(già pubblicato sul mio blog “Cose turche” di Look Out news)
O la Turchia, o il Pyd/Ypg curdo. Il presidente Erdoğan qualche giorno fa c’è andato giù pesante con le parole, anche se poi la sostanza è sempre quella: la pressante richiesta rivolta agli Usa di cessare ogni forma di collaborazione con le milizie curdo-siriane affiliate all’organizzazione terroristica Pkk, lo steso gruppo che nei mesi scorsi ha scatenato nel sud-est della Turchia un’offensiva denominata “guerra rivoluzionaria di popolo” (anche se poi il sostegno popolare non l’ha ottenuto).
Anzi, secondo Ankara il Pkk e il Pyd – di cui la milizia Ypg è parte integrante – sono una sola cosa: il Pkk ha fondato il Pyd, le due formazioni si scambiano uomini, mezzi e risorse. Di conseguenza, anche i curdo-siriani proprio come i “fratelli maggiori” turchi” dovrebbero essere inseriti nella lista delle organizzazioni terroristiche. A dir la verità, nel 2013 e 2014 – mentre erano in corso le trattative di pace con il Pkk – più volte le autorità turche hanno invitato il leader del Pyd Salih Muslim a unirsi all’opposizione siriana, a far fronte comune contro Assad: ma la proposta è stata sempre rifiutata. Quando poi il Pkk ha ripreso le ostilità sul territorio turco e il Pyd si è unito all’offensiva russa contro i ribelli, con l’obiettivo di ritagliarsi un territorio autonomo e in futuro magari indipendente in Siria proprio a ridosso del confine, la Turchia è passata al contrattacco diplomatico: ma finora senza alcun successo.
Già durante la visita di Biden a fine gennaio il vice presidente americano aveva fatto riferimento solo al Pkk come “organizzazione terroristica”, mentre la polemica è poi impazzata sui social network per una foto che ritrae l’inviato americano Brett McGurk – a Kobane – mentre riceve una targa dal portavoce del Pyd Polat Can, già membro del Pkk (e sono infatti circolate sue vecchie foto con l’uniforme ufficiosa dei miliziani curdi). E’ in risposta a questo affronto pubblico che Erdoğan ha chiesto all’alleato americano una decisione chiara: “o la Turchia, o il Pyd/Ypg”.
E’ palese che sulla questione esiste una divergenza di vedute insanabile: gli Usa fanno affidamento sul Pyd nella lotta contro Daesh, la Turchia li considera dei nemici. Com’è possibile però che Washington ignori in modo così sfacciato gli interessi vitali di quello che dovrebbe essere un suo alleato strategico e che sostiene di essere attaccato sul suo territorio anche con armamenti che gli americani passano al Pyd e poi finiscono al Pkk? O magari dà per scontato che in questa fase Ankara non ha opzioni valide oltre alla Nato e che quindi è costretta ad allinearsi?
Sembra tra l’altro ormai accantonata l’operazione congiunta – la vera priorità della Turchia – per ripulire la zona del confine turco-siriano da Azaz a Jarablous in mano a Daesh e consegnarla alle forze di opposizione: la stessa zona che invece ora potrebbe passare sotto il controllo proprio del Pyd e trasformarsi in un nuovo santuario – dopo quello dell’Iraq settentrionale – per il Pkk. Per Erdoğan la mazzata sarebbe terrificante, i rapporti tra Turchia e Usa vivrebbero una crisi senza precedenti; Ankara comunque non sarebbe in grado di intervenire in modo autonomo: non contro l’ostilità manifesta della Russia.