Nei giorni scorsi, sono stato finalmente a visitare il mega-complesso di Zeyrek: chiese bizantine che facevano parte di un grande monastero, trasformate in moschea dopo la conquista ottomana (Molla Zeyrek Camii). Non è ancora interamente aperto, da anni sono in corso dei lavori di restauro: realizzati in modo davvero splendido!
Il complesso risale al XII secolo, in più fasi: il monastero con chiesa dedicata a Cristo Pantokrator (“colui che domina tutto”: raffigurato maestosamente su di un trono, come nei mosaici di Hagia Sophia), un’altra chiesa aperta i fedeli e dedicata alla Vergine misericordiosa, una cappella per unirle che ha preso la funzione di mausoleo per le famiglie imperiali dei Comneni e dei Paleologi.
Dopo la conquista dei Crociati nel 1204 divenne chiesa latina (cattolica, cioè), mentre il monastero ospitò l’imperatore Baldovino; dopo la conquista ottomana i tre edifici uniti vennero trasformati in moschea, mentre il monastero prese la funzione di scuola coranica: il nome Molla Zeyrek è quello di un suo celebre insegnante, poi esteso a tutta la collina. Dopo Hagia Sophia, era il più grande edificio religioso di tutta Costantinopoli.
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Il complesso si trova nel quartiere di Fatih, a poca distanza dall’acquedotto romano di Valente: visto che domina l’altura – e dalla strada, il bulevar Atatürk, si scorge in tutto il suo splendore architettonico – è anche piuttosto facile da trovare. Il quartiere di Zeyrek tra l’altro fa parte dal 1985 – insieme alle mura di Teodosio, al quartiere di Sultanahmet e alla moschea di Solimano – della Lista del patrimonio dell’umanità dell’Unesco: la ragione sono delle case in legno ottomane perfettamente restaurate; ma sono poche e anche sperdute, il resto del quartiere è povero con abitazioni modeste e a volte scalcinate. Per strada si gioca a pallone, che spesso finisce al di là delle lamiere del cantiere: ma i ragazzini hanno scoperto come intrufolarsi per recuperarlo!
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Fino ad oggi, sono state restaurate la chiesa esterna e la cappella imperiale: questa porzione della moschea è già aperta al culto, per i turisti gli unici momenti disponibili sono quelli della preghiera (altrimenti, rimane chiusa); la struttura ha subito dei cedimenti a causa di terremoti, adesso è stata sistemata e rinsaldata: dell’epoca bizantina rimane però poco, le decorazioni sono andate perdute e rimangono da vedere solo delle cornici e dei frammenti musivi o di battiscopa.
I restauratori con cui ho parlato mi hanno però raccontato che nel cantiere del Pantokrator vero e proprio il pavimento originario – in opus sectile marmoreo e colorato – è in ottimo stato di conservazione: e l’idea, dopo la fine dei lavori prevista per giugno/luglio, è di trovare il modo per farlo ammirare dai visitatori; del monastero non rimane invece molto, è stato quasi completamente distrutto nel corso del tempo.
In compenso, gli scavi archeologici che hanno preceduto – e poi accompagnato – i restauri, hanno permesso di stabilire che su quella grande collina, in posizione invidiabile, prima del monastero esisteva una grande e ricca villa romana (sono state rinvenute le fondazioni e poco altro).
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Vicino al complesso, un altro ambiente ottagonale – una biblioteca, forse? – è stato trasformato in sala di preghiera dai conquistatori ottomani: ha preso il nome di Şeyh Süleyman Mescidi, è anch’esso in fase di restauro con il coinvolgimento di imprese specializzate italiane (il progetto Med-Art, di cui magari vi parlo a lavori finiti). A questo link trovate invece la ricostruzione digitale del complesso del Pantokrator, realizzata dal progetto Byzantium 1200.
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