Uhm, in effetti avrei potuto dare come titolo al post “i danni della propaganda islamofoba“: perché di questo si tratta. Nel senso che, a forza di scrivere sciocchezze e falsità – di matrice per l’appunto islamofoba – su come le donne vengono trattate e considerate in Turchia, il risultato è una percezione fortemente distorta della realtà (sì, è ancora prevalente una mentalità maschilista: ma esiste da sempre e non è di certo un’invenzione del presidente; in ogni caso, le donne sono perfettamente emancipate – anche quelle cosiddette “velate”, loro sì discriminate dai cosiddetti “laici” fino a pochi anni fa – e inserite ai massimi livelli nella politica, nell’imprenditoria, nell’accademia).
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Vi faccio l’esempio un noto critico d’arte italiano (non faccio nomi, m’interessano solo i meccanismi di fondo), che offrendo ai suoi lettori delle osservazioni preliminari sull’imminente Biennale contemporanea di Istanbul (ve ne parlerò diffusamente nelle prossime settimane), ha così commentato: “La nuova curatrice è Carolyn Christov-Bakargiev, e la scelta ha fatto discutere nella Turchia di Erdogan poiché per la seconda volta consecutiva al timone c’ è una donna.” Semplificando: per colpa di Erdoğan, la presenza di donne – ben due consecutivamente – alla guida della Biennale di Istanbul non è vista di buon occhio.
No, non è vero: la scelta non ha assolutamente “fatto discutere”, almeno non per quanto riguarda il fatto che Carolyn Christov-Bakargiev è una donna; nella “Turchia di Erdoğan”, infatti, le donne non sono trattate in modo peggiore di quanto lo fossero prima (anzi, è vero il contrario): e mi dispiace che anche persone capaci e apprezzate nel loro campo, ma ovviamente non attente conoscitrici della Turchia, vengano sistematicamente disinformate e spinte a maturare convinzioni erronee.