Nei giorni scorsi ho parlato dei membri internazionali del Pyd/Ypg – il ramo siriano del Pkk (movimento politico, ma anche organizzazione terroristica) – morti ad Afrin, combattendo contro la Turchia in nome di ideali rivoluzionari di estrema sinistra.
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Ho parlato anche di qualche italiano, rimasto invece illeso: anche loro della stessa estrazione politica, membri dichiarati di vari centri sociali e con esperienze no tav (anche esperienze contro la legge italiana).
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Ulteriore prova di questa componente politica è il caso di Paolo Andolina da Pachino, che – apprendo da Repubblica – “trasferito da anni a Torino, dal 9 febbraio doveva rispettare l’obbligo di firma e il divieto di domicilio nel capoluogo piemontese perché accusato di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violazione delle disposizioni sul controllo delle armi, lesioni gravi pluriaggravate e lancio di oggetti contundenti ai pubblici ufficiali in servizio.”
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Facendosi beffe dello Stato italiano, costui ha annunciato su Facebook: “Dopo giorni di viaggio, insieme a un’altro compagno italiano [sic], sono arrivato in Rojava. I carabinieri di Grugliasco e la Procura di Torino si staranno chiedendo dove fossi e come mai non mi sono presentato a firmare“. Dico: lo arrestiamo almeno questo, se e quando dovesse ritornare? O consentiamo anche a lui di andare nelle scuole e in tv a fare propaganda per un’organizzazione terroristica?