Django Reinhardt, genio vagabondo

Si celebrano l’anno prossimo i sessant’anni dalla scomparsa di Jean Reinhardt meglio conosciuto come Django e la Cité de la Musique a Parigi si porta avanti coi tempi e dedica al musicista una mostra e una serie di concerti fino al 23 gennaio per ripercorrere l’eclettico percorso di quello che è stato definito da alcuni come uno dei migliori chitarristi della storia del jazz.

Considerato come il padre del jazz manouche, Django nasce in una roulotte in Belgio in una famiglia nomade di origini Sinti e passa la sua infanzia viaggiando tra Francia, Italia e Algeria prima di stabilirsi definitivamente a Parigi. Proprio dalle sue origini viene il termine che definisce lo stile di musica, un mix di jazz e musica gitana, di cui è il fondatore. Infatti i Sinti venivano chiamati in Francia manouche.

Comincia a suonare il banjo all’età di dieci anni per passare poi al violino e infine alla chitarra. La sua carriera artistica sembra definitivamente stroncata dalle ferite che riporta nell’incendio della roulotte in cui vive a causa del quale perde l’uso di due dita della mano sinistra. Questo non gli impedirà di sviluppare attraverso un caparbio esercizio una tecnica tutta personale e di continuare a dedicarsi alla sua passione. Ironia della sorte, le ferite riportate gli permetteranno poco dopo di scampare il servizio militare e di non essere arruolato nell’esercito durante la seconda guerra mondiale.

È proprio all’alba dei grandi sconvolgimenti che si apprestano a sconquassare l’Europa che fonda l’orchestra Quintette du Hot Club de France con la quale girerà in tour tutto il vecchio continente. Dopo il periodo bellico Django prova l’avventura americana per incontrare i grandi jazzisti dell’epoca. In quell’occasione suona, tra gli altri, a fianco di Duke Ellington.

Nonostante le sue origini e il suo spirito nomade, è a Parigi che il “genio vagabondo” tesse il percorso della sua vita passando dalla Zone, la periferia malfamata alle porte di Parigi dove viveva in roulotte, ai cabarets di Pigalle, alle guinguettes, alle sale da ballo di Montparnasse fino alla mitica sala Pleyel, adesso una sala per concerti di musica sinfonica, ma che a partire dagli anni 50 e in particolare negli anni 60 ospitò tutti i più grandi nomi del jazz.

È il percorso dell’uomo e dell’artista Django e lo spirito dell’epoca che ha incarnato che vuole ricostruire, attraverso foto, locandine, partizioni, strumenti ed bien sûr la musica, la mostra Django Reinhardt Swing de Paris.

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