Il mio post finora più seguito è: Le 10 cose da (assolutamente) fare a Istanbul, con 24 mila visualizzazioni in circa 8 mesi; e anche gli altri decaloghi – sulle cosa da non fare, vedere e non vedere – sono nelle primissime posizioni della speciale classifica: dopotutto queste formule – cosa fare e/o vedere a istanbul, in x giorni – sono tra le più gettonate nei motori di ricerca. Ho pensato allora di rilanciare, di scrivere altri decaloghi per raddoppiare i miei consigli.
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Primo, provate l’ebrezza di un viaggio sotto il Bosforo col Marmaray, dalla sponda europea a quella asiatica e/o viceversa: non è come andare al luna park e quasi non ce ne si accorge quando si è nel tunnel, ma è un’esperienza comunque da raccontare (è opportuno includere la stazione di Yenikapı, con resti archeologici e decorazioni ‘a tema’).
Secondo, sperimentate almeno uno dei ristoranti di qualità – e più o meno ‘tipici’ – della città; la mia speciale selezione è: per la cucina di carne (del sud-est della Turchia), Çiya nel mercato di Kadıköy; per la cucina di pesce, Cibalikapı balıkçısı a Balat e a Moda; per la cucina autenticamente ottomana, Asitane a Edirnekapı.
Terzo, concedetevi una giornata alle isole dei Principi. Sono facilmente raggiungibili in traghetto, sia dalla sponda asiatica sia dalla sponda europea di Istanbul; conservano tracce evidenti del passato – e in parte anche presente – multi-etnico e multi-religioso; offrono ancora oggi un’atmosfera rilassante e a misura d’uomo. le mie preferite: Büyükada e Kınalıada (periodi consigliati, primavera e autunno).
Quarto, acquistate frutta secca e spezie da Malatya Pazarı: il miglior rivenditore su piazza, il negozio principale lo trovate direttamente all’interno del mercato delle spezie a Eminönü.
Quinto, approfittate della domenica o di una qualsiasi ricorrenza liturgica per assistere alla messa ortodossa: è particolarmente solenna a carica d’incenso, dura almeno tre ore, riporta idealmente nel clima santo della città bizantina. La scelta ideale è la chiesa del patriarcato al Fener.
Sesto, affrontate – anche solo velocemente – uno dei mercati settimanali all’aperto: in cui trovate frutta e verdura, formaggi e salumi, tessili di qualità però non eccelsa. Quello più a portata di turista – anche se non è il mio preferito – si svolge il mercoledì presso la moschea di Fatih.
Settimo, passate alla contemporaneità e tuffatevi in uno dei centri commerciali nuovi di zecca: spesso gioielli architettonici, che offono negozi di grandi mrche internazionali e turche, supermercati e ristorazione – anche rapida – da veri gourmet. I miei prefeiti: Kanyon e l’ultimo arrivato Zorlu.
Ottavo, abbandonate le strade più battute – e le grandi moschee imperiali di Sultanahmet – per scovare qualche vero gioiello: scrigni per la preghiera meno affollati, che consentono il raccoglimento e un rapporto diretto col divino. La mia preferita in assoluto: quella di Mihrimah Sultan a Edirnekapı, costruita dal celebre architetto Mimar Sinan.
Nono, sperimentate le bevande tradizionali: il salep fatto con la polvere dei tuberi delle orchidee, la boza con leggerissima gradazione alcolica (l’ideale è andare direttamente nel luogo di produzione: nel piccolo negozio della Vefa sotto la moschea di Süleymaniye).
Decimo, prima di partire – se ne avete il tempo – leggete un libro sulla città, così da entrar meglio in sintonia: quelli del premio Nobel Orhan Pamuk sono i più ricchi di spunti (Istanbul, Il museo dell’innocenza, Il mio nome è Rosso), ma tra i miei preferiti ci sono anche i thriller storici di ambientazione ottocentesca e quindi ottomana – protagonista: l’eunuco-detective Yashim – di Jason Goodwin.
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