Goutte d’Or, je t’adore!

C’è una strada, non lontano da casa mia, che ha un nome bellissimo, in italiano la chiameremmo via della Goccia d’Oro, come quelle prugne gialle che allietavano le estati di quando ero bambina, prima che le gocce d’oro cominciassero a perdere gusto e a diventare la frutta odierna, che se la mangi a occhi chiusi ti sfido a riconoscere se si tratta di una ciliegia, una prugna o un kiwi, talmente ha poco sapore.

Questa strada, dicevo, ha dato il nome all’intero quartiere che si trova compreso tra il boulevard Barbès, il metrò Château Rouge e approssimativamente la Chapelle. Quando parlo a qualcuno della Goutte d’Or, le reazioni istantanee sul suo viso mi dicono subito se è il caso di continuare o se è meglio lasciar perdere. Se la persona si irrigidisce o tira fuori un qualunque commento sul gran numero di immigrati (magrebini e africani in generale), che lo abitano o frequentano, è meglio cambiar discorso. Tanto niente la convincerà a considerare che la Goutte d’Or è un quartiere vivace, pieno di associazioni e di iniziative solidali che in genere hanno come primo obiettivo quello di migliorare la conoscenza delle varie culture che qui convivono.

Niente. Per lei la Goutte d’Or è quel quartiere che fanno vedere quando parlano dei musulmani che pregano per strada, occupandola, di venerdì, perché in moschea non c’è posto per tutti.

Ma la Goutte d’Or è anche al centro di un programma di rinnovamento urbanistico importante. Una mostra fotografica, in corso nella Mairie del 18° arrondissement (che è quello in cui si trovano la Goutte d’Or ma anche Montmartre), documenta il cambiamento del quartiere da dieci anni a questa parte. Molti dei vecchi palazzi un po’ marci (ma ce ne sono tantissimi in tutto il nord-est di Parigi!!!) e insalubri sono stati abbattuti e delle nuove costruzioni, moderne ma generalmente carine, sono state tirate su al loro posto.

Al centro della Goutte si trova un giardino pubblico, lo square Léon, dove vado ogni tanto con mio figlio. Tutto il retro di un palazzo, che cinge il giardino, è stato affrescato con immagini che rimandano alla diversità e all’intreccio di culture del quartiere. Ai tavolini, anziani e sfaccendati giocano a dama con i tappi di plastica delle bottiglie. Per impedire ai motorini di attraversare il giardino, sono stati creati dei cancelletti scomodissimi ma che effettivamente impediscono l’accesso ai mezzi a motore (vedi http://www.zingarate.com/network/parigi/una-domenica-ordinaria-a-parigi.html). Adolescenti e giovani presidiano il muretto e una di queste entrate, vociano e sbattono il cancello con forza, sono eternamente lì a passare il loro tempo, ma se arrivi col passeggino spesso ti aprono loro il cancelletto.

Nell’area dei giochi dei bambini ho conosciuto sabato scorso un signore italiano. Parlando abbiamo scoperto di essere entrambi livornesi. Solo che lui abita qui da 20 anni ed è molto contento di questo quartiere. Mi ha lasciato un foglietto con l’invito ad una festa per il trasloco di un centro sociale in una strada vicina allo square.

Siamo stati alla festa, poco dopo. Musica, tavolate per strada e uno stand con piatti per lo più africani e dolci. Ho preso per mio figlio una fetta di dolce allo yoghurt, me l’ha dato dopo mezz’ora una ragazza africana con bebè sulla schiena dopo avermi ripetuto per un quarto d’ora che il dolce era finito e dovevo aspettare, mentre io vedevo altri chiederne e averne in continuazione da altre persone dello stand. E vabbè, anche queste son meraviglie della in-comprensione tra culture…ma ne è valsa la pena, era il miglior dolce allo yoghurt che abbia mai assaggiato.

Per finire, c’è un’altra mostra molto bella e fotografica anche questa, sulla Goutte d’Or. Per chi vuole oltrepassare gli stereotipi sui suoi abitanti. La foto del post rimanda a una delle foto di Martin Parr, esposte all’Institut des Cultures de l’Islam fino al 2 luglio, rue Léon.

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