tutto il mio impegno: per convincervi che Istanbul non è fatta di moschee, minareti, la basilica cisterna e il gran bazar, döner kebab e melagrane spremute; capisco che spesso il tempo a disposizione non è molto e che si tende a vedere “le cose principali”: però un bell’itinerario Kadıköy/Moda o una passeggiata rilassante a Kalamış/Fenerbahçe al posto vostro troverei il modo di farmela (la cosiddetta “parte asiatica”: che è in realtà la zona residenziale di Istanbul, insieme al lungo-Bosforo).
Vabbè, io poi ho la fortuna di viverci dalle parti di Kalamış/Fenerbahçe: due porticcioli turistici e molto altro ancora sulle rive del mare di Marmara; da casa mia ci metto 20 minuti a piedi: anche se confesso che non ci siamo andati spessissimo, preferiamo lo spazio verde che si estende dal lato opposto verso Caddebostan. Non ci sono “attrazioni turistiche”, solo barche e locali di ogni genere (niente discoteche, fortunatamente). Per chi viene dal “lato europeo” di Istanbul, c’è un’abbondanza di mezzi di trasporto a disposizione: dolmuş (frequenti) e autobus (uno ogni mezzora) diretti, combinazione di vaporetto/vapur fino a Kadıköy e poi autobus (o dolmuş, o taxi).
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Dalla fermata, bisogna fare pochi metri a ritroso: poi scendere verso il mare lungo una stradina che costeggia la chiesetta greco-ortodossa di San Giovanni Crisostomo; ho letto che è molto antica, ma le strutture oggi esistenti risalgono al XIX secolo: la sua presenza non deve stupirvi, questa è un’area tradizionalmente abitata da minoranze cristiane (so che esiste un’altra chiesetta dedicata a Sant’Agostino, ma non ci sono ancora mai andato).
Prima dell’ingresso della chiesetta – per visitarla basta rivolgersi al custode che vedo spesso seduto lì fuori – c’è il club esclusivo del Fenerbahçe (che non è solo una squadra di calcio – lo stadio è poco lontano – ma una polisportiva); a fianco, lo yacht club e più avanti il primo porticciolo: ristoranti (anche di sushi), bar, caffé, abbigliamento, pasticcerie. Il mio luogo favorito è Develi, per il kebab: vi parlerò un’altra volta della casa-madre di Samatya, un indirizzo da autentici gourmet. Si respira l’aria del mare, la domenica mattina ci si sistema per il brunch: e i primi giorni di primavera ci si gode il sole e il panorama, spesso le regate.
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In effetti, negli anni ’50 e ’60 questa area era uno dei luoghi più in per venire a passare l’estate: ancora esistevano le grandi case ottomane in legno, gli yalı, poi bruciati (a volte dolosamente: ne parla anche Pamuk nel Museo dell’innocenza) per far posto a case più moderne e confortevoli; ed era frequentata da molti artisti, i cui nomi sono stati preservati dalla toponomastica: come Münir Nurettin Selçuk, autore della celebre “Kalamış” che potete ascoltare direttamente su youtube. Dopo Kalamış, c’è Fenerbahçe: un altro porticciolo, un’altra serie infinita di esercizi commerciali e di ristoranti/bar/caffé spesso all’aperto; d’estate, quando l’aria diventa altrove irrespirabile, qui c’è una folla immensa: trovare un posto a sedere diventa difficile.
Meglio dirigersi nel parco sul mare, il “giardino del faro” (Fenerbahçe vuol dire proprio questo): ci sono tavoli attrezzati per il pic-nic, ma anche punti-ristoro con cibi e bevande di ogni tipo (quindi, non è necessario portarsi l’occorrente da casa); l’ideale è venire poco prima del tramonto, il panorama sul mare, sulle isole e su Istanbul è fantastico! Lì nei pressi, c’è anche uno dei più grandi complessi ricreativi dei militari, ovviamente off limits per i comuni mortali: d’estate vengono organizzati ricevimenti – anche matrimoniali – con regolare frequenza: almeno si può approfittare della musica.
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