Un paio di giorni fa avevo parlato del nuovo nome dato al ponte sul Bosforo in ricordo dei “martiri del 15 luglio” – le vittime del golpe, soprattutto civili – e di come di questa memorializzazione istantanea fatta di rituali, monumenti e nuova toponomastica venga del tutto ignorata dai media occidentali, invece concentrati a dar conto di come i responsabili vengono individuati e puniti. Mi autocito: “Insomma, da una parte che chi piange i propri martiri ed esalta i propri eroi, dall’altra chi grida all’islamizzazione e alla violazione di diritti. Non c’è né capacità né voglia di comprendere quanto sta accadendo in Turchia.”
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Poco fa, mi è arrivato un comunicato stampa della Iett, l’azienda municipale dei trasporti. Mi fanno presente che è stato dato un nuovo nome a ben 53 fermate degli autobus, soprattutto a Üsküdar ma anche in altre zone della città: e ovviamente i nuovi nomi appartengono ai caduti del 15 luglio. Magari è una scelta che non risponde a praticità, molto meglio avere i nomi delle fermate che fanno capire direttamente in che luogo ci si trova: ma il fenomeno è per l’appunto di estremo interesse per chi si occupa di antropologia politica.