Vi segnalo un ulteriore articolo, dedicato ai grandi progetti infrastrutturali che stanno cambiando le modalità di funzionamento della megalopoli chiamata Istanbul.
Qui potete leggere un assaggio, per l’articolo integrale dovete acquistare – in edicola, oppure online – la rivista mensile O’ Magazine (numero di ottobre 2018, ovviamente).
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Come sapete, il tema mi sta particolarmente a cuore: ne ho parlato anche in un’analisi per Aspenia, come ragione principale dei successi economici e politici del presidente Erdoğan.
In Turchia le novità viaggiano lentamente, avversate dal rimpianto nostalgico per i bei tempi che furono e da un diffuso istinto di conservazione. C’è chi spesso racconta orgoglioso e rassegnato di quando negli anni ’50 e ’60 il vapur – il vaporetto che in 20 minuti fa la spola sul Bosforo – aspettava i ritardatari: il kaptan conosceva personalmente i suoi passeggeri e le loro abitudini, praticava una benevola tolleranza sugli orari.
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Gli oppositori in servizio di demonizzazione permanente fecero dei sismologi i loro influenti portavoce, evocarono faglie e terremoti – quello grosso, atteso per un giorno indeterminato – così da sconsigliare l’uso del tunnel dimostrandone la potenziale pericolosità; sul web circolarono poi video che mostravano pericolose infiltrazioni, girati però – ma questo non veniva detto – nelle fasi preliminari di costruzione. Alla domanda “Ma hai già preso il Marmaray?”, fatta nelle prime settimane di funzionamento, c’era chi ti rispondeva “No”: un “no” che in realtà voleva dire “E che sono matto?”. […] Oggi il Marmaray è parte integrale della nostra quotidianità, oggetto di sorpresa per gli ospiti.
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Scava e riscava, i lavori per la stazione del Marmaray di Yenikapi e della nuova metro a Kabatas hanno esposto un patrimonio archeologico sepolto e sconosciuto: il porto romano di Teodosio con 47 relitti, due villaggi neolitici alla foce di fiumiciattoli (oggi asfaltati). A ponti e tunnel si aggiungeranno nuovi musei.
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