Dopo l’attaco terroristico all’aeroporto di Istanbul – qualche giorno fa, il 28 giugno – ho cominciato a ricevere messaggi in serie per chiedermi informazioni sulle condizioni di sicurezza a Istanbul e in Turchia, in vista di viaggi programmati per l’estate. Anzi, c’è chi è addirittura terrorizzato anche dal dover fare un semplice scalo – senza dover mettere il naso fuori dal terminal – all’Atatürk.
Pur conscio degli evidenti rischi, cerco comunque di rassicurare chi mi scrive: primo, perché la Turchia continua a essere un paese solido in cui la minaccia terroristica viene affrontata con sufficienti impegno e competenza (niente a che vedere con l’Iraq: lì lo stato è stato scardinato, esplodono autobombe praticamente ogni giorno); secondo, perché la probabilità di essere coinvolti in un attacco è sostanzialmente infinitesimale: devi trovarti in quello specifico posto, proprio al momento esatto dell’attacco.
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Inoltre, apprendo dalla stampa turca di ulteriori misure che riguardano l’aeroporto (certo: non avrebbe più senso adottarle prima e non dopo, come generalmente si fa?):
– barriere in cemento, come protezione da autobomba;
– nuove armi per la sicurezza privata a cui sono affidati i controlli;
– pattuglie più numerose per le aree di ingresso, prima dei controlli con scanner e metal detector, capaci di valutare i comportamenti di chi arriva in aeroporto;
– corpi speciali della polizia attivi 24 ore su 24;
– persino addestramento dei tassisti, che impareranno a riconoscere potenziali pericoli: come i giubbotti indossati dai terroristi – arrivati in aeroporto per l’appunto in taxi – nonostante la stagione estiva.
Sono però molto curioso di scoprire quali saranno gli accorgimenti presi per il nuovo aeroporto, attualmente in fase di costruzione.