(già pubblicato sul mio blog “Cose turche” di Look Out news)
Lo scontro aperto tra Usa e Turchia sul Pyd/Ypg, la milizia curdo-siriana considerata un partner affidabile contro Daesh da Washington e un’organizzazione terroristica in combutta con Assad da Ankara, ha ormai superato il punto di non ritorno.
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Il presidente Erdoğan, la scorsa settimana, era stato esplicito e aveva chiesto agli americani di scegliere tra il suo storico alleato e l’organizzazione affiliata al Pkk: “o la Turchia, o il Pyd/Ypg”. La posizione turca, esposta più volte alle massime autorità degli Usa, è molto chiara: il Pyd/Ypg è operativamente integrata al Pkk che ha scatenato nel sud-est della Turchia una “guerra rivoluzionaria di popolo” (si scambiano in sostanza uomini e armi, anche quelle ricevute dagli americani), prova ulteriore – si aggiunge a un dossier di 55 pagine preparato dall’intelligence – ne è la foto del leader del Pkk Öcalan che campeggia nell’ufficio del Pyd/Ypg recentemente aperto a Mosca. Quella americana, è stata però ribadita dal portavoce del Dipartimento di Stato Kirby: gli Usa riconoscono il Pkk come organizzazione terroristica ma intendono proseguire la loro cooperazione sul campo col Pyd/Ypg.
Ankara ha allora deciso di forzare la mano: e da sabato ha cominciato a colpire con l’artiglieria le posizioni curde appena al di là del confine, facendo alcune vittime tra i miliziani, dopo che il Pyd/Ypg aveva occupato la cittadina di Azaz e la base aerea di Menagh sottraendoli alle forze anti-Assad. Il motivo è semplice: vengono considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, verranno bombardati alla stregua del Pkk in Iraq settentrionale. Il premier Davutoğlu non ha usato mezzi termini: “se non si ritireranno, renderemo la base di Menagh inservibile”.
Come reagiranno gli americani? Domenica, il solito Kirby ha simultaneamente invitato la Turchia a sospendere i bombardamenti e consigliato al Pyd/Ypg di non approfittare della situazione di caos in Siria per allargare le zone sotto il loro controllo (prive tra l’altro di minoranze curde): che nelle intenzioni della Turchia dovrebbero essere trasformate in aree di interdizione al volo dopo esser state liberate dalla presenza di Daesh, per iniziativa congiunta turo-americana, e destinate ad ospitare i rifugiati siriani.
Il Pyd/Ypg ha invece manifestato la volontà – incoraggiati dalla Russia? – di “resistere”, quasi invitando la Turchia a un’incursione di terra che – seppur limitata – rischierebbe di rendere ancora più caotica e rischiosa la situazione in Siria. Ankara in effetti non sembra orientata per l’intervento: ma basteranno dei tiri di artiglieria per imporre la propria volontà ai curdi, forti dell’appoggio sia della Russia sia degli Usa?