Alla fine, ho ceduto: impegnato in una trasvolata italo-turca ho comprato e letto Inferno di Dan Brown, di cui – delle sue possibili conseguenze nefaste, in effetti – vi avevo già parlato al momento della pubblicazione. Tra l’altro, penso che il relativo film sia in fase di post produzione: e pertanto non dovrebbe uscire tra molto.
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Breve premessa: Dan Brown non sa scrivere, le trame dei suoi “romanzi” sono improbabili e raffazzonate, le descrizioni dei luoghi in cui li ambienta sono di una superficialità disarmante. E allora perchè vende milioni e milioni di copie in tutto il mondo? Ecco, magari perché si tratta di letture leggere e non impegnate, che assecondano le tendenze del turismo di massa: 3 giorni tutto compreso, per farsi le foto davanti ai “monumenti principali”.
La Istanbul di Inferno – non perdo tempo a raccontarvi il plot – si riduce infatti ad Ayasofya, alla cisterna basilica, al ponte di Galata e al bazar delle spezie, ai lokum e al caffè turco (servito non in tazzine, ma in tazze). Insomma, il sedicente scrittore avrebbe anche potuto non metterci piede, in città: tanto sembra che abbia copiato da wikipedia, per quanto la sua Istanbul è priva di fascino e immersa negli stereotipi (con tanto di burqa e di turbante bianco).
Statene lontani, dal libro come dal film.