In vacanza in Turchia, Laodicea e l’Apocalisse

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(post originariamente scritto nell’aprile 2013)

Ho approfittato di una breve vacanza a Pamukkale e Hierapolis per esplorare i dintorni: o meglio, per visitare i gloriosi siti archeologici di Laodicea e Aphrodisias. Da Pamukkale, Laodicea dista pochi chilometri: si raggiunge facilmente coi mini-bus che transitano ogni 10-15 minuti e ti lasciano a qualche centinaio di metri dall’ingresso; il biglietto costa 10 lire turche (meno di 5 euro).

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Vi risparmio date e dettagli, che potete leggere su wikipedia o su qualsiasi guida, ma alcuni – per comprendere la sua grande rilevanza storica e convincervi a visitarla – sono indispensabili: venne fondata nel III secolo a.C. ma le sue origini risalgono a qualche millennio prima, ebbe uno sviluppo rapido in virtù delle fertilità delle sue terre (nella valle del fiume Lycus) e per la sua posizione geografica come crocevia tra la costa egea e l’Anatolia interna, divenne rapidamente cristiana anche grazie alla predicazione di san Paolo e una delle sette chiese citate nell’Apocalisse, venne più volte distrutta da terremoti e poi ricostruita, venne abbandonata nel XIII secolo dopo le invasioni di turchi e mongoli.

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Voglio invece parlarvi delle mie impressioni sul sito e su quanto sta accadendo. Laodicea aveva le dimensioni di una metropoli: e solo una piccola parte è stata integralmente portata alla luce, soprattutto negli ultimi 10 anni. Vi si trovano gli edifici pubblici classici di una città ellenistica e romana: due teatri, templi, terme, lo stadio, il ginnasio, il bouleuteriun, il foro/agorà, ninfei, poi chiese cristiane e mura bizantine; non tutti sono in condizioni di accettabile conservazione: non c’è però stato uno spoglio sistematico dei marmi e delle strutture architettoniche crollate, qui e là affiorano pavimenti (musivi e in opus sectile) e capitelli. Molto interessante e degnamente conservato il sistema di distribuzione dell’acqua.

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La visita avviene in due contesti diversi: un’area più piccola in cui si percorrono le strade antiche, soprattutto la “via siriana” che era la strada commerciale porticata; un’area più grande – non scavata – in cui si seguono dei sentieri, tra sparse e rade rovine. La vegetazione è invasiva, le indicazioni comunque chiare; la municipalità di Denizli ha costruito un piccolo chiosco in legno: con bar, bagni e vendita di souvenir. Colpiscono però gli interventi di ricostruzione apparentemente invasivi, che ho testimoniato in alcune foto: sia della “chiesa del pellegrinaggio”, sia dell’agorà.

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